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Da Gori a Decaro e Nardella: i bonacciniani che aprono a Schlein

Nel Pd è già cominciato il salto sul carro di Elly Schlein. Da Gori a Nardella e Decaro fino a Lo Russo, gli amministratori locali supporter di Bonaccini ora tendono una mano alla nuova segretaria. E c’è chi profetizza rapide e numerose conversioni anche in parlamento.

10 Marzo 2023 18:00 Stefano Iannaccone
Da Gori a Decaro e Nardella: i bonacciniani tendono una mano a Schlein

È già cominciato uno degli sport preferiti italiani: il salto sul carro del vincitore. Archiviato il congresso del Partito democratico, molti sostenitori dello sconfitto, Stefano Bonaccini, stanno rivedendo le proprie posizioni, avvicinandosi alla nuova leader. La segretaria Elly Schlein sarà chiamata a fare una sorta di selezione all’ingresso per capire chi davvero vuole sostenere la sua causa o medita di riposizionarsi fino al prossimo ripensamento.

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Elly Schlein (Getty Images).

I sindaci Gori, Nardella e Decaro tendono una mano a Schlein

Non è sfuggito il cambio di linea del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che inizialmente aveva minacciato l’addio al Pd in caso di vittoria della deputata. Ora ribadisce che non saluterà il suo partito, dando fiducia al nuovo corso e dimostrandosi disponibile a dare una mano, rinunciando a essere il controcanto quotidiano di Schlein. Altri amministratori locali, schierati inizialmente in blocco a favore di Bonaccini, hanno avviato le manovre di avvicinamento alla leader. Il primo cittadino di Firenze, Dario Nardella, è indicato addirittura come papabile presidente del partito, scalzando nel borsino lo stesso Bonaccini. Nardella potrebbe coltivare il proprio futuro politico dall’alto di un incarico più simbolico che pratico: alla fine del secondo mandato, l’ex delfino di Matteo Renzi dovrà decidere che fare da grande. E al momento le uniche certezze può offrirle la segretaria, non il governatore dell’Emilia-Romagna. «Del resto Nardella era accreditato come possibile sostenitore di Schlein», osserva con Tag43 una fonte parlamentare che prevede molte retromarce. E in nome dell’unità, tutto è giustificabile. Un cammino simile è quello di Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’Anci, che in virtù di questo ruolo istituzionale deve per forza di cosa diventare un interlocutore della segretaria del Pd. Il primo cittadino barese, peraltro, vanta con Schlein una comune origine, al fianco di Pippo Civati. Sono trascorsi una decina di anni da quei tempi, i percorsi sono stati molto diversi: Decaro è rimasto nel Pd, seguendo inizialmente Renzi, mentre Schlein è uscita dal partito di cui poi è diventata leader. Ma certi rapporti fanno dei giri immensi e poi tornano.

Da Gori a Decaro e Nardella: i bonacciniani tendono una mano a Schlein
Dario Nardella con Stefano Bonaccini (da Fb).

Nessun ripensamento per i big del Sud: De Luca ed Emiliano

La lista è alquanto lunga. Il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, subito dopo le primarie ha rilasciato dichiarazioni decisamente aperturiste: «Dobbiamo essere compatti nel sostenere Elly Schlein a cui spetterà il compito di guidare il Pd attraverso una strada che lo riporti al governo del Paese, a rappresentare chi vuole un’Italia migliore». Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, deve invece fare di necessità virtù per non essere accerchiato dal nuovismo di Schlein: ha già teso la mano al segretario regionale, Emiliano Fossi. Nessun ripensamento, invece, sembra riguardare i due big del partito al Sud, il campano Vincenzo De Luca e il pugliese Michele Emiliano, che hanno subito il successo dell’ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna.

Primarie Pd, Schlein e l'incognita ztl
Stefano Bonaccini con Michele Emiliano (da Fb).

I movimenti dei peones bonacciniani 

Il nuovo clima nel Pd si respira pure in Parlamento, dove c’è chi cerca di ricostruire un rapporto, tanto che Simona Bonafè, un tempo renziana di ferro, è entrata tra le candidate al ruolo di capogruppo alla Camera. Certo, sarebbe in quota minoranza, ma quella in versione dialogante. Un discorso simile riguarda Lia Quartapelle, che è stata molto vicina – anche fisicamente – a Schlein nei giorni successivi alla vittoria congressuale. E gli altri? Un capocorrente come Matteo Orfini è costretto a reinventarsi, perché rischia di restare senza corrente. Al momento non si può dire sia rientrato nei ranghi della maggioranza del partito. D’altra parte con la segretaria condivide certe battaglie, a cominciare dalle politiche sull’immigrazione e dalla contrarietà all’accordo con i libici. Chissà che dai temi non fiorisca un’intesa. Con le fila dei sostenitori di Elly sempre più nutrite, in particolare di peones, quelli che alla fine hanno sostenuto Bonaccini ma senza dare troppo nell’occhio. Non a caso c’è chi profetizza tra i dem: «I gruppi parlamentari finiranno per convertirsi molto rapidamente alle posizioni della nuova segretaria».

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