Madame Claude, Pegasus e gli 007 marocchini

Redazione
20/07/2021

Rabat ha usato il malware israeliano per spiare il sindaco e una ex prof di storia 65enne di Ivry-sur-Seine. Si tratta della moglie di Naâma Asfari, militante sarawi in carcere. La guerra per il Sahara occidentale si combatte anche alle porte di Parigi.

Madame Claude, Pegasus e gli 007 marocchini

Perché tra le 50 mila utenze spiate con Pegasus c’erano anche quelle di un sindaco di una cittadina della banlieue di Parigi, di una ex professoressa 65enne sua concittadina e di un avvocato di provincia? Eppure i loro smartphone erano infestati dal malware prodotto dalla società israeliana Nso. Il mandante? Il Regno del Marocco. E il motivo è la questione decennale dell’indipendenza del Sahara occidentale. Tra l’altro anche il telefono del presidente francese Emmanuel Macron potrebbe essere stato controllato dai servizi marocchini. Lo riporta Le Monde, spiegando che nel 2019 nella rete di Pegasus erano finitoi anche l’allora primo ministro Edouard Philippe e 14 ministri del suo governo.

Il sindaco di Ivry-sur-Seine e il finanziamento ai ragazzini sarawi

Philippe Bouyssou, sindaco di Ivry-sur-Seine, città operaia e fortino rosso di 60 mila abitanti della periferia sudest di Parigi, ha saputo il 6 luglio di essere sotto controllo. Solo una settimana prima, il 30 giugno, si era tenuto un consiglio comunale piuttosto movimentato. Tra i 62 punti all’ordine del giorno, anche lo stanziamento di 5 mila euro per alcuni progetti educativi destinati a ragazzini sarawi. Un tema caldo, anche nella banlieue della capitale francese, visto che all’esterno della palestra dove si teneva il consiglio, manifestavano alcune decine di sostenitori della monarchia marocchina e naturalmente favorevoli al controllo di Rabat sul Sahara occidentale. Già, il Sahara occidentale, una delle questioni più spinose del Marocco e non solo. Colonia spagnola fino al 1975, questo vasto territorio desertico venne di fatto annesso a Rabat e da sempre è conteso dal Marocco – disposto a concedere una sorta di autonomia – e gli indipendentisti del fronte Polisario, sostenuti dall’Algeria, che chiedono un referendum per l’autodeterminazione.

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Claude Mangin è la moglie di Naama Asfari (da youtube).

Gli attacchi allo smartphone di Claude Mangin

Una vera e propria guerra che si combatte, strano a dirsi, persino a Ivry-sur-Seine. L’ex professoressa di storia e geografia spiata da Pegasus si chiama Claude Mangin. Capelli bianchi e corti, occhi azzurri, questa attivista cattolica in realtà è considerata una minaccia per il regno del Marocco. Da ottobre 2020 a giugno 2021 sono stati registrati diversi tentativi di accesso al suo cellulare. Poi, nuovamente a luglio, sul nuovo smartphone. I motivi di questa attenzione al limite dell’ossessivo sono presto detti. Nel 2003 madame Claude ha sposato Naâma Asfari, militante sarawi in prima linea per l’autodeterminazione della sua terra.

I disordini di Gdeim Izik e l’arresto di Naâma Asfari 

Alla vigilia delle Primavere arabe, il 7 novembre 2010, ricorda France Tv info, 20 mila militanti sarawi si raggrupparono a Gdeim Izik, vicino Laâyoune, nel cuore del Sahara occidentale, per reclamare la fine «dell’oppressione socio-economica» da parte del Marocco. Il portavoce del gruppo era Naâma Asfari che fu arrestato la sera stessa. L’indomani il presidio sarawi venne disperso con la violenza. Secondo le autorità marocchine negli scontri persero la vita 11 poliziotti. La manifestazione di Gdeim Izik fece però infuriare re Mohammed VI. Anche per questo la questione del Sahara è diventata un tabù nel Paese. «Gdeim Izik ha mostrato al popolo marocchino che il Sahara ocidentale esisteva davvero e questo era insopportabile per il re », ha spiegato a France Tv Info Mangin. «Il Sahara è l’ultima colonia africana», continua la 65enne che nel 2018 fece per un mese lo sciopero della fame dopo che le era stato vietato per l’ennesima volta di fare visita al marito. «Per il diritto internazionale e gli accordi firmati nel 1991, il Marocco avrebbe dovuto indire un referendum per l’autodeterminazione. Ma non lo ha mai fatto e nessuno all’interno del Consiglio di Sicurezza dell’Onu obbliga Rabat a rispettare gli impegni presi». Processato da un tribunale militare con altri 25 rappresentanti del movimento per l’autodeterminazione del Sahara, Asfari è stato condannato a 30 anni di carcere. Mangin da allora combatte se non altro per poter visitare il marito. Spesso è stata espulsa dal Marocco appena atterrata. E così ha deciso di viaggiare con parlamentari o avvocati.

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Un militante sarawi (Getty Images).

Madame Claude e l’incidente diplomatico tra Rabat e Parigi

Ma c’è di più. Perché Claude Mangin è stata al centro di un incidente diplomatico tra Francia e Marocco. Nel 2014 con l’associazione cristiana per l’abolizione della tortura e il suo avvocato Joseph Breham, denunciò le torture subite dal marito in prigione, puntando chiaramente il dito contro uno degli uomini più potenti del Marocco, Abdellatif Hammouchi, capo della polizia e dei servizi segreti di Rabat. In quel momento il militare si sarebbe trovato in Francia e i giudici parigini inviarono sette agenti della gendarmerie all’ambasciata del Marocco per interrogarlo. Non lo trovarono, ma il caso si trasformò in uno scandalo internazionale, tanto che per un intero anno Rabat rifiutò ogni tipo di collaborazione legale con Parigi. Il tutto è poi caduto nel nulla. Ma Mangin non si è certo data per vinta: ha presentato una nuova denuncia a Ginevra, presso il comitato contro la tortura delle Nazioni Unite ottenendo nel 2016 la condanna simbolica del Regno del Marocco. Una vittoria che però è costata cara all’avvocato Breham: anche il penalista secondo France Tv Info è stato spiato attraverso il suo cellulare. «Non rappresento certo lo studio legale più importante del Pianeta», ha commentato. Per questo la risposta marocchina è stata doppiamente sproporzionata:«È allucinante che uno Stato metta in atto simili violazioni della privacy che necessitano tra l’altro di ingenti risorse ed energie». Non solo Breham. Molte altre figure legate a Claude Mangin e alla battaglia per l’autodeterminazione del Sahara occidentale sono cadute nella rete di Pegasus, tra cui il portavoce della resistenza sarawi in Europa Oubi Bachir Bouchraya. Un controllo che si è fatto più pesante negli ultimi mesi. Non a caso nel novembre 2020 è terminato il cessate il fuoco tra il Fronte Polisario e l’esercito marocchino e sono ripresi gli scontri. Così Ivry-su-Seine è tornata a essere a suo modo un fronte caldo.