Alla maggior parte dei non addetti ai lavori la città di Ningbo non evoca particolari sussulti. Situata nella provincia dello Zhejiang, questa megalopoli di circa 8 milioni di abitanti sul Mar cinese orientale è in realtà uno degli hub più importanti della Cina. E non solo dal punto vista storico-culturale e commerciale. E neppure per via del prodotto interno lordo di 233,479 miliardi di dollari – che nel 2022 le è valso il 12esimo posto nella classifica delle città cinesi con il Pil più elevato – o per il fatto di esser stata, nel 2020, l’ottava città cinese in assoluto, in termini di reddito medio annuo disponibile. Ningbo, sede di oltre 100 società quotate, a due ore e mezza di auto da Shanghai, è stata scelta da Pechino per diventare la “città spaziale cinese”. Qui infatti è in fase di completamento un cosmodromo dal quale il Dragone prevede di lanciare 100 razzi commerciali all’anno, in quelli che vengono definiti decolli “quick-fire”, a fuoco rapido, a un ritmo mai visto prima d’ora. Non un posto scelto a caso, visto che Ningbo si trova sulla costa, e che i razzi che partiranno da qui non dovranno sorvolare la terraferma, scongiurando il rischio di possibili incidenti su aree densamente popolate, e potranno sfruttare una latitudine favorevole per uscire rapidamente dall’atmosfera. Come se non bastasse, ha sottolineato l’analista Tim Marshall, il nuovo gioiello del presidente Xi Jinping dista poche miglia da una nutrita schiera di industrie aerospaziali, ha accesso al terzo porto per container più trafficato al mondo ed è vicino anche alla sede di Geely, la più grande casa automobilistica del Paese, che sta investendo nella progettazione di satelliti e nell’aerospaziale.

Pechino consolida la presenza nello spazio: attivi già quattro centri di lancio
Ningbo è soltanto la punta dell’iceberg del programma spaziale cinese. Un progetto che, tassello dopo tassello, consentirà a Pechino di consolidare la propria presenza nello spazio in tempi relativamente brevi. In città si attende il completamento dei lavori del cosmodromo che sorgerà nella contea di Xiangshan, e si estenderà su 67 chilometri quadrati, secondo quanto concordato tra il governo locale e la China Aerospace Science & Industry Corp (CASIC). Nell’ambito dei piani infrastrutturali del governo dello Zhejiang per il 2021-2025, la città di Ningbo investirà 20 miliardi di yuan (3 miliardi di dollari). La Cina ha per il momento quattro centri di lancio sparsi nelle regioni occidentali e meridionali del Paese (Xichang, Jiuquan e Taiyuan), nelle province occidentali di Sichuan, Gansu e Shanxi, nonché a Wenchang, lungo la costa dell’isola tropicale di Hainan. Dalla struttura di Taiyuan, nel deserto del Gobi, sono partiti alcuni dei satelliti meteorologici cinesi, mentre il più moderno sito spaziale di Wenchang è stato impiegato per portare gli astronauti cinesi nella stazione spaziale controllata da Pechino e per missioni senza equipaggio più lunghe.

Lo sviluppo dell’industria privata e la rete con lo Stato e il mondo della ricerca
Il fermento cinese nei confronti dello spazio non poteva non risvegliare l’industria spaziale nazionale, sempre più desiderosa di puntare su uno dei target prefissati dal governo. Le aziende vogliono investire soprattutto sui satelliti, e vogliono farlo nell’immediato, prima che l’orbita terrestre bassa diventi troppo affollata. Il Partito Comunista ha iniziato a incoraggiare questo business nel 2014, con il risultato che ora esistono oltre un centinaio di società private – la maggior parte derivate da colossi statali – che hanno interessi nel settore. Dal produttore di razzi ExPace, con sede nel complesso dell’industria spaziale di Wuhan, nonché filiale della statale China Aerospace Science and Industry Corporation, a iSpace, la prima azienda privata a raggiungere l’orbita terrestre nel 2019 con il lancio del suo razzo Hyperbola-1. A queste si aggiungono Landspace e Galactic Energy, oltre agli innumerevoli spin-off dei colossi statali China Aerospace Science and Technology Corp. (CASC), Chinese Academy of Sciences e della citata CASIC. Per venire incontro ai nuovi player, il governo sta consentendo il trasferimento di tecnologia e know how statali ai private, nel tentativo di creare una rete tra pubblico, privato e mondo delle università. Le dinamiche di mercato sono ovviamente imprevedibili, ma è lecito supporre che, in mezzo a svariati fallimenti, alcune di queste società riusciranno a emergere anche a livello globale.

Gli obiettivi di Pechino: dalla rete satellitare alla Luna
Il nuovo “Grande Balzo in Avanti” spaziale, intanto, è certificato dai numeri. Secondo il Global Times nei prossimi anni il Dragone potrebbe lanciare più di 1.000 satelliti nell’orbita terrestre bassa. Il governo intende inoltre sviluppare ulteriormente il proprio sistema di navigazione satellitare, BeiDou, e offrire i suoi servizi a Paesi in via di sviluppo, così da rafforzare legami diplomatici bilaterali. Come se non bastasse, la Cina sta pianificando i primi lanci per formare una costellazione Internet satellitare a banda larga denominata Guowang. Si tratta di una sorta di ragnatela che, una volta terminata, sarà composta da 1.300 satelliti e sarà in grado di fare concorrenza allo Starlink di SpaceX. Tra gli altri obiettivi, l’atterraggio sugli asteroidi per estrarre eventuali minerali, l’invio di una nuova sonda su Marte e lo sbarco definitivo sulla luna. Per la cronaca, nel 2021 Cina e Russia hanno firmato un memorandum d’intesa per la costruzione congiunta di una base in loco, chiamata International Lunar Research Station (ILRS). E nel 2019 Pechino ha fatto atterrare un velivolo senza equipaggio sul lato nascosto del nostro satellite dove ora lavora per garantirsi una presenza permanente entro i prossimi 5-7 anni.