«Sono un po’ disordinato, a volte pago un caffè con la carta». Così ha risposto Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare, in un’intervista a La Stampa. A essere disordinati, oltre i metodi di pagamento, sembrano però i tentativi di giustificazione delle politiche pubbliche “di bandiera” del governo Meloni, come l’abolizione delle sanzioni a chi non accetta pagamenti con Pos sotto i 60 euro, o il tetto ai contanti. Nel programma elettorale presentato alle elezioni, Giorgia Meloni si era spinta in realtà molto oltre, promettendo «nessun obbligo per le piccole attività di accettare pagamenti elettronici». Nessuno, non sopra o sotto i 60 euro. Poi però è arrivato il momento di governare e la realtà dei fatti si è presentata di fronte ai policy-maker di Fratelli d’Italia: l’Italia è al primo posto in Europa per evasione fiscale, ed è, assieme alla Grecia, il primo Paese Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ad apparire nella classifica dell’economia sommersa mondiale, poco sotto il Suriname.
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Lollobrigida oggi sul Corriere. E buona evasione a tutti. #7dicembre pic.twitter.com/R29mv6ZrRO
— Luca Bottura (spunta beige) (@bravimabasta) December 7, 2022
L’economia “informale” mette a rischio la tenuta dei conti pubblici
Le stime, dalle Nazioni unite al Fondo monetario internazionale, parlano di una percentuale tra il 17 e il 22 per cento di economia “informale”, fatta di lavori e transazioni in nero. L’economia informale è associata a minori tassi di produttività, secondo una ricerca della Banca mondiale e, ovviamente, a salari inferiori. Si basa esclusivamente sul contante, e meno restrizioni esistono nell’uso, meno incentivi vi saranno per farla emergere. Va detto che l’economia informale è presente in moltissimi Paesi nel mondo. Niente di sconvolgente se l’Italia fosse un Paese in via di sviluppo o con un sistema di welfare state leggero. Ma con una spesa pubblica pari al 55 per cento del Prodotto interno lordo (Pil) e un sistema pensionistico, sanitario e sociale ingombrante (e costoso), il Paese è, ormai da tempo, considerato a rischio tenuta per i conti pubblici. In questo contesto, qualunque segnale ostativo nei confronti di mezzi di pagamento che più o meno direttamente scoraggiano l’evasione, come i pagamenti elettronici, viene percepito dai vertici europei e dagli osservatori internazionali come un pericolo. Non c’è quindi da stupirsi che le proposte di Meloni siano state accolte con gelo, in particolare da Bankitalia e dalla Corte dei conti.

Commissioni troppo alte per i commercianti? I dati dicono altro
Dall’inizio della manovra finanziaria, è iniziata per Fratelli d’Italia una gara un po’ rocambolesca per difendere la proposta. Prima una marcia indietro sull’importo massimo per il “diritto al Pos” che avrebbe potuto essere anche inferiore a 60 euro (non è stato comunicato però grazie a quale criterio decisionale). Poi le dichiarazioni dei singoli esponenti, come Lollobrigida e Meloni stessa, che parlano di commercianti vessati da commissioni insostenibili, peccato che questa definizione risulti leggermente esagerata, visto che sotto i 10 euro esistono sistemi di pagamento elettronico privi di commissioni (come Satispay e molti istituti di credito) e che tutti gli esercenti godono di crediti di imposta sui pagamenti elettronici.

I costi per i consumatori e le fantasiose teorie sulla privacy della Lega
Di fronte ai dati di fatto, ossia al costo sostenuto dai consumatori (per esempio per prelevare soldi al bancomat), a quello sostenuto dai negozi per la gestione del contante (di gran lunga molto più costoso e rischioso rispetto ai pagamenti elettronici), e infine all’inevitabile marcia indietro sulla lotta all’evasione, gli esponenti del governo Meloni hanno presentato argomentazioni di difesa sempre più originali. La privacy è al centro degli interessi di Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in Senato: «Se io salgo sul taxi e pago con l’applicazione o con la carta di credito sanno dove sono andato». Non è chiaro se nel mondo di Romeo il pagamento sui taxi con carta di credito venga collegato a sistemi di localizzazione, o se Romeo non si sia accorto che, in caso di indagini, valgono anche gli allacciamenti alle cellule telefoniche, oltre che i video registrati nei taxi (sempre più organizzati con sistemi di videosorveglianza interna).
Romeo (Lega): il contante è più indicato per la privacy. Se io salgo su un taxi e pago con app e carta di credito, sanno esattamente da dove parto e dove arrivo, le mie abitudini quotidiane. Dove vado col taxi, saranno anche un po’ affari miei”.
Big Pos is watching you! pic.twitter.com/94yfysNN72
— Edoardo Buffoni (@EdoardoBuffoni) December 6, 2022
L’Italia è il Paese in Europa con più Iva evasa in valore assoluto
«Più abbassi il tetto al contante più favorisci l’evasione», è la teoria (senza nesso di causa) di Giorgia Meloni, che cita Germania e Austria come esempi di Paesi senza tetto al contante. Meloni dimentica di citare un fatto: Germania e Austria hanno una pressione fiscale diversa rispetto all’Italia, e soprattutto, un livello di evasione più ridotto. Secondo la Commissione europea, l’Italia è il Paese in Europa con più Iva evasa in valore assoluto, con oltre 30 miliardi di euro non pagati, e quinta se consideriamo gli importi in proporzione alle transazioni. L’Italia presenta un tasso di evasione del 21,3 per cento, battuta solo da Romania (34,9), Grecia (25,8), Malta (23,5) e Lituania (21,4 per cento). Il dato sull’Iva è migliorato negli ultimi anni, nel 2017 oltre 35 miliardi di euro risultavano evasi, con una percentuale del 24 per cento.

Provvedimenti meloniani che non c’entrano con l’ideologia della destra sociale
Non c’è da stupirsi che Meloni provi a sostenere la tesi del “contante libero”, Fratelli d’Italia del resto si era opposta anche alla fatturazione elettronica: quello che però sorprende è che la guerra ai Pos e la simpatia verso i contanti, che, in un sistema come quello italiano incoraggiano l’evasione, non trovano attinenza con l’ideologia della destra sociale sposata dalla premier. I tentativi di difesa della misura potrebbero trovare una maggiore coerenza se Meloni si dichiarasse una sostenitrice dello Stato minimo: meno tasse, meno servizi e liberi tutti sul contante. Ma non è così e, al momento, i tentativi di giustificazione suonano sempre più disperati.