La Foresta Amazzonica soffre per la crisi politica che sta attraversando il Perù. Il Paese sudamericano, che negli ultimi cinque anni ha visto l’avvicendamento di quattro presidenti, ha infatti trascurato la salute del grande polmone terrestre nonostante l’impegno per la sua salvaguardia. Lo rivela un rapporto della Amazon Conservation Association in collaborazione con l’Università del Maryland. I dati hanno certificato come negli ultimi 10 anni la deforestazione abbia toccato per sei volte i massimi storici. Fra le cause principali vi sono le reti criminali e la manodopera a basso costo, oltre alla imprese estere che si appropriano di terreni per la coltivazione.
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I dati peggiori sulla Foresta Amazzonica in Perù risalgono al 2020
L’analisi, come riporta Ap News, è frutto del Monitoring of the Andean Amazon Project, un’iniziativa della società senza scopo di lucro Amazon Conservation Association. Gli esperti, in collaborazione con gli studiosi dell’Università del Maryland, hanno tracciato i grafici di deforestazione negli ultimi anni, portando alla luce risultati preoccupanti. Negli ultimi 10 anni, infatti, la deforestazione in Amazzonia ha toccato per sei volte i massimi storici. L’annus horribilis è stato il 2020, quando il solo Perù ha visto svanire 170 mila ettari di foresta pluviale. Lo scorso anno il numero è stato leggermente più basso, ma è comunque risultato il sesto peggiore di sempre. Secondo gli esperti, il problema è dovuto alla crisi politica che da sei anni agita il Perù. Dal 2016, al governo si sono avvicendati quattro presidenti e anche l’attuale leader, Pedro Castillo, ha dovuto affrontare due tentativi di impeachment in meno di 12 mesi.

«La crisi politica ci ha distratto dai problemi ambientali», ha ammesso con Ap l’ex ministro dell’Ambiente Manuel Pulgar-Vidal. «Pandemia e guerra in Ucraina, poi, hanno ancor di più alimentato il problema». La Foresta Amazzonica, intanto, continua a lottare contro problemi ormai sotto gli occhi di tutti. Sulla falsariga della parte brasiliana, allevamenti di bestiame e agricoltura fagocitano ampie porzioni di foresta. Il rapporto infatti ha identificato tre responsabili, ossia le grandi imprese di olio di palma, le reti criminali che commerciano legname e droga e la manodopera a basso costo. Il tutto senza dimenticare i migranti delle zone più povere che si impossessano illegalmente di vari terreni per le piantagioni di coca e l’estrazione dell’oro. Per quest’ultimo, il 28 per cento della produzione non è conforme alla legge, mentre sempre meno permessi si affiancano al taglio degli alberi.
La distruzione della foresta pluviale potrebbe avere effetti irreversibili
La Foresta Amazzonica è la più grande area boschiva pluviale del Pianeta, nonché una delle sue principali fonti di ossigeno. Il Perù ne ospita la seconda porzione più vasta dopo il Brasile. A seguito della crisi climatica e del mancato operato delle due nazioni, il suo stato di salute preoccupa sempre più. L’eventuale distruzione rischierebbe non solo il rilascio di enormi quantità di carbonio nell’atmosfera, ma anche l’avvio di un processo irreversibile di degrado che la renderà di fatto una savana. Senza Amazzonia, potrebbe inoltre risultare impossibile porre un freno al surriscaldamento globale.
El peruano Manuel Pulgar-Vidal liderará, como presidente interino, la nueva Comisión de #CrisisClimática de la Unión Internacional para la Conservación de la Naturaleza (@IUCN).@manupulgarvidal @WWFespana @WWF @mitecogob https://t.co/382P9o8pnq
— EFEcomunica (@EFEcomunica) May 31, 2022