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La guerra ai poveri e le colpe della speculazione delle imprese

Il governo Meloni nasconde il problema povertà e demolisce il Reddito di cittadinanza. Ma la verità è che dietro l’inflazione ci sono le aziende che hanno ritoccato i listini, approfittandone. E così il potere d’acquisto dei salari, fermi da 30 anni, è crollato. Una situazione che a lungo non è sostenibile.

6 Maggio 2023 09:11 Giulio Cavalli
La guerra ai poveri e le colpe della speculazione delle imprese

Non funzionerà perseverare nel tentativo di nascondere i poveri per non dover parlare di povertà. Per un motivo semplicissimo: perché sono troppi. E il giorno in cui sarà obbligatorio parlare di soldi, di redditi, di stili di vita che galleggiano di poco sopra alla linea della dignità toccherà fare i conti con la realtà. La realtà è quella che la Banca centrale europea prova a ripetere da mesi: l’inflazione con cui siamo alle prese dipende, anche se non soprattutto, dalle aziende che hanno ritoccato i listini più di quanto siano saliti i loro costi, approfittando della situazione. L’aumento dei costi c’è stato, ma è stato amplificato dal comportamento delle imprese. I profitti aziendali sono saliti, i margini, in media, anche. Il potere d’acquisto dei salari invece è crollato.

Per affrontare il caro-vita si tagliano le spese primarie

Si tornerà a fare i conti con le famiglie che per affrontare il caro-vita continuano a tagliare le spese primarie, alimenti inclusi: ne ha parlato il presidente di Assoutenti Furio Truzzi, con una riduzione media di 377 euro per un nucleo famigliare con due figli. «Prosegue la cura dimagrante degli italiani. Una dieta forzata dovuta ai prezzi lunari, rincari che ora sono ingiustificati, frutto di speculazioni belle e buone», dice l’Unione nazionale dei consumatori.

Mef, il totonomi per il successore di Franco
Fabio Panetta tra Klaus Regling e Paolo Gentiloni. (Getty Images)

Così ci toccherà rileggere Fabio Panetta, membro italiano della Bce, che al New York Times spiegava che «i politici, da tempo preoccupati dalla possibile rincorsa tra prezzi e salari, dovrebbero iniziare a preoccuparsi dei rischi di una cosiddetta spirale profitti-prezzi». Perché insieme al mancato innalzamento dei salari si assiste a uno spropositato aumento dei profitti che non si può sperare di tenere nascosto a lungo.

Gli stipendi italiani fermi a quelli di 30 anni fa? Fate qualcosa

Forse accadrà anche che gli stipendi italiani fermi a quelli di 30 anni fa (unico Paese dell’Ocse) smetteranno di essere solo un grafichetto colorato che gira nei gruppi social degli indignati e emergerà in tutta la sua drammatica potenza. A quel punto non si potrà più fingere che si tratti del solito lamento dei soliti noti e bisognerà dare delle risposte i cittadini. E no, non funzioneranno gli alambicchi retorici di presunti economisti illuminati prestati alla politica.

Gli #stipendi in #Italia scendono invece di salire. È l'unico paese #Ue dove si #guadagna meno di 30 anni fa. #OCSE pic.twitter.com/hSPkBYCZS8

— Lavoro e Sviluppo Ecosostenibile (@LavoroeS) March 5, 2023

Persino comprarsi un’auto ormai è diventato un lusso

Ci si renderà conto che mentre giganteggia il greenwashing nelle aziende inquinanti che si rivendono “rinnovabili e bio” gli italiani non hanno i soldi per acquistare le auto che permetterebbero alle città di respirare meglio e ai cittadini di spostarsi nei centri con regole sempre più restrittive. Il 75,26 per cento dei residenti a Roma e provincia ha optato per l’acquisto di un usato non per scelta, ma perché anche un’auto ormai è un lusso. Le restrizioni della pandemia e i rincari dovuti alla guerra in Ucraina, secondo la Cgil di Roma e Lazio, hanno eroso il potere di acquisto delle famiglie laziali riducendo di circa il 15 per cento la loro capacità di spesa. Inoltre gli ultimi dati Istat sull’occupazione collocano il Lazio tra le regioni in Italia che ancora non ha recuperato i livelli pre pandemia.

Nel suo discorso al congresso della Cgil, Giorgia Meloni ha affrontato diversi temi dal reddito di cittadinanza alla riforma fiscale.
Giorgia Meloni. (Twitter)

Essere poveri è considerata una colpa dal governo Meloni  

Ha ragione il sindaco di Bergamo Giorgio Gori quando dice che per il governo (ma ci permetteremmo di allargare il giudizio anche su politici che non sono al governo) «chi è povero, senza l’attenuante di appartenere a una famiglia “svantaggiata”, si trova in questa condizione per propria scelta, perché non ha voglia di lavorare, e non va quindi sostenuto oltre una limitata soglia temporale». Essere poveri è una colpa. Solo quello. Senza nessun’altra analisi o spiegazione. Non si tratta solo di Reddito di cittadinanza. Demolire il Reddito di cittadinanza è la scorciatoia che serve per seminare aporofobia. Per ora funziona. Ma non durerà a lungo.

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