2040, l’ultima chiamata per salvare il pianeta

Redazione
27/07/2021

Uno studio del Mit, pubblicato nel 1972 e deriso da molti scienziati, aveva previsto per il 21esimo secolo il collasso della civiltà. Oggi una nuova ricerca conferma quelle previsioni, ma lascia lo spazio per una speranza.

2040, l’ultima chiamata per salvare il pianeta

Era il 1972 e il Mit avvertiva i governi di tutto il mondo che l’insostenibile crescita industriale e il suo impatto sul clima avrebbero portato a un potenziale collasso della civiltà entro 21esimo secolo. Oggi, a distanza di quasi 50 anni, un nuovo studio conferma quelle previsioni. The Limits of Growth (I limiti della crescita), questo il nome del report del Massachusetts Institute for Technology, aveva individuato nel 2040 il possibile punto di non ritorno. La ricerca, sebbene il libro in cui venne inserita diventò un best seller, all’epoca fu derisa da altri esperti che ne misero in dubbio dati e metodi scientifici.

Oggi però tali affermazioni sono ribadite in un altro studio condotto dall’olandese Gaya Herrington e pubblicato sulla rivista Yale Journal of Industrial Ecology. «Ero curiosa di vedere quali risultati avrebbero portato le osservazioni empiriche moderne se combinate con le indicazioni emerse decenni fa», ha dichiarato al Guardian la donna, responsabile delle analisi di sostenibilità presso la società di consulenza americana KPMG. «Gli scienziati del MIT, negli Anni 70, avevano richiesto un intervento urgente per ottenere una transizione graduale verso un’economia sostenibile. Nessuno si è mosso e ora stiamo toccando con mano le conseguenze del cambiamento climatico».

I due scenari ipotizzati dallo studio 

Lo studio prende in considerazione dieci parametri, tra cui la popolazione, i tassi di fertilità e mortalità, la produzione industriale e alimentare, i servizi, le risorse non rinnovabili, l’inquinamento persistente, il benessere umano e l’impronta ecologica, e, attraverso questi, prospetta due possibili scenari. Da un lato, il Business as usual, ossia una situazione che continua a prevedere un intensivo sfruttamento delle risorse a disposizione. Dall’altro la Tecnologia globale, un modello di crescita focalizzato sull’innovazione tecnologica alla portata di tutti. Entrambi, comunque, non sarebbero sostenibili sul lungo periodo e lo sviluppo della civiltà sarebbe destinato a frenare bruscamente, provocandone il collasso. Che si tradurrebbe non tanto «nell’estinzione dell’umanità, ma in un generale declino, che avrà ripercussioni sulla produzione alimentare e sugli standard della vita quotidiana».

La ricerca giunge in un periodo delicato, in cui molti governi delle principali potenze mondiali stanno cercando soluzioni per una ripartenza dell’economia, dopo la pandemia. Un ritorno ai modelli di sviluppo dell’ultimo decennio, però, sarebbe incompatibile con il progetto di un mondo sostenibile. «I potenti della Terra devono considerare il fatto che i cambiamenti climatici, senza contare i disordini sociali e l’instabilità geopolitica che ne potrebbero conseguire, limiteranno i margini di crescita», ha dichiarato Herrington. «Solo un folle continuerebbe su questa via».

Nella sostenibilità economica il segreto per salvare il pianeta

La speranza della ricercatrice è quella di rendere la sostenibilità economica una scienza vera e propria con cui agire per salvaguardare il benessere del pianeta e, con esso, delle generazioni future. «Vorrei che i bambini stessero bene, anche se nessuno di loro fosse mio», ha continuato la donna. «La passione per la sostenibilità mi guida sin da quando ne ho memoria».

Non tutto è perduto però, c’è ancora tempo per rimediare. «La scoperta chiave del mio studio è che abbiamo ancora tempo per evitare il collasso», ha proseguito Herrington. «L’innovazione nel mondo degli affari, la presa di coscienza da parte dei governi e della società civile, offrono l’opportunità di invertire la rotta. La pandemia ci ha fatto capire che sappiamo intervenire bene, ma dobbiamo farlo ora se vogliamo evitare di pagare un prezzo ben più alto».