Dérive Gauche
Mentre in Italia Letta sogna un nuovo Ulivo, in Francia la sinistra pare rifiutare l'idea di un'unione e alle Presidenziali del 2022 corre con cinque candidati. Così facendo però rischia di scomparire.
In Italia Letta sogna di federare il centrosinistra e il M5s di Conte con la benedizione di Prodi. E in Francia c’è chi spera che a sei mesi dalle Presidenziali accada più o meno la stessa cosa. Eppure i partiti della gauche – comunisti, verdi, France insoumise e socialisti – non si riescono ad accordare nonostante nei sondaggi siano ridotti al lumicino. L’unica possibilità di non scomparire dalla scena politica sarebbe infatti allearsi. Un progetto di cui si è parlato, ma che ancora è lontano dal concretizzarsi. Il ricordo di Jospin ormai è sbiadito. Il socialista, primo ministro dal 1997 al 2002, guidò infatti un governo che comprendeva anche comunisti, verdi e radicali. Ancora prima, nel 1981, François Mitterrand fu eletto presidente della Repubblica con il sostegno comunista e costituì un governo di socialisti, radicali di sinistra e comunisti (questi ultimi uscirono dalla maggioranza nel 1984). Eppure nulla si muove sulle quai de la Seine.
La sinistra ha cinque candidati alla Presidenza
«Su quale pianeta vive la gauche», si chiede Libération. Dalle elezioni regionali di giugno che non hanno di fatto chiarito i rapporti di forza tra le diverse anime della sinistra, nulla è cambiato. I candidati all’Eliseo dell’area sono ancora cinque: Jean-Luc Mélenchon per France Insoumise (che a breve si trasformerà in Unione popolare); Fabien Roussel del partito comunista francese; Anne Hidalgo, la sindaca di Parigi che si è riproposta di fare risorgere l’ammaccato Partito socialista; l’imprenditore ed ex socialista Arnaud Montebourg, già ministro e portavoce nel 2007 di Ségolène Royale che si batte per proteggere il made in France contro l’austerità europea e la mondializzazione selvaggia e infine l’eurodeputato dei Verdi Yannick Jadot, ecologista “realista” che ha vinto per un soffio le primarie del partito sconfiggendo l’economista Sandrine Rousseau.

Tutti i partiti della gauche insieme sfiorerebbero il 25 per cento
Lo scorso 10 maggio, ricorda Libé, in occasione dei 40 anni della vittoria di Mitterrand molti leader di gauche hanno ricordato quelle Presidenziali proprio per smentire chi sostiene la necessità di un’unione: nel 1981 Mitterrand vinse nonostante al primo turno corressero anche il comunista Georges Marchais, Huguette Bouchardeau del PSU (il partito socialista unificato), l’ecologista Brice Lalonde e il radicale di sinistra Michel Crépeau. Erano però altri tempi. Socialisti e comunisti avevano siglato nel 1972 un programma comune di riforme, nato sull’onda del Maggio 68, che non solo aveva ricomposto la sinistra ma aveva giocato un ruolo decisivo nella vittoria di Mitterrand. E non dovevano certo sfidare sovranisti e populisti con le percentuali di Marin Le Pen (15 per cento) o di Eric Zammour (tra il 17 e il 18 per cento). Tutti i partiti di sinistra insieme sfiorerebbero il 25 per cento, più o meno la stessa percentuale di Emmanuel Macron, in testa nelle intenzioni di voto al primo turno con una forbice che va dal 24 al 27 per cento. Mélenchon veleggia intorno al 10 per cento, Anne Hidalgo e Yannick Jadotse sono al 6 per cento; Fabien Rousselet e Arnaud Montebourgne al momento sono solo figuranti. L’idea, secondo il quotidiano, è che ormai questa tornata sia data per persa. E nessuno dei candidati voglia tendere la mano agli altri. A costo di scomparire.