Procedure di infrazione Ue: dagli stagionali ai contratti Pa fino al RdC, il fardello italiano

Stefano Iannaccone
20/04/2023

828 milioni di euro. A tanto ammontano le sanzioni inflitte dall'Ue all'Italia in seguito alle procedure di infrazione avviate per il mancato rispetto di direttive. Gli ultimi fronti aperti riguardano i diritti dei lavoratori stagionali, i contratti a termine della Pa, il RdC e le lentezze della Calabria nei pagamenti nella sanità. Il punto.

Procedure di infrazione Ue: dagli stagionali ai contratti Pa fino al RdC, il fardello italiano

L’Italia che deve rispettare le scadenze serrate del Pnrr fissate dall’Unione europea è spesso in ritardo con l’attuazione delle norme ordinarie indicate negli anni da Bruxelles. Facendo i conti, letteralmente, con un esborso totale di 828 milioni di euro dal 2012 al 2021, ultimo anno rilevato dalla Corte dei Conti. È questo infatti il prezzo delle sanzioni inflitte al governo di Roma in seguito alle procedure di infrazione avviate per il mancato rispetto di varie direttive. Di recente si sono aperti nuovi fronti di contestazione dell’Ue, che rappresentano comunque solo un primo passaggio prima di arrivare alla sentenza di condanna e di conseguente pena pecuniaria. È notizia delle ultime ore della procedura scattata in materia di diritti dei lavoratori stagionali. L’obiettivo europeo è di garantire uno standard di condizioni dignitose e di protezione dallo sfruttamento, l’Italia al momento non risulta in regola. Non solo. L’Italia è nel mirino anche per le condizioni di lavoro discriminatorie nel settore pubblico e l’abuso dei contratti a tempo determinato. «La normativa italiana», sottolinea Bruxelles nel suo parere, «non previene né sanziona in misura sufficiente l’utilizzo abusivo di una successione di contratti a tempo determinato per diverse categorie di lavoratori del settore pubblico». Del resto la direttiva 1999/79/CE «impone di non discriminare a danno dei lavoratori a tempo determinato e obbliga gli Stati membri a disporre di misure atte a prevenire e sanzionare l’utilizzo abusivo di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

Procedure di infrazione Ue: dagli stagionali al RdC, il fardello italiano
Lo sgombero del ‘ghetto’ di Borgo Mezzanone nelle campagne di Manfredonia.

Sotto la lente di Bruxelles anche le discriminazioni dei cittadini europei rispetto a RdC e assegno unico

Sotto la lente della commissione guidata da Ursula von der Leyen erano già finite le discriminazioni di cittadini europei rispetto ad alcune misure come il Reddito di cittadinanza e l’assegno unico. Nel caso del Rdc bisogna avere la cittadinanza italiana per almeno 10 anni, mentre per l’assegno universale ne occorrono due. Il paletto dei requisiti di residenza, però, non tratta in egual misura chi vive nell’Ue: una situazione che secondo Bruxelles va sanata. Ma le questioni sociali non sono le uniche. Un’altra procedura riguarda il mancato recepimento della direttiva sul whistleblowing, la protezione degli informatori, che «impone agli Stati membri di fornire agli informatori che operano nel settore pubblico e privato canali efficaci per segnalare violazioni delle norme dell’Ue in via riservata, istituendo un solido sistema di protezione contro le ritorsioni», spiega la commissione. Chi denuncia episodi di corruzione deve avere una rete di tutele intorno. Tra i rilievi provenienti da Bruxelles spicca poi quello sulle lentezze dei pagamenti in Calabria nel settore sanitario. «La legge italiana costituisce una violazione della direttiva sui ritardi di pagamento in quanto proroga oltre i termini previsti dalla direttiva il termine di pagamento per i debiti delle amministrazioni pubbliche», sottolinea l’Ue. Finita qua? Macché. Un ulteriore problema tocca il piano di gestione degli spazi marittimi, per cui si chiede di «armonizzare la domanda di sviluppo socioeconomico con l’esigenza, prioritaria e indifferibile, di proteggere gli ecosistemi marini».

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Una domanda per il reddito di cittadinanza (Getty Images).

Sugli 828 milioni pagati, 261 sono stati sborsati per le ecoballe in Campania e 246 per le discariche abusive

Insomma, il governo Meloni deve darsi una mossa per rispondere ai rilievi europei, sebbene siano questioni stratificate negli anni. Tanto per fare qualche esempio, sul totale di 828 milioni di euro, l’Italia ha dovuto sborsare 261 milioni per le ecoballe in Campania, relativo allo smaltimento dei rifiuti. Sempre sul tema ambientale, uno dei principali nodi con Bruxelles (figurano 16 procedure in atto, contro le 15 del settore degli affari economici), 246 milioni di euro sono costate le discariche abusive, mentre una multa di 121 milioni di euro è arrivata per la gestione delle acque reflue, utilizzate nelle attività umane, domestiche, industriali o agricole. Si tratta solo dei casi più onerosi. Altri sono in sospeso da molti anni, ma ancora non arrivati alla sanzione economica, come l’applicazione della direttiva sull’inquinamento, e nello specifico sul superamento dei valori limite di PM10, o come le azioni di contrasto della diffusione di contenuti terroristici online o, ancora, come il potenziamento delle autorità garanti della concorrenza, l’Antitrust, dei poteri di applicazione per assicurare il corretto funzionamento del mercato interno. Una lista lunga.

 

Procedure di infrazione Ue: dagli stagionali al RdC, il fardello italiano
Ecoballe in Campania (da Raiplay).

A febbraio l’Italia era ferma a 83 procedure. Peggio di noi la Spagna, il Belgio, la Grecia, la Bulgaria e la Polonia

Tuttavia, l’eredità dell’esecutivo in carica, per quanto pesante, è comunque migliore rispetto alla situazione dello scorso anno quando si veleggiava sopra le 100 infrazioni. Il dato aggiornato allo scorso febbraio si fermava a 83 procedure, sebbene il numero sembri destinato a crescere visti gli sviluppi degli ultimi giorni. Lo sforzo dell’ex sottosegretario alle Politiche comunitarie, Enzo Amendola, aveva prodotto dei risultati nei mesi scorsi, sebbene l’obiettivo fissato – quello di dimezzare gli arretrati con Bruxelles – fosse ben lontano dalla realizzazione. Attualmente la Spagna è il Paese meno rispettoso delle direttive europee con un totale di 104 infrazioni in corso, unico caso sopra quota 100. Alle spalle ci sono il Belgio (97) e la Grecia (93). Precedono l’Italia anche la Bulgaria (90) e la Polonia (89). Ma, tanto per fare un esempio, l’Ungheria di Viktor Orbán è più rispettosa del diritto europeo rispetto a Roma, avendo accumulato un totale di 69 procedure. La premier in carica può, quantomeno su questo tema, prendere come esempio il suo vecchio modello politico.