Premesso che gli articoli che iniziano con una premessa già cominciano male, devo fare una premessa: la vera notizia non è che Elly Schlein nell’intervista esclusiva a Vogue ha dichiarato di affidare la scelta dei suoi outfit a una personal shopper armocromista, la bolognese Enrica Chicchio. La notizia è che la dichiarazione sulla personal shopper armocromista è probabilmente la cosa più nuova, originale, stimolante e comprensibile detta ultimamente da Elly Schlein. Se i media ci si sono buttati a pesce non è solo perché è il classico dettaglio pop e frivolo acchiappa-clic, ma perché è davvero una boccata d’aria fresca dopo settimane passate a commentare le «sgrammaticature istituzionali» di Ignazio La Russa sull’antifascismo o ad aspettare dichiarazioni pro-Resistenza da Giorgia Meloni manco fossero le lacrime di sangue della madonna di Trevignano. Quanto a Schlein, niente di meglio che un’uscita a proposito di vestiti per farci smettere di tossire dopo il fumogeno verbale da lei emesso a proposito del termovalorizzatore di Roma («Ereditiamo scelte già fatte, ma non è sul terreno delle scelte già fatte che noi vogliamo costruire a partire dalla nostra piattaforma congressuale», eccetera eccetera…).
Cercasi serie con un’eroina impegnata nella vestizione di politiche
Evviva evviva la personal shopper, dunque; e mi va di parlarne anche perché, guarda caso, sto rileggendo la saga della personal shopper più famosa della chick-lit, l’indimenticabile Becky Bloomwood protagonista della serie I Love Shopping (in originale, Shopaholic) di Sophie Kinsella. Il sogno di Becky è diventare l’addetta al look di una celebrità, obiettivo che raggiunge temporaneamente in I Love Shopping a Hollywood. Per quanto ne so, Kinsella non cimenta mai la sua pasticcionissima eroina nella vestizione di una politica (una pseudo-Theresa May o Liz Truss) anche se sarebbe sicuramente stato il capitolo più esilarante della serie. Se qualche editore volesse realizzare la trama in versione italiana, mi candido volentieri a scriverla.
L’armocromia inventata quarant’anni fa dall’americana Carole Jackson
Ma torniamo alla neo-segretaria del Pd e alla sua consulente d’abbigliamento, Enrica Chicchio, specializzata non solo nello scegliere gli indumenti e gli accessori più appropriati alla personalità e alle esigenze pubbliche dei suoi clienti, ma anche nell’accostarne la gamma delle tinte armonizzandole ai colori della persona, analizzati secondo quattro variabili, sottotono, valore, intensità e contrasto, e raggruppati in base alle quattro stagioni. È quanto prescrive il sistema dell’armocromia, inventato circa quarant’anni fa dall’americana Carole Jackson e diffuso recentemente in Italia dalla seguitissima consulente d’immagine Rossana Migliaccio.

Sarebbe un disastro se l’armocromatismo schleiniano si trasmettesse al Pd
Chicchio ha classificato Schlein come una «donna-inverno», cui si addicono i colori freddi, contrastanti e saturi – gli stessi delle mise sfoggiate dalla leader dem nelle foto che corredano il servizio di Vogue e anche, presumibilmente, di ciò che le abbiamo visto addosso nelle sue ospitate in tivù. Non è power-dressing, un concetto che a Chicchio non piace, perché è come un’armatura che esprime prevaricazione, mentre «l’unica armatura di Elly è il potere delle sue idee», dunque il suo look sarà tanto più efficace quanto più esprimerà ciò che lei è e pensa. E questo potrebbe indurre nel popolo dem qualche timore armocromatico, e cioè che anche le sue idee siano fredde, contrastanti e sature, come il verde-glauco del trench che porta in uno degli scatti di Vogue. Sarebbe un vero disastro se l’armocromatismo schleiniano si trasmettesse al Pd. Che è già da un pezzo un partito-inverno: freddo, pieno di contrasti interni e con un elettorato ormai saturo. Che si è affidato a Schlein proprio perché chiuda finalmente l’inverno del loro scontento e rivesta la sinistra di colori e speranze primaverili, se non addirittura estive.

Il costo della prestazione va dai 140 ai 400 euro? Più economica di molti guru
Forse è tutto il Pd, e non solo la sua leader, che dovrebbe chiedere consiglio a Enrica Chicchio, per presentarsi con una veste davvero convincente. Oltretutto, fra tutti i guru, consulenti e pittoresche eminenze grigie di cui si sono circondati i politici italiani in ascesa, la personal shopper bolognese appare come la più seria, preparata e, tutto sommato, economica. Il costo delle sue prestazioni va dai 140 ai 400 euro, decisamente più abbordabile delle tariffe di Jim Messina, lo spin-doctor americano di Matteo Renzi all’epoca della campagna elettorale dei referendum 2016, profumatamente pagato (si parlò di 400 mila euro) per sfornare slogan che sortirono i noti e sconfortanti risultati. Forse, se li avesse elaborati secondo l’armocromia, anziché alla «dick of the dog», avrebbero ottenuto un successo maggiore, o un insuccesso meno clamoroso.

Sicuramente Chicchio, residente in Italia, sarebbe una scelta più parsimoniosa rispetto a Mimmo Parisi, il professore dell’Università del Mississippi con un curriculum di 18 pagine, non tutte limpidissime, convocato nel 2019 dall’allora vice-premier Luigi Di Maio per traghettare i percettori di reddito di cittadinanza verso nuovi lavori grazie a navigator e app. La sua inutile trasferta ci è costata 70 mila euro di voli Italia-Mississippi, 50 mila per auto con conducente, 30 mila per la casa in affitto ai Parioli. Chissà, magari non sapeva abbinare navigator e lavoro, ma negli abbinamenti armocromatici giacca-cravatta Parisi era un genio.
