Piccola peste comincia a far danni

Redazione
30/06/2021

Una forma meno grave di quella diffusasi nel Medioevo avrebbe portato, oltre 5 mila anni fa, alla morte di un uomo di circa trent'anni. È la prima vittima accertata riconducibile alla malattia.

Piccola peste comincia a far danni

Risalirebbe a oltre 5 mila anni fa la prima vittima accertata di peste. Si tratterebbe di un cacciatore-raccoglitore di circa trent’anni. A rivelarlo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università Christian-Albrecht di Kiel, in Germania, e pubblicato sulla rivista scientifica Cell Reports.

Secondo gli scienziati, come riferisce il Guardian, decisivi per la scoperta sarebbero state le analisi, più ampie, effettuate su denti e ossa del cranio di un campione di quattro individui sepolti a Riņņukalns, un sito lungo il fiume Salaca, in Lettonia. I resti, databili tra 5.300 e 5.050 anni fa, apparterrebbero a una giovane donna, un bambino e due uomini, e sono stati portati alla luce in due scavi, uno del XIX secolo e un altro di pochi anni fa.

Nelle ossa trovato il batterio della peste

Esaminando le ossa, alla ricerca di segni di agenti patogeni noti, è stata così riscontrata la presenza del Yersinia Pestis, batterio che costituisce la causa primaria della peste, in uno degli uomini, la cui età è stimata tra 20 e 30 anni. Non solo c’erano frammenti di Dna del batterio, ma anche alcune sue proteine. «Ad oggi è la più antica vittima di peste conosciuta», afferma Ben Krause-Kyora, biochimico e archeologo coautore della ricerca.

«Riteniamo però che queste prime forme batteriologiche non siano state in grado di causare grandi epidemie», continua il professore, facendo cadere l’ipotesi avanzata qualche anno fa dal collega di Copenaghen Simon Rasmussen, secondo cui il massiccio calo della popolazione avvenuto circa 5500 anni, invece, fa sarebbe stato causato proprio dalla peste. Nel 2018, era stato un ritrovamento del ceppo virale in una ventenne del quinto millennio aC., appartenente a una comunità rurale in Svezia, a far credere agli esperti che ci fosse stata una massiccia diffusione della malattia.

Una peste senza vettore

Come afferma il nuovo studio di Krause-Kyora, però, al ceppo virale mancherebbe il gene capace di diffondere la peste attraverso le pulci, principali vettori dell’epidemia bubbonica durante il Medioevo. Secondo il team, in realtà, l’uomo in questione sarebbe morto a causa della peste setticemica, un’infezione del sangue causata dal morso di un roditore, oppure da un’infezione polmonare, che si diffonde nell’apparato respiratorio tramite goccioline. I ricercatori, analizzando i livelli di Dna di Yersinia Pestis presenti nell’uomo, suggeriscono inoltre che potrebbe aver convissuto con la peste per diverso tempo. Altro elemento che fa pensare a una malattia meno grave di quella diffusasi nel Medioevo.

Non è la peste ad aver causato il calo demografico

Krause-Kyora ha affermato che i risultati dello studio, le tracce di Yersinia Pestis rinvenute in diversi scheletri risalenti a periodi antichi e le modalità di sepoltura dell’uomo ritrovato in Lettonia, confermano l’improbabilità che la peste sia la causa del calo demografico dell’epoca. Piuttosto, fattori come il cambiamento climatico potrebbero aver giocato un ruolo decisivo.

Il professor Rasmussen ha accolto con favore lo studio dei colleghi tedeschi, anche se continua a non escludere che la peste abbia influenzato il calo demografico. «Sappiamo di grandi insediamenti, commerci e spostamenti costanti in questo periodo storico», conclude l’esperto. «È ancora dunque plausibile che una diffusione della peste in Europa occidentale abbia scatenato un’epidemia».