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Vedo verde

Il cimitero dei polli

In Polonia dal 2019 un’epidemia aviaria sta devastando gli allevamenti e mettendo in ginocchio il settore. All’origine della strage potrebbe esserci l’elevata concentrazione di animali sul territorio.

16 Giugno 2021 12:3816 Giugno 2021 12:44 Fabrizio Grasso
La Polonia da oltre due anni è il cuore di un'epidemia che sta uccidendo migliaia di polli negli allevamenti del Paese.

«Ho perso tutto. In totale circa 140 mila galline e 500 mila uova». Andrzej Lewandowski è un produttore del villaggio di Brudnice nella contea di Żuromin, fulcro dell’industria polacca del pollo a nord di Varsavia. Le sue dichiarazioni, riportate dal Guardian fotografano bene le conseguenze dell’epidemia aviaria che dal 2019 si è abbattuta sulla Polonia, portando alla morte di 13,5 milioni di uccelli. «Al momento vivo di risparmi, ma se l’anno prossimo la situazione non muterà, sarà la fine».

Cosa sta succedendo ai polli in Polonia

Negli ultimi dodici mesi sono stati rilevati 330 focolai, a fronte dei cinquanta del 2019. L’espansione a macchia d’olio dell’epidemia giunge al culmine di una crescita del settore durata quindici anni, durante i quali la Polonia è diventata il principale produttore di pollame in Europa. Uno sviluppo dovuto anche all’ingresso nell’Unione, avvenuto nel 2004. Se in quell’anno, infatti, le esportazioni erano di circa 142mila tonnellate, oggi superano le 800 mila.

Gli specialisti affermano che proprio l’alta concentrazione di animali nel territorio sarebbe all’origine dell’epidemia. «Nessuno standard di sicurezza può funzionare con simili numeri», afferma al Guardian Piotr Szeleszczuk, professore all’Università delle scienze della vita di Varsavia. «Il virus sfrutta la minima falla nella biosicurezza. È sufficiente che anche una singola fattoria non sia a norma per dare luogo a un focolaio».

Le piccole comunità contro la produzione intensiva

Negli ultimi anni, alcune comunità locali stanno combattendo per cercare di arginare la crescita vorticosa dell’industria avicola. In testa allo schieramento, c’è la sindaca di Żuromin, Aneta Goliat, che dal suo insediamento, nel 2014, lotta per bloccare la costruzione di fattorie nella zona. «La puzza è l’aspetto peggiore», spiega la prima cittadina. «Quando soffia il vento, non si può andare neanche in giardino a prendere il caffè e i vestiti vanno lavati dopo appena un paio d’ore fuori. Questi non sono agricoltori, come amano definirsi. Sono industriali che avvelenano le nostre vite, facendo crollare il valore delle proprietà terriere».

Immediata la reazione da parte delle aziende, che addossano le colpe della diffusione epidemica al clima rigido degli ultimi mesi. «Le misure di sicurezza migliorano di anno in anno», ha dichiarato al Guardian Dariusz Goszczyński, direttore generale del gruppo industriale Polish Poultry Council. «Le condizioni di quest’anno hanno impedito agli allevatori di fare più, non gli si possono addossare colpe».

Troppe carcasse, polli sepolti nei campi

L’epidemia ha colpito anche aree sulla carta lontane dai focolai. A maggio, sono scoppiate proteste intorno ai siti individuati per la sepoltura di migliaia di polli e galline morti, soluzione d’emergenza dato che gli inceneritori non erano in grado di smaltire l’elevato numero di carcasse. «Abbiamo bloccato i camion che le trasportavano, temevamo avrebbero potuto inquinare il suolo e l’acqua», ha dichiarato Andrzej Danielak dell’Associazione polacca di allevatori e produttori di pollame. «Ora ci siamo riusciti, ma in futuro?».

Scatta anche l’allarme salmonella 

Intanto, oltre all’aviaria, l’industria del pollame polacca ha dovuto fare i conti anche con focolai di salmonella. Due ceppi di Salmonella enteritidis in prodotti a base di polli congelati, crudi e impanati provenienti dalla Polonia hanno causato da gennaio 2020 quasi 500 infezioni e almeno un decesso nel solo Regno Unito.

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