Sono tanti gli ex parlamentari di sinistra e centrosinistra pronti a ricollocarsi in aziende partecipate. O ad accomodarsi nelle segreterie ministeriali, spesso nelle vesti di consulente. Dal Partito democratico ai bersaniani, resiste infatti l’antico vezzo di trovare una sistemazione dopo aver fallito l’elezione o aver rinunciato alla corsa elettorale.
Meta e Leva in Trenitalia
Gli esempi si sprecano. Nel giro delle recenti nomine nelle Ferrovie dello Stato, infatti, l’ex parlamentare Michele Meta, uomo di fiducia di Goffredo Bettini, ha ottenuto l’incarico di presidente di Trenitalia, manco a dirlo una delle società più importanti del gruppo. Meta è stato deputato dem dal 2006 al 2018, quando ha annunciato l’intenzione di non ricandidarsi. La sua carriera è nel segno di Bettini e quindi di Nicola Zingaretti. Non a caso Zinga lo ha nominato capo segreteria del Pd quando il presidente della Regione Lazio era numero uno di Largo del Nazareno. Per capire la fiducia nutrita nei suoi cofronti, Meta, nel 2019, è stato indicato come commissario del partito a Napoli. Il fedelissimo di Bettini, in buona compagnia. Nel Consiglio di amministrazione di Trenitalia, ritrova un altro ex collega di Montecitorio, Danilo Leva, 43 anni, avvocato molisano e già deputato di Articolo Uno (il partito fondato da Pier Luigi Bersani) nella scorsa legislatura. Nel 2018 si è candidato nelle liste di Liberi e uguali in Abruzzo mancando però il ritorno in Parlamento.
Cerchia nel cda della Reggia di Caserta
Sull’onda candidati non eletti, peraltro con un legame molisano, c’è un altro profilo, forse meno noto: è quello di Giovanni Cerchia, entrato nel cda della Reggia di Caserta, dietro indicazione del ministro della Cultura, Dario Franceschini (all’epoca del governo Conte 2). Cerchia, docente di Storia all’Università del Molise, ha avuto una trafila politica tutta a sinistra. Dalla Fgci fino ai Ds, sotto la stella di Massimo D’Alema. Nel suo curriculum c’è infatti la collaborazione, nel comitato di redazione, con la rivista Italianieuropei. Nel 2013 c’è stata una “sbandata” a sinistra: è stato segretario provinciale di Sel, preferendo il progetto di Nichi Vendola. Nel 2015 è arrivato il pentimento con le dimissione dal ruolo politico. Il 2017 ha sancito il ritorno a casa con l’incarico di segretario provinciale a Caserta per Articolo Uno. Qualche mese dopo, alle Politiche, ha cercato il salto: è stato candidato nelle liste di Leu a Caserta.
Con Speranza ci sono Paolucci, Dirindin, Zampa e D’Attorre
Ma le aziende pubbliche non sono l’unico modo per ricollocarsi. Nella segreteria del ministro della Salute, Roberto Speranza, ha trovato spazio Massimo Paolucci, dalemiano di ferro, che nel 2019 ha fallito il ritorno all’Europarlamento (in cui era stato eletto nel 2014). Paolucci, nei mesi scorsi, era passato “in prestito” alla struttura commissariale per il Covid-19 sotto la gestione Arcuri, di cui era considerato il vero braccio destro e l’uomo macchina di quell’apparato. Con il cambio della guardia nella struttura e il conseguente approdo del generale Francesco Paolo Figliuolo, è tornato al fianco di Speranza come capo della segreteria. Negli stessi uffici, da consulente, si aggira anche l’ex senatrice di Articolo Uno, Nerina Dirindin. Il suo incarico è comunque a costo zero. Sandra Zampa ha invece trovato un premio di consolazione dopo la mancata conferma come sottosegretaria con un contratto che scade il 14 luglio 2021 per uno stipendio annuo di 48 mila euro. L’ex portavoce di Romano Prodi è stata deputata dal 2008 al 2018. L’esperienza a Montecitorio si è interrotta dopo la sconfitta alle Politiche del marzo nel collegio uninominale di Ferrara. Nel 2019 è stata nominata sottosegretaria alla Salute nel Conte 2, ma con l’arrivo di Mario Draghi la poltrona è stata assegnata ad Andrea Costa. Così è diventata una semplice collaboratrice di Speranza. Stessa scadenza, quella del 14 luglio (ma a 36 mila euro di stipendio all’anno), attende Alfredo D’Attorre, ex deputato di stretto rito bersaniano, di professione ricercatore di Filosofia del diritto all’Università di Salerno. Nella scorsa legislatura è assurto alle cronache per aver sfidato continuamente Matteo Renzi quando era ancora nel Pd, facendo da testa di ariete della minoranza interna. Fino a fare da apripista alla scissione. Dopo la mancata elezione con Leu nel 2018 si è reinventato esperto in materia di salute, apportando al ministero le sue conoscenze filosofiche.