Nella straordinaria giornata di Arianna Fontana, che con il suo argento nei 1.500 metri short track è diventata la donna italiana più titolata di sempre alle Olimpiadi, c’è anche spazio per tornare a parlare di futuro. E l’atleta azzurra lo fa ancora una volta senza peli sulla lingua, non avendo paura di alcuna polemica. L’argomento è sempre lo stesso: Arianna ci sarà a Milano-Cortina? Ma la rivelazione della campionessa riguarda le precedenti accuse rivolte ad atleti maschi che in Italia, dopo le Olimpiadi in Corea, la facevano volutamente cadere durante gli allenamenti. «Se è uno dei quattro della staffetta che ha vinto il bronzo oggi? Sì», ha dichiarato in zona mista Fontana, aprendo nuovamente il dibattito.

Arianna Fontana: chi l’ha fatta cadere?
Archiviata l’Olimpiade di Pechino 2022, la terza consecutiva in cui ha conquistato tre medaglie, Arianna Fontana guarda al futuro, stuzzicata dai giornalisti in zona mista. Prima la frase sui compagni di nazionale. Dopo aver parlato del suo auto-esilio in Ungheria, a causa proprio di quegli attacchi che atleti uomini le riservavano durante gli allenamenti, ha affermato che chi la faceva cadere era «uno dei quattro della staffetta che ha vinto il bronzo oggi». Si tratterebbe quindi di uno tra Pietro Sighel, Andrea Cassinelli, Yuri Confortola e Tommaso Dotti. L’atleta ha comunque sottolineato di averli «perdonati da tempo, alla fine era poi solo uno che ha continuato ad attaccarmi sul ghiaccio. Però, tutti fanno errori, le cose le ho perdonate da tempo ma non dimentico».
Milano-Cortina, Arianna Fontana: «Non ci sono buone basi»
Poi, dopo aver parlato delle cadute, i giornalisti le hanno chiesto quante probabilità ci siano ad oggi di vederla a Milano-Cortina 2026. «Sarebbe un sogno esserci», ha affermato Arianna Fontana, «perché ho iniziato a Torino, concludere a Milano sarebbe il cerchio perfetto. Però altri quattro anni così io non li posso fare. Dopo l’uscita del presidente Gios, che ha detto “faremo di tutto per avere Arianna a Milano-Cortina basta che stia alle nostre regole e dentro il sistema federale”, non mi pare ci siano buone basi. Io me ne sono dovuta andare per fare quello che ho fatto, per essere qui non ho sottostato alle loro regole e al loro sistema perché sapevo che non poteva funzionare e adesso mettere quel puntino diciamo che non mette buone speranze».
