Tutti smentiscono, come di prammatica in questi casi. E il più deciso, parlando con operatori a lui vicini, sembra essere proprio lui, Marco Tronchetti Provera. Stessa musica da parte dei cinesi. Sinochem holdings «non ha alcun piano di vendere» la sua partecipazione in Pirelli. È quanto ha precisato la Marco Polo International Italy, per il cui tramite la società controlla il colosso degli pneumatici. «L’articolo secondo cui Sinochem sta valutando la cessione della sua partecipazione in Pirelli non corrisponde al vero».
I cinesi starebbero pensando di vendere il loro 37 per cento per razionalizzare il portafoglio globale
A leggerla sembra una smentita secca, ma secondo quanto risulta a Tag43 il dossier è sul tavolo di varie merchant bank. I cinesi di Sinochem vogliono uscire da Pirelli ma Tronchetti non vuole abbandonare il bastone del comando. Bloomberg ha scritto che i cinesi starebbero pensando di vendere la loro partecipazione del 37 per cento nell’ambito di una razionalizzazione del portafoglio globale. L’agenzia, che ha citato fonti vicine al dossier, secondo le quali per il gruppo petrolchimico la valutazione «è nelle prime fasi della revisione della sua partecipazione in Pirelli», precisano, però, che alcuni potenziali acquirenti, tra cui società di private equity, «hanno già mostrato un interesse preliminare per l’iconica azienda milanese». Sinochem potrebbe anche vendere parte e non tutta la sua partecipazione di controllo, o cedere nel tempo le azioni direttamente sul mercato. Le imprese statali cinesi, su suggerimento del governo di Pechino, stanno rivedendo le proprie attività diversificate, per concentrarsi su quelle del core business. Va ricordato che la quota in Pirelli fu acquistata per circa 8 miliardi di dollari nel 2015.

I costi di finanziamento e il debito di Pirelli sono due ostacoli per ogni potenziale deal
Ma l’operazione non è priva di ostacoli. I costi di finanziamento relativamente alti per gli acquirenti, così come il debito di Pirelli, sono due scogli per qualsiasi potenziale deal. L’azienda aveva una posizione finanziaria netta negativa per 3,4 miliardi al 30 settembre 2022. Senza contare che un eventuale cambio di controllo potrebbe far scattare un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria sul titolo, sceso di circa il 20 per cento negli ultimi 12 mesi (circa 5 miliardi la capitalizzazione di mercato). Per questo Sinochem potrebbe anche decidere alla fine di aspettare tempi migliori. Il gruppo cinese è nato dalla fusione di Sinochem Group e China National Chemical quasi due anni fa. Le sue attività spaziano dall’agrochimica all’alimentazione animale, dalla petrolchimica ai macchinari, fino alle scienze ambientali e alla finanza. Oltre a Pirelli, le sue attività nel settore della gomma e dei pneumatici comprendono anche Aeolus Tyre Co.

La holding Camfin ha un accordo con Sinochem che stabilisce diritti di governance e di management
Guidata dal 75enne Tronchetti Provera, la multinazionale milanese produce pneumatici per marchi automobilistici di fascia alta, tra cui Ferrari, McLaren e Bentley Motors. L’imprenditore lombardo è il secondo maggior azionista con solo il 14,1 per cento mentre un altro investitore statale cinese, Silk Road Fund, controlla il 9 per cento. Li Fanrong, numero uno di Sinochem, presiede da poco anche il consiglio d’amministrazione. C’è da sottolineare che il consigliere non esecutivo Bai Xinping si è dimesso dal board a fronte di nuove responsabilità professionali in Sinochem. Chissà che anche Li Fanrong presto non lo segua. A sua volta la holding Camfin di Tronchetti Provera ha un accordo con Sinochem e altri investitori nel gruppo che stabilisce la governance della società. Gli azionisti Pirelli sono legati da un patto di sindacato rinnovato l’anno scorso con 12 mesi di anticipo che entrerà in vigore in primavera con l’approvazione dei conti 2022 e scadrà nel 2026. L’accordo stabilisce i diritti di governance e di management che assegnano ai cinesi la presidenza, ruolo ricoperto proprio da Li Fanrong, e ai soci italiani la gestione operativa esercitata da Tronchetti Provera e da Giorgio Bruno, deputy ceo.

L’ipotesi di fusione con la Brembo di Bombassei
Quindi non cambia nulla? Certo Tronchetti non vuole certamente cedere senza combattere (e guadagnare) la guida della società, e venderà cara la pelle. Ma molti operatori continuano a scommettere anche su un altro possibile scenario, ovvero una fusione con la Brembo della famiglia Bombassei, leader mondiale nei sistemi frenanti, che di Pirelli già possiede oltre il 5 per cento. Dal punto di vista industriale ci sarebbero sinergie a livello di costi e soprattutto grandi vantaggi a livello commerciale e di ricerca. La strada delle alleanze industriali è inevitabile. La tecnologia sta cambiando tutto. Nella sfida globale dell’auto si profila l’impiego di gomme “intelligenti” capaci di dialogare e di indicare alle centraline i parametri ideali di frenata. Pneumatici che non solo indicano la pressione corretta, ma leggono la strada. Da sola Pirelli non c’è la può fare. Anzi, rischia di finire preda di qualche concorrente come Michelin, Continental, Bridgestone e Goodyear. Si sa che il nuovo governo punta sulla nascita di campioni industriali nazional-europei. E la fusione Pirelli-Brembo potrebbe essere il primo atto di questa politica.