Mio padre e quella strana influenza settembrina
LA POSTA AL CUORE. Quando andavo a pescare polpi con mio padre, stavamo ore e ore in mare. L'ho visto per l'ultima volta che era una sera molto calda. In tivù c'era un servizio del telegiornale su una strana forma influenzale settembrina. Poi quell'influenza l'ho avuta, la sua.
Nessuno mi ha mai tenuto la pancia per insegnarmi a nuotare. A tre anni e mezzo ho imparato a leggere e scrivere. Da sola. Mio padre tornò dal lavoro e mia madre gli chiese, mentre io tenevo sulle ginocchia un foglione de La Nuova Sardegna, come fosse stato possibile. Mio padre non rispose, mi sorrideva, gli occhi marroni sempre un po’ lucidi, anche quand’era giovane. A sei anni scrissi una piccola recensione di Metello, mi dissero che era bella, ma tutti si erano già abituati. Quando andavo a pescare polpi con mio padre, stavamo ore e ore a nuotare, attentissimi perché la tana del polpo non è proprio così facile da riconoscere: tu nuoti sulla superficie e gli scogli sono giù, in profondità. Il segreto io lo so da quando avevo sette anni, mucchietti di conchiglie in prossimità della tana, sono i resti del pasto. Mio padre mi teneva la mano quando nuotavamo, ma solo per darmi dei piccoli strattoni quando individuava la tana e con l’altra mano la indicava. Ritornavamo sulla spiaggia dopo ore, «pieni di polpi». Uscivo dall’acqua con qualche polpo attorcigliato al braccio perché non ci stava nel retino. I bambini continentali erano tanto invidiosi, qualcuno piangeva persino. Per i loro genitori eravamo: il professore e la bambina con i capelli lunghissimi.

Mi sono laureata in Veterinaria, ma al momento dell’iscrizione tutto il mondo conosciuto si sorprese. Poi ci sono i film e la mia memoria paurosa per gli eventi lontanissimi del passato. Paurosa perché in tanti si spaventano quando ricordo scene di film vecchissimi o un discorso fatto da mia madre quando a malapena camminavo. Ho visto mio padre per l’ultima volta che era una sera molto calda. Ero andata a trovare lui e mia madre nella casa del mare, non la casa delle vacanze, proprio la casa del mare. Dopo una doccia scesi le scale che portano al piano di sotto e mio padre diceva «sei bellissima ed elegantissima». Io risi. Perché avevo una vecchia gonnellina bianca con disegni azzurri rossi verdi e una t-shirt logora verde militare ed ero scalza. Lui insistette «sei sempre bellissima». In tivù c’era un servizio del telegiornale su una strana forma influenzale settembrina. Mio padre mi accompagnò al cancello, tornavo in città perché l’indomani dovevo lavorare. Io gli dissi che non l’avrei baciato come mio solito, perché avevo paura che mi contagiasse quella strana forma influenzale. Lo dissi per farlo ridere e infatti lui rise. Poi quell’influenza l’ho avuta, la sua.