«Seppi che era a rischio crollo nel 2010, non feci nulla. È il mio grande rammarico». L’ex amministratore delegato di Edizione, braccio destro della famiglia Benetton, Gianni Mion, lo aveva già dichiarato ai pm e oggi l’ha ribadito, in aula: il Ponte Morandi era a rischio crollo e lo si sapeva da tempo. L’ad di Edizione, ai vertici dal 1986 al 2013, ha confermato intercettazioni della Guardia di Finanza e dichiarazioni che già in precedenza aveva rilasciato ai pm. «I tecnici Aspi», ha dichiarato, «ci dissero che c’era un difetto originario sul Morandi, il direttore generale rispose che avrebbe autocertificato lo stato di salute. Non feci nulla, è il mio grande rammarico».

Mion: «Sul Morandi i tecnici dissero che c’era un difetto originario»
Mion ha dichiarato: «Durante una riunione di induction, di aggiornamento fra i vertici di Atlantia e Aspi, si parlò di ponti e viadotti. Mi ricordo benissimo che sul Morandi i tecnici dissero che si trattava di un progetto complicato, complesso, originale e che avesse un problema originario di progettazione. Alla riunione era sicuramente presente anche Giovanni Castellucci (all’epoca ad di Autostrade per l’Italia, ndr)». E ha proseguito: «Non mi ricordo di che difetto parlassero. Io chiesi se c’era qualche ente esterno che potesse certificare la tenuta del ponte ma l’ingegnere Mollo disse “ce lo autocertifichiamo”. Io non ho detto niente, ma mi sono preoccupato. Cosa vuol dire autocertificarsi? È una contraddizione in termini. Il mio grande rammarico è che su questo non ho fatto battaglia. Il buon senso avrebbe richiesto un confronto immediato con il concedente, in sua assenza chiudere subito la circolazione sul viadotto. C’era Spea che doveva certificare, poi abbiamo visto come certificava».
In aula anche Roberto Tomasi
A testimoniare in aula c’è stato anche Roberto Tomasi, attuale ad di Autostrade per l’Italia: «Dal 2019 le ispezioni sulla rete ligure affidata alle società terze Proger e Speri hanno mostrato un livello di degrado più alto e uno stato peggiore sostanziale della rete, in particolare di viadotti e gallerie. Numericamente, nel 2019 abbiamo visto un valore di degrado superiore del 50 per cento, nel 2020 del 200 per cento». Tanto che le spese per manutenzione e investimenti sulle strutture, soprattutto le gallerie, è passato da 264 milioni nel 2017 a 769 nel 2021.
