«Non sto rispondendo a nessun annuncio di lavoro. Sono stata invitata per una visita dal presidente Joe Biden». Si fanno sempre più fitte le voci che vogliono la premier danese Mette Frederiksen come la prescelta per guidare la Nato alla fine del mandato del segretario generale Jens Stoltenberg a settembre: in partenza per Washington, la prima ministra della Danimarca ha smentito che lo scopo del viaggio sia ottenere l’investitura da parte di Biden. Gli esperti sono però pronti a scommettere il contrario: 45 anni, capo di governo più giovane nella storia del Regno di Danimarca, determinata e stimata dai leader mondiali, ecco perché Frederiksen ha il phisique du role per diventare – prima donna nella storia – segretario generale dell’Alleanza atlantica.
Prime Minister Mette Frederiksen has arrived in Washington DC. Tomorrow, she will be welcomed at the White House by President Biden. pic.twitter.com/oW5lMsAkW4
— Statsministeriet (@Statsmin) June 4, 2023
Capo del governo danese dal 2019, è stata poi rieletta nel 2022
Nata il 19 novembre 1977 ad Aalborg in una famiglia legata al movimento operaio, dopo la laurea in amministrazione e scienze sociali Frederiksen ha lavorato come consulente per i giovani per Lo, Confederazione dei sindacati danese. Eletta in parlamento nel 2001, è stata prima ministra del Lavoro e poi della Giustizia nel governo di Helle Thorning-Schmidt, raccogliendone poi il testimone come leader del Partito socialdemocratico. A seguito delle elezioni del giugno 2019, ha ottenuto l’incarico di ministra di Stato del Regno di Danimarca, venendo poi rieletta nel 2022 a seguito di una convincente gestione della pandemia di Covid.

L’ascesa di Frederiksen a livello internazionale: il sostegno all’Ucraina
Convinta sostenitrice dell’Ucraina, nel corso del 2022 Frederiksen è salita alla ribalta sulla scena internazionale guadagnandosi il rispetto per gli sforzi volti a rafforzare l’unità occidentale di fronte all’invasione russa. Questo ha fatto sì che, all’avvicinarsi della scadenza del mandato del norvegese Stoltenberg, quello della premier danese sia diventato un nome forte per la sua successione. «Potrei passare molto tempo a dire cose positive su Mette Frederiksen. È uno dei capi di Stato più abili d’Europa», ha detto la scorsa settimana il primo ministro norvegese Jonas Gahr Store, quando gli è stato chiesto di Frederiksen come potenziale candidata per la posizione della Nato. «C’è grande rispetto per il lavoro che ha svolto come prima ministra e per la persona che è».

Da quando è scoppiata la guerra, Frederiksen ha visitato tre volte l’Ucraina. E Copenaghen ha fornito significativi aiuti finanziari e militari a Kyiv, nonostante la Difesa danese non sia tra le più dotate d’Europa: il Paese ha assunto un ruolo guida nell’addestramento dei piloti ucraini, rendendosi inoltre disponibile alla fornitura di aerei da combattimento F-16. Quando a settembre c’è stato il sabotaggio del Nord Stream in acque danesi, Frederiksen è riuscita a mettere d’accordo destra e sinistra, chiamando all’unità politica in un momento di incertezza nazionale e internazionale.

Il provvedimento per venire incontro alle richieste della Nato
L’ostacolo principale per la sua potenziale candidatura è il fatto che la Danimarca, al momento, non investe almeno il 2 per cento del Pil per difesa e sicurezza, come richiesto agli Stati membri della Nato. Tuttavia, pochi giorni fa il governo danese ha annunciato un massiccio investimento di 143 miliardi di corone (circa 20 miliardi di euro) nella difesa nei prossimi 10 anni – triplicando di fatto gli sforzi – in linea con gli obiettivi di spesa dell’Alleanza atlantica. Allo stesso tempo, la Danimarca continuerà a sostenere l’Ucraina stanziando altri 3 miliardi di euro in aiuti militari. Membro fondatore della Nato, la Danimarca ha ridotto le capacità militari dopo la fine della Guerra fredda e adesso con Frederiksen si sta mettendo a correre per rispettare gli standard, complice il conflitto in corso: tre mesi fa il parlamento danese ha approvato l’abolizione del giorno festivo Store bededag (Grande preghiera), ricorrenza luterana celebrata dal XVII secolo e caduta nel 2023 il 5 maggio, con l’obiettivo di ricavare 355 milioni di euro da destinare alle spese militari. La decisione è stata contestata dall’opposizione, dai sindacati e da esponenti religiosi, così come da decine di migliaia di manifestanti che si sono riuniti davanti al parlamento di Copenaghen. Ma Frederiksen è andata avanti per la sua strada che adesso, dopo Washington, potrebbe portarla alla guida della Nato.
