Il Festival di Sanremo, tempio sacro del nazionalpopolare, che si fermò. Trattenne il respiro, perché c’era un evento mediatico più importante, con un impatto superiore. Sembra strano, ma andò così. Non si trattava di una partita di calcio della Nazionale, come si potrebbe pensare, ma di un’Olimpiade invernale. Da lì a poco si sarebbe consumata una delle più grandi imprese dello sport italiano. Era il 1988 quando Alberto Tomba, immenso talento fuori dagli schemi, si giocava l’oro a Calgary, in Canada, nella seconda manche dello slalom speciale. La prima, infatti, si era tenuta nel pomeriggio, ora italiana. Il talento bolognese concluse terzo, per il gradino più alto serviva una prestazione monstre. Ma l’appuntamento decisivo cadeva in concomitanza della finale della kermesse canora, poi vinta da Massimo Ranieri. La Rai non ebbe dubbi, spostò i riflettori dall’Ariston alla pista canadese, dove La Bomba, soprannome dello sciatore, letteralmente deflagrò. Il teatro, stadio per un momento, esplose di gioia. Tomba era diventato campione olimpico per la seconda volta nel giro di 72 ore, trasformandosi contestualmente in personaggio mediatico.

Gustavo Thoeni e la lezione nello slalom gigante di Sapporo 1972
Ma la lista delle imprese italiane ai Giochi olimpici invernali è lunga. Così il pensiero non può che andare a Gustavo Thoeni, che nel 1972 a Sapporo, diede una lezione di tecnica nello slalom gigante. Divenne il modello per tutti i giovani che si sarebbero messi gli sci ai piedi, sperando di imitarne le gesta. In materia di successi olimpici, merita un capitolo a parte Stefania Belmondo, campionessa dello sci di fondo. Il capolavoro fu quello dei Giochi di Salt Lake, Utah, nel 2002. La campionessa italiana aveva 33 anni e una carriera costellata di trionfi. Ma anche piena di difficoltà. Era difficile potesse ripetere quanto fatto dieci anni prima, nel 1992 ad Albertville, quando conquistò tre medaglie. Ebbene, contro ogni previsione, bissò il risultato. Nella leggenda entrò con un secondo posto, quello della 30 km a tecnica libera, quando venne battuta in volata dalla connazionale Gabriella Paruzzi. Oro e bronzo arrivarono invece, rispettivamente nelle 15 e 10 chilometri. Per i colori azzurri fu un momento epico.
Lillehammer 1994, Manuela Di Centa a medaglia in tutte le specialità del fondo
In mezzo, a Lillehammer 1994, un’altra fondista divenne protagonista assoluta dello sport italiano: Manuela Di Centa. Fece incetta di soddisfazioni, con un bilancio di due ori, due argenti e un bronzo, riuscendo a conquistare una medaglia in tutte le competizioni femminili del fondo. L’ultimo oro fu quello più incredibile. Il 27 febbraio Di Centa era attesa dalla sfiancante gara della 30 chilometri a tecnica classica, dopo aver già partecipato a quattro competizioni in cui era stata tra le star assolute. Dopo una lotta durissima, l’azzurra sopravanzò, di poco, al traguardo la norvegese Marit Mikkelsplass, mettendo il punto esclamativo su un capolavoro totale. In quella stessa edizione, il quartetto di fondo maschile, Maurilio De Zolt, Marco Albarello, Giorgio Vanzetta e Silvio Fauner, mandò in delirio gli appassionati, con il successo nella staffetta 4×10 chilometri. Gli ultimi metri furono al cardiopalma, con Fauner che sfidava la leggenda della disciplina, Bjoern Daehlie, alla disperata ricerca del sorpasso che non arrivò mai. De Zolt, il primo a partire in quella staffetta, salì sul gradino più alto del podio a oltre 43 anni. Per la prima volta in carriera.

Tre ori, in tre edizioni dei Giochi, la favola di Deborah Compagnoni
Gli Anni 90 hanno rappresentato un’epoca d’oro per lo sci italiano. Merito ovviamente anche di Deborah Compagnoni. Di ori olimpici ne ha vinti tre, difficile dire quale sia stato il più emozionante. Probabilmente il terzo e ultimo, nello Slalom Gigante a Nagano nel 1998, quando divenne la prima atleta in grado di conquistare tre medaglie d’oro in tre diverse edizioni dell’Olimpiade invernale. In quell’occasione fu protagonista di una prima manche strepitosa, che la lanciò subito in testa. Alla seconda non si fece prendere dall’emozione e non sbagliò un solo passaggio. Alla fine chiuse con un vantaggio di 1”80 su Alexandra Meissnitze. Un abisso a quei livelli.
Non solo sci, il pattinatore Enrico Fabris star a Torino 2006
Ma non solo di sciatori è costellato il Pantheon dello sport invernale. Il pattinatore Enrico Fabris ha emozionato tutti, a Torino 2006: è diventato il primo italiano a ottenere la medaglia d’oro nella disciplina del pattinaggio di velocità. La volata fu da brividi con il sorpasso all’ultimo giro sull’olandese Simon Kuipers. Sempre nel pattinaggio brilla tuttora il nome di Arianna Fontana. Nella 500 metri di short track, a Pyeongchang nel 2018, è riuscita a vincere quell’oro olimpico che tanto aveva rincorso. Nonostante già a Torino fosse salita sul podio, non era mai riuscita a battere tutte le avversarie: sulla pista coreana, dopo una gara condotta in testa, resistette al tentativo di rimonta della padrona di casa, Choi. E, infine, tra un trionfo e l’altro, dal passato affiorano i ricordi legati a Eugenio Monti, monumento del bob azzurro. Il rosso volante ha fatto il pieno di medaglie olimpiche, ma nel 1968 a Grenoble ottenne un doppio oro, sia nel bob a due che in quello a quattro. Aveva 40 anni e scolpì il suo nome nella storia della disciplina e dello sport italiano.
