Pelle umana ringiovanita di trent’anni, la ricerca arriva dal Regno Unito

Fabrizio Grasso
08/04/2022

Nel Regno Unito, i ricercatori sono riusciti a far tornare indietro di 30 anni le cellule della pelle di una donna. L'esperimento in vitro potrebbe essere il primo passo per un contrasto più efficace ad Alzheimer e cataratta.

Pelle umana ringiovanita di trent’anni, la ricerca arriva dal Regno Unito

La notizia arriva dal Regno Unito. Qui un gruppo di ricercatori è riuscito a ringiovanire le cellule umane di una donna, portando indietro le lancette di circa 30 anni. La tecnica ha preso spunto dalle ricerche del premio Nobel per la medicina Shinya Yamanaka sulla trasformazione cellulare operando ovviamente qualche accorgimento. La scoperta potrebbe aprire nuovi scenari nella medicina rigenerativa e nella lotta contro le malattie dell’invecchiamento. «Per anni abbiamo solo sognato questo genere di risultati», ha detto alla Bbc Wolf Reik, capo dello studio.

I dettagli dello studio britannico sulle cellule della pelle

La ricerca è opera di un team del Babraham Institute di Cambridge ed è disponibile sulla rivista scientifica eLife. Come sottolinea la Bbc, per ringiovanire i fibroblasti – le cellule della pelle – gli scienziati hanno utilizzato una tecnica di riprogrammazione cellulare già ideata da Shinya Yamanaka, premio Nobel per la medicina nel 2012. Il professore giapponese aveva infatti ottenuto il riconoscimento grazie al suo metodo per trasformare cellule mature e differenziate in cellule staminali pluripotenti indotte. Il nuovo studio britannico ha preso la sua tecnica adattandole alle attuali necessita. I ricercatori hanno usato i fattori di Yamanaka – cocktail di proteine che comprende Oct4, Sox2, Klf4 e cMyc – sulle cellule per soli 13 giorni invece che 50 previsti dal giapponese.

I risultati hanno mostrato come le suddette cellule non solo abbiano perso tutti i segni legati all’età, ringiovanendo di 30 anni, ma persino, per un breve periodo, l’identità genetica. L’esperimento britannico ha infatti notato incredibili miglioramenti nella riparazione cellulare. Simulando una ferita in provetta, gli scienziati hanno osservato maggiore rapidità di intervento dei fibroblasti ringiovaniti rispetto a quelli esclusi dal trattamento. Incoraggiante anche la risposta in merito ai geni che fanno riferimento a malattie e sintomi dell’invecchiamento tra cui il morbo di Alzheimer e lo sviluppo della cataratta. «Giorni fa simili esperimenti in vivo sui topi avevano dato risultati eccellenti», ha detto all’Ansa Giuseppe Novelli, genetista di Roma Tor Vergata. «I dati inglesi confermano tale strada almeno per quanto riguarda la pelle ma rinfrescare le cellule negli umani che invecchiano sarà molto complicato».

I prossimi studi riguarderanno muscoli, fegato e sangue

Nonostante il grande traguardo, gli scienziati confermano come ci sia ancora molto lavoro da fare. La riprogrammazione potrebbe dare origine a tumori, pertanto necessita di ulteriori studi prima di poter lasciare il laboratorio e approdare in clinica. Il prossimo passo riguarderà i tessuti come muscoli e fegato oltre alle cellule del sangue. «Se dovessimo ottenere conferme in campo immunitario, dove le cellule sono meno reattive con l’avanzare dell’età, potremmo aumentare la risposta alla vaccinazione», ha detto alla Bbc Melanie Welham, presidente esecutiva del Biotechnology and Biological Sciences Research Institute. «Saremmo così in grado di combattere le infezioni e gli attacchi virali».

Cellule della pelle ringiovanite grazie a uno studio nel Regno Unito. La scoperta aiuterà contro ferite e malattie legate all’invecchiamento.
L’ingrandimento di una delle cellule studiate in laboratorio (Twitter)

La grande domanda è però se tale scoperta potrebbe rappresentare il primo passo verso un elisir della giovinezza o una pillola contro l’invecchiamento. È difficile, ma il professor Reik non ha chiuso del tutto la porta. «Sui topi ha funzionato», ha ricordato l’esperto. «Abbiamo notato ringiovanimenti del pancreas, un elemento chiave per affrontare il diabete». Più scettico invece Robin Lovell-Bridge, professore del Crick Institute di Londra, che vede ancora molti ostacoli. «È ambizioso provarci, ma ci potrebbero essere intoppi». Intanto negli Stati Uniti ha preso vita Altos Labs, startup con finanziamenti della Silicon Valley, che ha assunto diversi premi Nobel per lavorare sul ringiovanimento cellulare nel prossimo futuro.