Già 120 mila anni fa l’uomo utilizzava indumenti. È ciò che emerge da un nuovo studio pubblicato su Science da Emily Hallett del Max Planck Institute for the Science of Human History in Germania che ha analizzato strumenti ossei e resti di animali scuoiati rinvenuti nella grotta di Contrebandiers, sulla costa atlantica del Marocco. «Il nostro studio aggiunge un importante tassello all’evoluzione umana e ai comportamenti apparsi in Africa circa 100 mila anni fa», ha spiegato la ricercatrice al Guardian, affermando di essere al lavoro sulle ossa degli animali già dal 2012.
Sulle ossa animali tracce della lavorazione dell’uomo
L’obiettivo primario era quello di ricostruire la dieta alimentare dei primi uomini, esplorando anche eventuali cambiamenti associati all’evoluzione delle tecniche di lavorazione degli strumenti in pietra. Durante il lavoro però, Hallett si è accorta che 62 ossa, risalenti fra i 120 mila e i 90 mila anni fa, presentavano caratteristiche tali da essere associate alla creazione di strumenti piuttosto che al semplice consumo di carne. «Gli arnesi a forma di spatola, come quelli rinvenuti qui, erano ideali per raschiare», ha continuato l’esperta. «È dunque probabile che siano stati usati per rimuovere i tessuti connettivi interni da pelli e pellicce durante i processi di lavorazione». Secondo le prime analisi, molti utensili sono stati ricavati da ossa di volpi delle sabbie, sciacalli e gatti selvatici. Il team ha anche rinvenuto un dente di balena, probabilmente usato per sfaldare la pietra. Un evento «raro e inaspettato» ha sottolineato Hallett, «poiché i resti di balena non erano mai stati identificati in nessun contesto pleistocenico in Africa».
Non semplici pellicce, ma abiti impermeabili e aderenti
I misteri però restano molti. Difficile infatti stabilire forma e utilizzo degli indumenti, destinati forse non solo alla protezione dal freddo ma anche a scopi simbolici e rituali. Probabile inoltre che non si tratti dei primi individui a far uso di pellicce animali. Secondo Hallett, infatti, gli uomini di Neanderthal europei avrebbero messo a punto la tecnica molto prima, costretti da un clima meno favorevole rispetto a quello africano. Le fa eco il dottor Matt Pope, esperto dei Neanderthal presso l’UCL Institute of Archaeology di Londra, il quale però attribuisce alla scoperta di Hallett un altro pregio. «Si tratta di un adattamento che va oltre la semplice adozione dell’abbigliamento», ha detto al Guardian. «Ci permette di immaginare abiti lavorati per essere resi impermeabili, aderenti e più facili da spostare rispetto alle semplici pellicce raschiate».