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Il ritorno della Grande Guerra: da Gadda a Niente di nuovo sul fronte occidentale

Mentre il conflitto in Ucraina scompare dalle prime pagine e Zelensky fa notizia solo per la polemica su Sanremo, al cinema e in libreria la guerra torna con prepotenza. Il film Niente di nuovo sul fronte occidentale e i taccuini inediti di Gadda dal fronte editi da Adelphi ne denunciano l’insensatezza e l’orrore. Ieri come oggi.

5 Febbraio 2023 14:04 Andrea Frateff-Gianni
Il ritorno della Grande Guerra: da Gadda a Niente di nuovo sul fronte occidentale

Mentre dopo quasi un anno il conflitto in Ucraina sembra passato di moda, retrocesso dalle prime pagine dei quotidiani a quelle centrali, e il nome di Zelensky solletica le cronache solo se accostato a quelle dei preparativi per l’imminente Festival di Sanremo, il tema della guerra torna prepotentemente al centro della scena cinematografica e a quella letteraria.

L’orrore e l’insensatezza della guerra in Niente di nuovo sul fronte occidentale

La luce in realtà era già stata accesa poco meno di due anni fa da 1917 di Sam Mendes, che aveva stupito tutti con le sue 11 nomination agli Oscar e la vittoria del Golden Globe come migliore film drammatico. Il trend è confermato oggi dal successo della pellicola tedesca di Edward Berger, Niente di nuovo sul fronte occidentale (disponibile su Netflix), dalla sua inaspettata candidatura come Miglior Film agli Oscar, dagli otto piazzamenti nelle altre categorie e dalle 14 nomination ai BAFTA, i British Academy Film Awards. Il film, tratto dal celebre romanzo di Remarque, si concentra sugli ultimi momenti della Prima Guerra mondiale, narrando la storia di un manipolo di giovani soldati tedeschi provenienti dalla stessa piccola città di provincia e arruolati in blocco convinti dalla falsa promessa di una guerra lampo che avrebbe portato rapidamente gloria e onore. Convinti di vivere una entusiasmante avventura all’insegna degli ideali dell’eroismo e del coraggio i malcapitati vengono decimati immediatamente una volta arrivati al fronte lanciati allo sbaraglio in assalti inutili per conquistare risibili metri di campo di battaglia all’avversario. Le atrocità della guerra appaiono subito tanto evidenti quanto insensate e la promessa di «marciare entro un paio di settimane su Parigi» si scontra con la disumana realtà del fronte franco-tedesco, immobilizzato per anni lungo un’estenuante guerra di trincea.

I taccuini inediti di Gadda 

Si occupa di rievocare i brutali e terribili momenti della Grande Guerra anche un libro di Carlo Emilio Gadda, intitolato Giornale di guerra e di prigionia, edito da Adelphi in una nuova e raffinatissima edizione ampliata che contiene una serie di taccuini inediti, precisamente otto, scritti dall’allora sottotenente degli alpini tra il 24 agosto 1915 e il 31 dicembre 1919. Acquisiti dopo un’asta nel 2019 dalla Biblioteca Nazionale di Roma per oltre 30 mila euro, i quaderni autografi di Gadda ancora sconosciuti raccontano il periodo in cui il giovane ingegnere venne fatto prigioniero dagli austriaci durante la disfatta di Caporetto fino al momento della sua liberazione avvenuta il primo gennaio 1919. Straordinario zibaldone contenete schizzi, appunti, descrizioni di stati d’animo e dissertazioni filosofiche, il Giornale di guerra e di prigionia salta fuori dalla pagina regalando un doppio sguardo di nitida spietatezza dell’autore nei confronti di ciò che lo circonda ma anche di se stesso. La banalità dei fatti della guerra ne definiscono la sostanza assai più degli ideali che l’hanno giustificata e ben presto Gadda si rende conto che, una volta messo al comando di un battaglione, nemmeno la sua preparazione, la sua intelligenza, la sua rettitudine morale sono sufficienti per cambiare il corso degli eventi. «Non sono stato un Remarque e nemmeno un Comisso. Ammiro questi, ammiro molti altri scrittori: e riconosco nelle mie notazioni de bello alcuna somiglianza or con l’una or con l’altra delle efficacissime loro: né dico ciò per voler captare a mio profitto alcuna briciola de’ meriti lautissimi d’altri, ma per significare a mia difesa alcuna comunione d’umanità con quelli e con altri», scrive. «E allora anch’io, come tutti, son disceso con la sensazione e con il pensiero, cioè con il corpo e con l’anima, ai fatti perentorii e banali della vita di guerra: e alla brutale immediatezza di questi fatti ho riconosciuto valore di causa, da poi che a volte essi vennero motivando tutta una serie di altri fatti bruti e reali, prima ancora che la volontà e la ragione potessero. Ho visto la volontà sommersa dal caso, come una barca dalla risacca: e il chiaro pensiero onnubilarsi e dissolversi nella stanchezza: ho visto in altri e sentito in me».

Il ritorno della Grande Guerra: da Gadda a Niente di nuovo sul fronte occidentale
I taccuini inediti di Gadda per Adelphi.

La Grande Guerra vista con gli occhi di Céline e Hemingway

Per approfondire l’argomento con romanzi ispirati al grande conflitto che ridusse in macerie il Vecchio Continente, consigliamo la lettura, oltre al sopracitato Niente di nuovo sul fronte occidentale di Enrique Marie Remarque, di Viaggio al termine della notte di Louis Ferdinand Céline o di Addio alle armi, capolavoro assoluto di Ernest Hemingway. Composto febbrilmente tra il 1928 e il 1929 Addio alle armi, tradotto in italiano da Fernanda Pivano, narra le esperienze dell’autore sul fronte italiano nel 1918. Non tanto un romanzo sulla guerra quanto sulla sua totale insensatezza. La storia racconta le esperienze di Henry, un ufficiale paramedico americano che si offre volontario per il fronte, e la sua relazione amorosa con una crocerossina. In seguito alla tragica ritirata di Caporetto, i due innamorati, seppur a causa di un incidente di battaglia, riescono a passare del tempo insieme a Milano. In via Armorari è posta ancora oggi una targa celebrativa sopra la quale è scritto: «Nell’estate del 1918 in questo edificio, adibito ad ospedale della Croce Rossa Americana, Ernest Hemingway, ferito sul fronte del Piave, fu accolto e curato, così nacque la favola vera di Addio alle armi».

Il ritorno della Grande Guerra: da Gadda a Niente di nuovo sul fronte occidentale
La targa in via Armorari a Milano (foto di Delfino Sisto Legnani).

 

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