Tutto ebbe inizio nel 1338, in Kirghizistan. Non è l’incipit di un romanzo, ma la data zero della peste nera, la peggiore epidemia della storia umana. Si tratta infatti della malattia che nel Medioevo uccise quasi il 60 per cento della popolazione eurasiatica per un totale di decine milioni di vittime. Un nuovo studio tedesco e scozzese ha oggi identificato tracce di Yersinia pestis, il batterio alla base della peste, nei denti di tre individui provenienti dal lago Issyk-Kul, nel nord del Paese. «È una scoperta notevole», ha detto al Guardian Johannes Krause, docente del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia. «Non solo è l’antenato della peste nera, ma della maggior parte dei ceppi che circolano ancora oggi nel mondo».
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L’origine della peste nera risale al 1338 in Kirghizistan
La nuova ricerca, disponibile sulla rivista Nature, è opera del Max Planck Insitute di Lipsia e dell’Università di Stirling in collaborazione con l’Università di Pisa. Il team ha sfruttato uno studio dello storico scozzese Philip Slavin sul lago Issyk-Kul, nel nord del Kirghizistan. L’esperto ha analizzato due cimiteri della zona contenenti 467 tombe datate fra il 1248 e il 1345, 118 delle quali risalenti al 1338-39. Ha scoperto inoltre che le iscrizioni su tali lapidi identificavano la causa del decesso con mawtana, termine semitico traducibile con il moderno “pestilenza”. Una rivelazione unica, che ha subito destato sospetti. «Una mortalità eccessiva come questa corrisponde a un evento particolare», ha detto Slavin in conferenza stampa. «Inoltre si tratta di sette o otto anni prima dell’arrivo in Europa della peste nera».

Ulteriori ricerche hanno permesso di capire che il sito era già stato oggetto di scavo nel 1880, quando 30 scheletri furono rimossi dalle loro tombe e che oggi riposano in Russia, nelle teche del Museo di Antropologia ed Etnografia di Pietro il Grande a San Pietroburgo. Grazie all’ausilio del dottor Krause e della professoressa Maria Spyrou dell’Università di Tubinga, Slavin è riuscito a estrarre il Dna dai denti di sette individui. Tre di loro contenevano tracce di Yersinia pestis, il batterio alla base della peste bubbonica. Si tratta dell’antenato del ceppo che diede inizio alla morte nera, la malattia che decimò nel Medioevo la popolazione europea. Altamente contagiosa, si propagò tramite puntura delle pulci dei ratti, oppure in via indiretta tramite il morso dei topi o altri roditori infetti. Nel 1347, la malattia giunse in Europa attraverso le navi mercantili, diffondendosi in tutto il continente, in Africa settentrionale e nel Medio Oriente.
La malattia è ancora oggi presente nei roditori selvatici, ma è curabile
Il sequenziamento degli agenti patogeni antichi è da anni protagonista di numerosi studi storici. Il primo riconoscimento dello Yersinia pestis risale al 2011, quando un team di scienziati lo identificò in due vittime all’interno di una fossa comune a Londra. Da allora, simile materiale genetico è stato recuperato da tombe in tutta Europa e nella Russia meridionale. Si stimò che circolasse già molto prima di causare milioni di vittime nel vecchio continente, fra il X e il XIV secolo, ma mai nessuno era riuscito a dare dettagli più precisi fino a oggi. «I cimiteri nel Kirghizistan sembrano essere esattamente alla base di tale propagazione», ha detto la dottoressa Spyrou. Ulteriori prove sono poi giunte dal confronto con il ceppo tuttora esistente nei roditori moderni, tra cui le marmotte del Tian Shan al confine con la Cina. Sebbene ancora presente nel mondo, la malattia è però curabile con antibiotici.
