Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, è stato ascoltato per diverse ore dal procuratore di giustizia Alessandro Diddi. A quasi 40 anni da quel 12 giugno 1983, data in cui la sorella scomparve, il Vaticano ha infatti riaperto le indagini sulla vicenda e ascoltato l’uomo in qualità di testimone. Al centro della nuova inchiesta ci sono una serie di messaggi WhatsApp, i documenti di Vatileaks 2 e i dossier sulla scrivania di Ratzinger.
Pietro Orlandi ascoltato dal procuratore Alessandro Diddi
«Ho potuto sfogarmi e ho trovato disponibilità a fare chiarezza, a mettere un punto». Sono state queste le prime parole pronunciate al termine del colloquio durante il quale «abbiamo parlato di tante cose, della famosa trattativa Capaldo, del trasferimento di Emanuela a Londra, di pedofilia e degli screenshot dei messaggi di cui siamo entrati in possesso». Da almeno due anni Pietro chiedeva infatti di essere ascoltato in virtù degli elementi nuovi che aveva raccolto.

«Ho consegnato le chat tra un cardinale e un altro ecclesiastico con precisi riferimenti a Emanuela e ho fatto i nomi delle persone che secondo me dovrebbero interrogare – continua Orlandi -, anche di alti prelati e personaggi eccellenti». Si tratta, in particolare, del Cardinale Re, del Cardinale Sandri, dell’ex comandante della gendarmeria vaticana Giani, del suo vice Alessandrini e dei procuratori Capaldo e Pignatone. Tutte figure che, secondo Pietro, potrebbero essere a conoscenza di dettagli rivelatori. «Diddi mi ha assicurato che la sua volontà è quella di andare fino in fondo nella ricerca della verità, senza fare sconti a nessuno. Ho trovato molta disponibilità nel fare chiarezza e loro hanno detto che hanno ricevuto l’incarico da Papa Francesco per indagare a 360 gradi», ha aggiunto.
La frase su Wojtyla: «La sera usciva e..»
Dopo l’interrogatorio con il procuratore, il fratello di Emanuela è stato ospite a Di Martedì, il programma di Giovanni Floris su La7. Qui ha affermato di aver parlato anche dell’ormai nota intervista shock in cui Renatino De Pedis, boss della Banda della Magliana, aveva fatto esplicite accuse a Papa Giovanni Paolo II. Queste le parole del malavitoso ascoltabili in un audio: «[…] Wojtyla pure insieme se le portava a letto, se le portava, non so dove se le portava, all’interno del Vaticano. Quando è diventata una cosa che ormai era diventata una schifezza, il segretario di Stato ha deciso di intervenire. Ma non dicendo a Wojtyla ora le tolgo da mezzo. Si è rivolto a chi? Lui essendo esperto del carcere, perché faceva il cappellano al riformatorio, si è rivolto ai cappellani del carcere. Uno era calabrese, un altro un furbacchione. Un certo Luigi, un certo padre Pietro: non hanno fatto altro che chiamare De Pedis e gli hanno detto sta succedendo questo, ci puoi dare una mano? Punto. Il resto so tutte caz*ate».

Orlandi ha affermato che nell’audio ci sono riferimenti molto precisi sul Pontefice e su come lo chiamavano all’interno del Vaticano. «Ho detto che questa persona o il Vaticano o la procura di Roma lo deve ascoltare, perché fa delle accuse molto gravi e bisogna capire se ha delle prove, chi gliel’ha detto», ha sottolineato Pietro.
«Mi hanno chiesto che prove avessi io. Io non ne ho, ma sento quest’audio e sento nell’ambiente vaticano che le persone restano molto meno sconvolte quando faccio accenno a questa situazione rispetto a politici e giornalisti. Mi dicono che il Papa ogni tanto usciva di sera e andava in giro con due suoi amici polacchi, qualcuno mi dice che non andava certo a benedire delle case. Non ho mai detto che Papa Giovanni Paolo II era un pedofilo, ma ho detto che è giusto indagare a 360 gradi. Io penso che nel 2023 non possono esserci persone intoccabili», ha concluso.