Anche le ultime dichiarazioni non lasciano dubbi: la pace non la vuole nessuno. Da una parte il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha ribadito che la Russia raggiungerà tutti i suoi obiettivi in Ucraina attraverso operazioni militari o altri mezzi, sebbene non siano molto ben definiti né gli obbiettivi né gli altri mezzi; dall’altra il capo dell’intelligence di Kyiv, Kirill Budanov, ha fatto sapere che la controffensiva ucraina comincerà presto e in questo caso, benché di contrattacco per ora non ci sia l’ombra, almeno l’obiettivo è chiaro ed è quello di respingere i russi fuori dal Donbass e dalla Crimea, ritornando ai confini del 2013.

All’orizzonte nemmeno una tregua, figurarsi la pace
I proclami, che vengono ripetuti da Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky nel corso di questa guerra, sono quindi i soliti e se Mosca e Kyiv non vedono sul loro orizzonte nemmeno una tregua, figurarsi la pace. Fa poco testo il cosiddetto piano di pace presentato dal presidente ucraino qualche mese fa, dove viene detto molto di ciò che si dovrebbe fare senza però dire come, e anche l’iniziativa di mediazione avviata da Pechino è l’espressione di una posizione sul conflitto e non un piano per risolverlo.

I 10 punti di Zelensky: dalla sicurezza nucleare al trattato
In dettaglio i 10 punti del piano di Zelensky sono comunque questi: si va dalla sicurezza nucleare (1), con il ripristino del controllo intorno alla più grande centrale nucleare d’Europa, Zaporizhzhia, a quella alimentare (2), con la garanzia delle esportazioni di cereali dell’Ucraina; si passa poi alla sicurezza energetica (3), vale a dire da un lato l’esclusione dai mercati occidentali della Russia e dall’altro il ripristino delle infrastrutture di Kyiv; ci sono poi la questione della liberazione dei prigionieri (4), quella dell’integrità territoriale dell’Ucraina (5) e quella del ritiro delle truppe russe e della cessazione delle ostilità con il ripristino dei confini di stato dell’Ucraina con la Russia (6); gli altri riguardano la giustizia (7), compresa l’istituzione di un tribunale speciale per perseguire i crimini di guerra russi; i temi ambientali (8), con la necessità della protezione dell’ambiente, con particolare attenzione allo sminamento e al ripristino degli impianti di trattamento delle acque; la prevenzione dell’escalation del conflitto e la creazione di un’architettura di sicurezza nello spazio euro-atlantico, con garanzie fornite all’Ucraina (9); l’ultimo punto concerne la conferma della fine della guerra, con la firma di un trattato (10).

Il decalogo cinese: rispettare la sovranità di entrambi i Paesi
Quella della Cina è, fin dal titolo del documento ufficiale di presentazione, una posizione, non un piano di pace, che contiene 10 punti da cui partire per venire a capo del conflitto. Per Pechino la lista del to do prevede quindi di: 1) rispettare la sovranità di tutti i Paesi; 2) abbandonare la mentalità della guerra fredda; 3) cessare le ostilità; 4) riprendere i colloqui di pace; 5) risolvere la crisi umanitaria; 6) proteggere i civili e i prigionieri di guerra; 7) mantenere sicure le centrali nucleari; 8) ridurre i rischi strategici; 9) facilitare le esportazioni di grano; 10) fermare le sanzioni unilaterali che non possono risolvere la questione. In queste settimane l’inviato speciale di Xi Jinping per le questioni ucraina, Li Hui, sta viaggiando per mezza Europa, passando anche da Kyiv e Mosca, per tastare le possibilità di mediazione, ben sapendo comunque che per il vero processo di pacificazione non si può fare a meno degli Stati Uniti, che nell’economia di guerra sono il maggior azionista dell’Ucraina.

La vera differenza? Il ritiro dal Donbass e dalla Crimea
In entrambi i casi comunque le due iniziative si presentano relativamente vaghe e la principale differenza consiste nel fatto che il piano ucraino prevede in sostanza veri colloqui di pace dopo che la Russia si sarà ritirata dal Donbass e dalla Crimea, mentre la proposta cinese punta prima sulla tregua, dalla quale devono partire le trattative. Il blocco occidentale che sostiene l’Ucraina finora ha sostenuto la linea per cui la guerra deve essere vinta sul campo da Kyiv e ha appoggiato Zelensky nella strategia prima di difesa e poi di contrattacco, anche se al momento la controffensiva ucraina non sembra essere ancora partita. In ogni caso Usa e Unione europea non si sono adoperati per sviluppare un quadro per la futura pacificazione. La priorità cinese pare essere invece quella di mettere un coperchio al pentolone che bolle prima che esploda: da qui la necessità di un cessate il fuoco, che in questo momento darebbe il vantaggio territoriale alla Russia. Nelle scorse settimane sono state annunciate anche altre iniziative internazionali, dal Sudafrica al Brasile, passando ovviamente per quelle della Chiesa cattolica, con il papa che ha affidato la missione di mediazione al cardinale Matteo Zuppi, che ha già espresso la sua prima richiesta per cercare la pace: sforzi creativi.