Pd, la resa dei conti contro la segretaria solista Elly Schlein

Paola Alagia
01/06/2023

Lo scaricabarile di Boccia sull'ex gestione Letta. L'area riformista che ribolle. I distinguo di Cuperlo. Le accuse alla Schlein di giocare da sola e non fare "spogliatoio". La grana De Luca junior. I tentennamenti su armi in Ucraina, termovalorizzatore e maternità surrogata. Così nei dem dopo le sconfitte è il caos.

Pd, la resa dei conti contro la segretaria solista Elly Schlein

Dalla non vittoria di Pier Luigi Bersani delle Politiche 2013 allo scaricabarile sulla sconfitta dopo le Amministrative 2023 sotto la guida di Elly Schlein: non cambia mai nulla sotto il cielo del Nazareno. Della serie: “Lasciate ogni speranza o voi ch’intrate”, verrebbe da dire agli elettori fedeli al progetto politico del Partito democratico.

Qualche piddino non condivide la linea troppo sinistrorsa

Eh sì perché anche stavolta, archiviato il voto, è andato in onda – e sarà trasmesso ancora a lungo – il solito film con le tifoserie, o correnti che dir si voglia, ben schierate e distinte. Da una parte i dem vicini a Schlein, ovviamente sulla difensiva, e dall’altra i piddini che non condividono la linea, a loro dire troppo sinistrorsa, della neosegretaria e che mai come adesso trovano uno spiraglio per rialzare la testa.

 Segnali di smottamento, che dopo i primi addii registrati in casa dem, devono essere stati avvertiti in maniera forte dalle parti di Elly se la segretaria ha deciso di provare a galvanizzare i suoi e al tempo stesso a uscire dall’angolo: «A chi pensa sia finita, abbiamo solo cominciato. Abbiamo davanti un lavoro lungo, la strada è in salita ma non molleremo di un millimetro su quello che è il nostro progetto», ha detto in una diretta social.

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Rimane agli atti però che l’ex leader di OccupyPd, a caldo lunedì scorso, pur ammettendo la sconfitta alle amministrative senza girarci intorno, aveva comunque in qualche modo cercato di condividere il peso della disfatta col resto delle opposizioni: «È andata male nei capoluoghi», ha infatti esordito. Salvo poi aggiungere: «Ma dico subito che il fatto che il Pd sia il primo partito nel voto di lista non è per noi una consolazione perché da soli non si vince, c’è da ricostruire un campo alternativo alla destra».

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Elly Schlein. (Getty Images)

Lo scaricabarile di Boccia sulla gestione dei lettiani

Nulla a che vedere senza dubbio con lo scaricabarile – copyright di Monica Nardi, portavoce dell’ex segretario Enrico Letta – che ha visto protagonista Francesco Boccia, attuale capogruppo dem al Senato e braccio destro della segretaria. L’aver riversato, pur di scagionarla, la responsabilità dell’esito elettorale su alleanze precedenti l’insediamento di Elly ha finito col creare stizza e irritazione dalle parti appunto dell’ex segretario. E le parole al vetriolo vergate su Twitter da Nardi ne sono la prova: «Lo scaricabarile, vi prego, no. Enrico Letta le Amministrative le ha stravinte e per 2 anni di seguito: 5-0 nel 2021 e vittoria “a valanga” (cit. Rep) a giugno 2022. Poco dopo ha perso (male) le Politiche. Ma non ha cercato alibi e non ha mai sparato contro nessuno del Pd». 

Mentre nel corpaccione del partito in diversi hanno cominciato a puntare il dito proprio contro Boccia che nell’esecutivo Letta era, neanche a farlo apposta, responsabile Enti locali.

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Francesco Boccia. (da Fb)

Anche Franceschini e Castagnetti lanciano l’allarme

Come detto, il solito film. L’unica variazione nel copione casomai è l’azione di logoramento già partita ai danni dell’inquilino di turno del Nazareno. Un rischio reale se persino un big dem potente e felpato come Dario Franceschini ha deciso di lanciare l’allarme, oltre che di spezzare una lancia a favore di Elly: «Il risultato di queste Amministrative non può diventare un alibi per iniziare una normalizzazione di Schlein. Lasciamola lavorare libera, non bisogna ingabbiarla», ha detto a la Repubblica. Troppo tardi per arrestare il fiume in piena di recriminazioni e inviti a cambiare rotta all’indirizzo del Nazareno. Tra quelli che hanno fatto più rumore c’è per esempio l’appello di Pierluigi Castagnetti: «Penso che Elly Schlein farebbe bene a leggere i risultati spagnoli (prevedibilissimi) assieme a quelli dei ballottaggi italiani (prevedibilissimi). E tutti insieme decidere come ripartire», ha scritto sui social l’ex segretario del Partito popolare italiano (Ppi). Parole che assumono un certo peso soprattutto visto che, a differenza di Beppe Fioroni, Castaganetti ha deciso, almeno per ora, di non abbandonare il partito.

Dal 18 al 22 settembre sarà possibile recarsi in duemila sale cinematografiche per vedere film al costo di 3,50: l'iniziativa "Cinema in festa". 
Dario Franceschini.

Il monito di Alfieri e la lettera delle quattro dem

L’area riformista in generale ribolle. Se il senatore Alessandro Alfieri, entrato nella segreteria come responsabile alle Riforme e al Piani nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), ammonisce sottolineando che «il Pd deve sapere parlare a tutti, anche ai moderati, non solo alla sinistra», hanno di che andare fiere le dem Alessia Morani, Titti Di Salvo, Valeria Fedeli e Alessia Rotta che la mattina del 29 maggio, e quindi a urne ancora aperte, scrivevano una lettera su la Repubblica dal titolo emblematico: «Perché il Pd deve restare riformista e pluralista e non diventare massimalista».

I distinguo di Cuperlo e le accuse alla segretaria troppo solista

Non che pure nella sinistra Pd manchino i distinguo, se un esponente come Gianni Cuperlo, deputato ed ex candidato alla segreteria, su Domani scrive: «Un partito non si regge su una logica maggioritaria: chi ha vinto decide, gli altri seguono. Un partito e chi lo guida hanno bisogno di cercare sempre la sintesi migliore tra le idee e proposte che quella comunità è in grado di produrre». Un po’ un invito alla collegialità che, evidentemente, manca. Come anche a Tag43 diversi dem hanno confermato, parlando di «una segretaria solista, che gioca da sola, che non fa “spogliatoio”».

Pd: Schlein, Renzi e la
Gianni Cuperlo nel 2013. (Getty Images)

Il tema delicato delle munizioni Ue per l’Ucraina

Non la sola grana di Elly in questo post-partita. Archiviate le Amministrative, ci sono diversi nodi da affrontare, a cominciare dall’affaire De Luca junior. Il figlio del governatore campano, infatti, è ancora in attesa di capire se sarà riconfermato (come sperano i riformisti dem) o meno (a remare contro è soprattutto l’inner circle di Schlein) come vicecapogruppo alla Camera. Chi l’ha spuntata, per esempio, nelle scorse ore è stato Brando Benifei quale capo delegazione del Pd a Bruxelles. Proprio lì oggi il Partito democratico sarà alle prese con un voto difficile: l’Aula si pronuncerà sul piano munizioni Ue per l’Ucraina, il cosiddetto Asap. Tema sensibilissimo in casa dem, con big del calibro dello stesso Letta e dell’ex ministro della Difesa Lorenzo Guerini in pressing e sul quale alla fine la segretaria, in riunione con gli europarlamentari martedì, ha nicchiato. Non ha dato una linea. Segno di un forte imbarazzo sul tema guerra da parte dell’ex leader di OccpuyPd che ha cercato comunque di buttarla in caciara per cadere in piedi: «Noi non abbiamo dubbi sul supporto all’Ucraina così come siamo favorevoli a una difesa comune europea», ha scandito. Per poi escludere ogni possibilità di «accettare di utilizzare le risorse del Pnrr per produrre munizioni» e annunciare di voler chiedere su questo «un impegno nero su bianco a Giorgia Meloni».

Termovalorizzatore e diritti, la linea è poco chiara

Uno stile, insomma, già collaudato in casa Schlein.  Come dimostra la vicenda del termovalorizzatore a Roma. Pure su questo, infatti, si è dovuto attendere la prima conferenza stampa della segretaria ad aprile per sentirle pronunciare qualche parola al riguardo. Né più e né meno di un pigolio che suonava così: «È una scelta che era già stata presa dall’amministrazione di Roma. Questo è successo ben prima che si insediasse questa segreteria». Tornando a Bruxelles, comunque, vedremo se dal voto sulle munizioni il Pd uscirà compatto. Nel qual caso, naturalmente, sarebbe un pensiero in meno per Elly che pure in materia di diritti, cavallo di battaglia su cui mostra più padronanza e sicurezza, non sta vivendo dei momenti facili se persino un suo sponsor come Goffredo Bettini ha sottoscritto insieme ad altri 500 tra intellettuali e amministratori, l’appello contro la maternità surrogata