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Pesca al collasso tra caro gasolio e mancanza di ammortizzatori

Il caro gasolio esploso con la guerra in Ucraina è solo l’ultima tegola per un settore che ora rischia di collassare. Le associazioni di categoria chiedono al governo misure concrete per fare fronte all’emergenza. Che però tardano ad arrivare. Il punto.

21 Giugno 2022 14:09 Sara Tagliente
Pesca al collasso tra caro gasolio e mancanza di ammortizzatori

L’impatto visivo dei pescherecci fermi nei porti è disarmante. Colpa del caro carburante, l’ennesima tegola su un settore in crisi da tempo. Il gasolio è la prima voce di spesa per un’imbarcazione da pesca: rappresenta il 60 per cento dei costi vivi totali, più delle retribuzioni del personale di bordo. Da una media che nel 2021 si era stabilizzata attorno ai 0,48-60 centesimi al litro, si è passati agli odierni 1,10-1,23 con punte di 1,30 negli ultimi giorni. Ciò significa una sola cosa: i costi diventano maggiori dei ricavi e quindi uscire in mare è insostenibile. Per questo è scattata la protesta in tutta Italia, particolarmente accesa in Adriatico e in Sicilia. Dallo scorso marzo le associazioni datoriali, Alleanza delle Cooperative Italiane Pesca, Coldiretti e Federpesca, hanno dato vita a una serie di agitazioni, compresa la serrata, e cioè a non far uscire più le imbarcazioni dai porti.

Le associazioni chiedono lo sblocco degli aiuti in tempi rapidi

Le associazioni chiedono il rapido utilizzo del credito di imposta previsto con il decreto legge 21/2022 ma ancora inattuato e la proroga del contributo anche al secondo trimestre 2022 per recuperare una parte dei pagamenti delle fatture carburante. Il governo inoltre sta pensando allo stanziamento di 20 milioni di euro per fronteggiare la nuova emergenza. Sarebbe un filo di ossigeno per un settore che rischia di andare in default. E che riduce l’offerta di pesce fresco e nostrano in pescheria e ai ristoranti. «Questa è un battaglia che facciamo da anni con Coldiretti», spiega a Tag43 Daniela Borriello di Coldiretti Impresa Pesca, «molti consumatori non conoscono i nostri pesci e spesso scelgono la grande distribuzione che magari non offre pescato nostrano ma da fuori, con tanti giorni di viaggio alle spalle». Con il fermo delle imbarcazioni, continua Borriello, «è aumentata l’importazione perché la domanda non è diminuita. Questo comporta un maggior danno per il settore e per la qualità generale di quello che troviamo sulle nostre tavole e su quelle dei ristoranti. È una situazione critica. Stiamo tentando di fare pressione ai tavoli per lo sblocco degli aiuti in tempi rapidi. La burocrazia non favorisce questo percorso e mentre aspettano i soldi, i pescatori non escono, non lavorano, non guadagnano. Lo sblocco delle risorse è fondamentale per la loro sopravvivenza».

Pesca al collasso tra caro gasolio e mancanza di ammortizzatori
Un peschereccio in Adriatico (Getty Images).

I limiti posti dalle leggi comunitarie ignorate nel Mediterraneo del Sud

«In questo periodo abbiamo attenzione mediatica per via della protesta legata al gasolio», aggiunge Felice Mammolitti pescatore di Genova e membro Coldiretti, «ma vorrei sottolineare tutti gli altri aspetti che in questo momento rendono la pesca nel Mediterraneo antieconomica e impraticabile. Mi riferisco ai numerosi divieti che le leggi comunitarie europee ci impongono: per esempio i divieti per la pesca del gambero e del bianchetto o le numerose restrizioni per la pesca a strascico. Sono norme dettate da Paesi che hanno flotte più numerose di quelle italiane e non si dedicano alla pesca artigianale ma a quella industriale che porta grandi numeri e giri d’affari. Si dice che queste leggi debbano tutelare la biodiversità e il mare. Mi permetto di obbiettare che nel sud del Mediterraneo flotte e pescherecci libici, ciprioti e turchi non rispettano queste leggi perché non vi sono soggetti. E sono liberi di trattare il mare come gli pare, vanificando i nostri sforzi. Infine, i pescatori italiani seguono da sempre la stagionalità e quello è il miglior modo per essere sostenibili».

La politica non si è mai occupata seriamente dei problemi del settore

La legge sulla pesca dell’Unione Europea è la 404 del 2011. Renata Briano, ex europarlamentare Pd oggi lontana dalla politica, nel 2014 si era occupata di pesca ascoltando i pescatori di Genova sui problemi arrivati dopo il regolamento. «Se devo fare una riflessione a ritroso», spiega, «mi rendo conto che la politica italiana è stata poco presente sul tema della pesca, anche nell’iter della legge 404 prima del 2011. Mi sono resa conto che non è un tema centrale come dovrebbe essere e la politica italiana in Europa non ha mostrato il giusto interesse sul comparto nei momenti decisionali che si svolgevano e si svolgono tutti ai tavoli europei».

La battaglia per l’estensione della Cisoa al settore pesca

L’emergenza del momento però resta il caro carburante. «La situazione era critica anche prima del conflitto in Ucraina», fa notare Francesca Biondo, direttrice di Federpesca, «perché i prezzi del gasolio erano già cominciati a salire mesi prima dell’invasione russa. Stiamo lavorando attivamente al tavolo di crisi: uno dei temi è la durata di questa congiuntura e la situazione di incertezza per cui i pescatori non vedono prospettive di miglioramento a breve termine». Per questo, aggiunge, «stiamo lavorando a strumenti concreti che diano una solida mano in questo momento e nel medio periodo. Il primo è l’emendamento per il credito d’imposta per l’aumento dei costi da allargare anche al secondo trimestre. In secondo luogo è stato pubblicato un decreto per un contributo una tantum, replicando quello stanziato durante la pandemia. Inoltre ci stiamo battendo per l’estensione della Cisoa (Cassa Integrazione Salariale Operai Agricoli, ndr) al settore della pesca: il percorso lo abbiamo delineato in questi mesi ma mancano i decreti attuativi. In questo momento è decisivo poter contare su un ammortizzatore sociale che ci permetta di attraversare questi mesi».

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