Il 4 giugno, in una piazza del Castello reale di Varsavia gremita da oltre 500 mila persone, sventolavano migliaia di bandiere polacche ed europee. L’ex premier Donald Tusk affidava a quella marea umana una sorta di giuramento solenne: «Vi guiderò alla vittoria». Il riferimento era alle elezioni in programma in Polonia nell’autunno 2023. L’obiettivo altrettanto chiaro: riprendersi il governo del Paese che i fratelli Kaczynski – fondatori del Pis, partito di estrema destra e azionista di maggioranza dell’esecutivo guidato da Mateusz Morawiecki – gli avevano tolto nel 2014.

In questo modo Tusk, primo ministro tra il 2007 e il 2014 e leader del partito di centrodestra Piattaforma civica (Po), ha chiamato a raccolta il popolo polacco «democratico ed europeista». Dalla fine del comunismo non si erano mai così tante persone sfilare per le strade di Varsavia. La data scelta non è casuale: il 4 giugno del 1989 in Polonia si svolsero le prime elezioni parzialmente libere con la vittoria di Solidarnosc, primo sindacato del blocco sovietico a trasformarsi in partito politico.
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Proteste contro l’ultima legge definita dalle opposizioni “anti-Tusk”
Dopo l’esperienza come presidente del Consiglio europeo, terminata nel 2019, e il crollo di Piattaforma civica al 12 per cento nel 2021, Tusk ha deciso di tornare in patria per provare a rianimare l’opposizione e tenere aperta la sfida delle elezioni politiche. Per ora sembra riuscito a polarizzare lo scontro tra il «male» – parole sue – e il «bene», tra «democrazia e autoritarismo». Uno dei motivi della grande adunata del 4 giugno era proprio protestare contro l’ultima legge che la stampa polacca di opposizione ha definito “anti-Tusk”. Voluta dal Pis, prevede fino a 10 anni di interdizione dai pubblici uffici per chi verrà accusato di aver fatto gli interessi del Cremlino e dell’oligarchia russa nell’ultimo quindicennio. Sarà una commissione a stabilirlo ed è proprio sulla sua indipendenza dal governo che aleggiano i timori più grandi. Non a caso Tusk è tacciato, da una parte dell’opinione pubblica polacca, di essere stato l’autore, assieme ad Angela Merkel, di una politica filorussa che avrebbe reso i confini europei più fragili.

Jarosław Kaczynski, amico e alleato sovranista di Giorgia Meloni
Igor Pellicciari, professore ordinario di Storia delle istituzioni e relazioni internazionali all’università di Urbino, spiega a Tag43.it: «La piazza di domenica è un buon segnale per la democrazia, ma non è detto che questo possa incidere sul voto di ottobre. Ricordiamoci che sono sempre le minoranze a protestare e che il Pis è un partito radicato e forte». Governare per nove anni consecutivi, vincendo due elezioni, non è frutto del caso. Motore del successo del sovranismo polacco è stato Jarosław Kaczynski, amico e alleato di Giorgia Meloni in Europa. La «destra social-sovranista», come l’ha definita l’analista politico Marceli Sommer su Limes, è riuscita a imporsi grazie a una politica economica sensibile ai bisogni degli ultimi: l’adozione degli assegni familiari senza limiti di reddito e l’aumento dei salari minimi sono alcuni degli esempi dell’approccio seguito dal Pis.

Cappio ai diritti: dall’aborto alle libertà sessuali
Dalla difesa dei più deboli al sostegno delle istanze più reazionarie il passo è stato breve. E così il partito di Kaczynski ha promosso in questi anni una politica di limitazione di alcuni diritti fondamentali: dall’aborto (la legislazione polacca è la più restrittiva d’Europa in materia di interruzione volontaria della gravidanza) alla libertà sulle scelte sessuali. Nonostante arresti di massa, attacchi fisici e verbali, zone Lgbt-free, la comunità Lgbtq+ e le associazioni per i diritti civili continuano a lottare, anche se il clima di protesta negli ultimi mesi sembra congelato dalla guerra in Ucraina. La protezione della patria dal nemico Vladimir Putin è diventata prioritaria rispetto alle critiche al governo.

Politica estera: consolidare l’asse con gli Usa e il ruolo nella Nato
Ed è proprio in politica estera che la Polonia sta giocando la partita più importante. Forte della sua posizione geografica nel conflitto russo ucraino, ha rinsaldato il suo asse con gli Stati Uniti di Joe Biden, ospite d’onore a Varsavia a febbraio. «L’obiettivo del Pis», spiega ancora Pellicciari, «è consolidare la sua amicizia con gli Usa e il suo ruolo nella Nato per indebolire l’Ue». Unione europea che ora prova ad alzare la voce contro le storture di Varsavia. Lunedì 5 giugno una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue ha infatti confermato che la riforma della giustizia approvata dal governo nel dicembre 2019 viola il diritto europeo. I giudici erano già intervenuti nel 2021, ordinando lo stop della riforma e imponendo una multa da oltre un milione di euro al giorno, poi ridotta ad aprile a 500 mila euro. Uno scontro che ai polacchi è già costato 550 milioni e il congelamento dei fondi europei. Ad appena 24 ore di distanza dalla grande manifestazione di piazza, la decisione della Corte Ue è un punto a favore dell’opposizione. Donald Tusk, arringando la folla in piazza del Castello, ha voluto infondere ottimismo: «Andiamo al voto per vincere, per regolare i conti e per riparare i torti». Poco importa se i sondaggi dicono altro.