Dialogo oppure no? Partito democratico e Terzo polo hanno cominciato quasi a flirtare, ma sempre tenendo ben saldi alcuni paletti. Elly Schlein, neo-segretaria del Pd, e Carlo Calenda, leader del nascente partito liberaldemocratico frutto della fusione (eventuale) tra Azione e Italia viva, sono alle prese con esercizi di equilibrismo per non apparire come quelli che chiudono a possibili alleanze: mantengono le distanze necessarie a non creare irritazioni tra gli elettori, in primis, e i dirigenti, in secondo luogo.
Salario minimo a 9 euro? «Facciamo insieme una battaglia»
Il primo terreno comune è quello del salario minimo. «Facciamo insieme una battaglia per il salario minimo a 9 euro», ha sempre ripetuto Calenda, rivolgendosi al Pd, nella consapevolezza che è un tema centrale per il Movimento 5 stelle. Un concetto ribadito nelle ultime ore: «Sono d’accordo con Schlein». E lei cosa ha detto? «Sono possibili battaglie comuni», ha scandito, nello studio di Che tempo che fa, lasciando aperta la porta del conforto.

Renzi e il Jobs Act, presenze troppo ingombranti
Solo che per il nuovo corso dem c’è un problema nel confronto con il Terzo polo, una «mucca nel corridoio», per ricorrere alla celebre metafora di Pier Luigi Bersani: la presenza ingombrante di Matteo Renzi, che è certamente disposto a lasciare la leadership a Calenda, ma non è intenzionato a sparire dai radar della politica. Così Schlein, che nella campagna congressuale ha spinto molto sulla cesura con il passato renziano del partito, si troverebbe come ipotetico alleato l’autore di quelle politiche tanto contestate. «Il Pd non farà alleanze strutturali con il Terzo polo», teorizza un parlamentare che ha sostenuto la segretaria nella corsa alla leadership. Anche perché, è il ragionamento, «le distanze su altri temi sono siderali, al di là del ruolo di Renzi nel partito che verrà». L’esempio principale resta il totem del Jobs Act, su cui Schlein ha sempre rivendicato la sua contrarietà. E si farà paladina dell’abolizione. Difficile spiegarlo a Renzi e quindi per emanazione a Calenda.

L’inceneritore di Roma, altro tema su cui restano divergenze
Un ulteriore punto che presenta palesi divergenze è l’inceneritore di Roma, già casus belli della caduta del governo Draghi e della conseguente rottura dell’alleanza tra Pd e cinque stelle. A dettare la linea ostile ai dem è stata la vicesegretaria e portavoce di Azione, Mariastella Gelmini: «Schlein dovrebbe fare chiarezza sul termovalorizzatore di Roma. Dire no alla sua realizzazione solo per inseguire Giuseppe Conte e i cinque stelle sarebbe un grosso errore. Per il Pd e per Roma». L’ex ministra berlusconiana non ha evitato di mettere il dito nella piaga dei rapporti tra Pd e il suo partito, proprio per scongiurare tentazioni di un dialogo privilegiato, perché – da quanto si vocifera – Calenda è rimasto piacevolmente colpito dalla ventata di novità portata da Schlein, nonostante in pubblico sia ruvido nei suoi confronti.

«Sull’ambiente abbiamo un’idea diversa di Paese»
L’ex eurodeputato è costretto a non mostrarsi troppo tenero nei confronti della leader di Largo del Nazareno. Tanto che ha frenato immediatamente proprio nelle ultime ore: «Nessuna alleanza. Il nostro rimane un cammino indipendente: su politiche energetiche, ambiente e termovalorizzatori, abbiamo un’idea diversa di Paese». Del resto, la posizione di Gelmini era stata confermata, seppure con toni più sfumati, da un’altra ex forzista, Mara Carfagna, che ha rivendicato, in un’intervista al Corriere, la necessità di «un Terzo polo equidistante tra destra e sinistra» con lo scopo di «costruire un’alternativa alla propaganda tossica degli opposti estremismi». Insomma, anche in questo caso c’è il via libera a portare avanti iniziative su temi condivisi, ma nessuna cambiale in bianco sulle alleanze. Un tira-e-molla che animerà le opposizioni almeno fino alle Europee del 2024.