Il muro è terminato. E i confini europei sono salvi. Almeno secondo Varsavia. A un anno dai primi ingressi dei migranti in Ue dalla frontiera tra Polonia e Bielorussia, giovedì 30 giugno il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki ha visitato l’area per celebrare il completamento della barriera alta cinque metri e mezzo, lunga 186 chilometri e costata oltre 350 milioni di euro, che qualcuno ha già ribattezzato la Cortina d’acciaio dell’Europa. «Qui al confine polacco oggi si svolge la lotta per il futuro della Polonia e dell’Europa», ha scritto orgoglioso Morawiecki su Fb ringraziando la polizia e le guardie di frontiera. «E vinceremo questa battaglia!». Domani le autorità polacche toglieranno anche lo stato di emergenza lungo il confine che ha impedito a giornalisti, volontari e rappresentanti delle ong di assistere al dramma di migliaia di richiedenti asilo e profughi.
Migranti usati come armi non convenzionali dal regime di Lukashenko
Mentre apriva le sue porte con generosità a milioni di profughi ucraini, la Polonia continuava a lavorare alla barriera per impedire l’ingresso nel Paese ad altri profughi e richiedenti asilo. Migliaia di siriani, yemeniti, yazidi, iracheni, afghani ed africani attirati in Bielorussia dalle promesse di Alexander Lukashenko e diventati, loro malgrado, armi ‘non convenzionali’ usate da Minsk contro Bruxelles. Un anno dopo, Varsavia usa la minaccia russa e l’invasione dell’Ucraina per giustificare il muro: la barriera in realtà sarebbe una difesa contro Mosca. «Il primo segno della guerra è stato l’attacco di Lukashenko al confine polacco», ha detto Morawiecki durante la conferenza stampa. «È stato grazie alla nostra capacità di prevedere ciò che sarebbe successo che ora possiamo concentrarci nell’aiutare l’Ucraina che sta combattendo per proteggere la sua sovranità».

Da inizio 2022 si sono registrati 4.280 tentativi di attraversamento
Sebbene il flusso sia rallentato durante l’inverno, le persone hanno continuato a tentare l’ingresso in Ue dalla Bielorussia, una rotta considerata meno pericolosa dell’attraversamento del Mediterraneo. Nonostante questo almeno 24 persone hanno perso la vita tra il 2021 e l’inizio del 2022. Secondo le guardie di frontiera polacche, solo lo scorso aprile sono stati registrati 977 tentativi di attraversamento del confine, quasi 4.280 dall’inizio del 2022. Numeri decisamente inferiori a quelli dello scorso novembre quando al confine in pochi giorni arrivarono circa 4 mila profughi. Stando all’Ong polacca Dom Otwarty, nella prima settimana di giugno i volontari hanno raccolto 179 richieste di aiuto, 154 delle quali da persone che si trovavano già in Polonia.

Perché con la politica dei respingimenti Varsavia si rende complice di Minsk
Tra il primo e l’8 giugno sono stati confermati almeno 16 respingimenti in Bielorussia, anche di persone malate. Respingere richiedenti asilo in Bielorussia significa condannarle a torture e sevizie. Un rifugiato siriano ha raccontato di essere stato rinchiuso in una gabbia di maiali e costretto a lavorare come uno schiavo. Per questo, sottolinea l’organizzazione, «impedire l’assistenza ai profughi, negando loro la possibilità di chiedere protezione, calpesta non solo le leggi polacche ma anche quelle della Ue». Varsavia si rende così complice di Minsk. Un recente rapporto di Human Rights Watch ha evidenziato come la Polonia «illegalmente, e talvolta violentemente», respinga sommariamente migranti e richiedenti asilo in Bielorussia dove subiscono gravi abusi, tra cui violenze e stupri da parte delle guardie di frontiera e di altre forze di sicurezza.

La denuncia delle Ong: esistono profughi ucraini di serie A e profughi di serie B
Gli attivisti per i diritti umani del resto denunciano da mesi il doppio standard usato da Varsavia nel trattare i vicini rifugiati ucraini – compagni slavi che sono per lo più cristiani, donne e bianchi – e quelli provenienti dal lontano Medio Oriente e dall’Africa, molti dei quali sono musulmani e maschi. «Se dai un passaggio a un rifugiato al confine ucraino sei un eroe. Se lo fai al confine con la Bielorussia sei un trafficante e potresti finire in prigione per otto anni», ha spiegato ad Ap Natalia Gebert, fondatrice di Dom Otwarty. Mentre alcuni cittadini polacchi sostengono la posizione dura del governo, molti residenti della regione di confine durante l’inverno e la primavera hanno cercato di aiutare i migranti intrappolati nella foresta, molti dei quali hanno bisogno di assistenza medica. Anche l’arte e la cultura sono scese in campo. Un’opera teatrale che ha debuttato a Varsavia questa settimana, Responsibility, denuncia lo strabismo di Varsavia chiedendosi come la Polonia possa accettare milioni di ucraini negando l’aiuto a migliaia di altre persone. Una battuta si chiede fuori dai denti: «Perché lo Stato polacco permette che un bambino di Aleppo stia in una palude a temperature sotto lo zero e aiuta un bambino di Mariupol?».