La sostenibilità passa anche dai trasporti, ma non ditelo al ministro Matteo Salvini. Mentre il resto dell’Europa spinge verso una mobilità ciclabile, che porta a centri città senza macchine, spostamenti più veloci e qualità dell’aria migliorata, l’Italia come al solito va al rallentatore. Anche e soprattutto per colpa del Capitano leghista, che dall’alto del suo dicastero delle Infrastrutture ha pensato bene di annunciare una revisione del codice della strada, per ridurre gli spazi per chi usa le biciclette, tagliando 93 milioni di euro dalla Legge di Bilancio perché le priorità sono altre: leggasi alla voce grandi opere. Ma qual è lo stato dell’arte di piste e corsie ciclabili nel nostro Paese?
A Bologna ciclisti aumentati del 62 per cento negli ultimi 10 anni
Secondo il 16esimo Rapporto Euromobility è Bologna la città più sostenibile d’Italia in tema di mobilità: merito di un aumento del 62 per cento di ciclisti negli ultimi 10 anni. Il dato cambia però se si considera il numero di chilometri di piste ciclabili per 10 mila abitanti: in quel caso Bologna si posiziona solo al 18esimo posto in Italia con circa 4 km, secondo il dossier “Non è un paese per bici”, pubblicato nel 2022 dalla Clean Cities Campaign. Insomma, anche se i cittadini italiani si armassero di buona volontà, spirito ecologico e vena sportiva inforcando una bici, sono pochi gli spazi dove potrebbero scorrazzare senza patemi evitando il traffico delle auto.

Venezia al primo posto, ma le città europee sono un miraggio
Un problema che certamente non è solo del capoluogo emiliano. In Italia la media di chilometri di piste ciclabili per 10 mila abitanti tra le 14 città metropolitane è di appena 1,5 km. Ci sono alcune eccezioni: Venezia è al primo posto con oltre 6 km, Milano, Torino e Firenze si collocano tra i 2 e i 2,5 km, Roma conta appena un chilometro e Napoli e Catania rispettivamente 0,2 e 0,3. Molte città del Centro-Sud non hanno nemmeno delle ciclabili. E anche nelle città più virtuose la transizione verso una piena ciclabilità resta problematica, soprattutto se confrontata con le metropoli europee: Helsinki e Gent vantano circa 20 km di ciclabili per 10 mila abitanti, Amsterdam e Anversa intorno ai 15 km e Copenaghen 9 km.

Molti capoluoghi di provincia non hanno mai fatto investimenti
Riusciremo mai a colmare questo divario con il resto d’Europa? Stando ai dati del dossier di Clean Cities, per farlo le città italiane avrebbero bisogno di 16 mila chilometri di ciclabili aggiuntive entro il 2030, e un investimento di almeno 3,2 miliardi di euro entro i prossimi sette anni, pari a 500 milioni di euro all’anno. Ma, come abbiamo visto, le politiche del centrodestra al governo con Giorgia Meloni sembrano avere altre priorità. Secondo i dati Istat, tra il 2015 e il 2020 le città italiane hanno aggiunto 857 km di ciclabili, registrando un +20,8 per cento rispetto al 2014. Ma in 38 capoluoghi di provincia e città metropolitane non c’è stato alcun cambiamento; infatti sono prevalentemente quelle già con una certa dotazione di ciclabili a continuare a pianificarne altre, mentre quelle che tra il 2015 e il 2020 non ne hanno create non lo avevano fatto nemmeno prima.

Il caso delle corsie accanto alle carreggiate: meno costose, ma più pericolose
La promozione della ciclabilità in Italia è ancora limitata a causa della scelta fatta da molti Comuni di concentrarsi principalmente sulle corsie ciclabili. Introdotte in Italia a livello legislativo nel 2020, si differenziano dalle piste: sono marcate soltanto da singole strisce bianche, continue o discontinue, trovandosi di fatto sulla stessa carreggiata utilizzata dalle macchine, ma facendo così la creazione di una rete ciclabile completa resta una chimera. Le corsie sono una soluzione più economica per i Comuni e consentono di aumentare il numero di chilometri di percorsi ciclabili nella città, ma sono una scelta meno sicura e adeguata per una transizione completa. È il caso di Bologna: le corsie ciclabili sono state create in molte zone della città, segnalando l’impegno verso una nuova mobilità ecologica, ma non offrono alcuna protezione contro auto e moto.

Stanziati 4,2 milioni per il collegamento tra stazioni ferroviarie e atenei di sei città
Il governo, tra tagli e ripensamenti, qualcosa sta provando a fare: ad agosto del 2022 è stato approvato il Piano generale della mobilità ciclistica 2022-2024, che prevede l’investimento di un totale di 1,154 miliardi di euro per espandere la rete ciclabile urbana e interurbana. Di questi, 600 milioni provengono dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), suddivisi tra ciclovie turistiche (400 milioni) e urbane (200 milioni). Il piano include anche uno stanziamento di 4,2 milioni di euro per la progettazione e la realizzazione di ciclostazioni e interventi di sicurezza ciclistica cittadina per collegare le stazioni con i poli universitari.

Attualmente, i primi sei progetti vedono coinvolte Roma Termini, Padova, Pisa, Bari e Palermo Centrale, Milano Greco Pirelli e i rispettivi atenei dell’Università La Sapienza di Roma, le Università degli Studi di Padova, Pisa e Palermo, l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro e l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. A mesi dall’entrata in vigore del Piano, tanto per cambiare, la situazione non è però delle migliori: quella più avanti è Pisa, che ha completato un chilometro dei 6 previsti e conta di aggiungerne altri 4,5 entro l’anno. Anche Roma, Milano e Padova dovrebbero finire le loro tratte di 1,2 km entro il 2023, mentre per Bari e Palermo si dovrà aspettare il 2024.