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Pd, perché Schlein tira dritto su capigruppo e segreteria

Elly sui capigruppo non cede: si dovrà votare Braga alla Camera e Boccia al Senato. Nel partito saranno in prima linea Provenzano, Furfaro e Sarracino, mentre circola l’ipotesi Pini. La neo leader mette con le spalle al muro la minoranza per insistere col cambiamento promesso.

28 Marzo 2023 09:58 Stefano Iannaccone
Pd, perché Schlein tira dritto su capigruppo e segreteria

«Il Pd cambia spesso segretari, ma non cambia mai le sue abitudini soprattutto quando si parla di incarichi di qualsiasi tipo». La battuta è di un deputato del Partito democratico, in riferimento alle tensioni sulla distribuzione degli incarichi da parte della neo leader Elly Schlein, a ormai un mese dalla vittoria alle Primarie. I posti da distribuire, peraltro, non sono così prestigiosi, a eccezione di quelli di capigruppo, visto che si parla della segreteria, non certo di ministeri. «Chi ricorda i componenti delle ultime segreterie?», domanda retoricamente un esponente dem. Eppure non c’è rilievo che tenga: tutti vogliono il proprio strapuntino, la bandiera da sventolare.

Nuovo entusiasmo intorno al Pd da non disperdere

Sui capigruppo, comunque, la decisione è stata ampiamente presa: si dovrà votare su Chiara Braga alla Camera e Francesco Boccia al Senato. «In queste settimane abbiamo visto cambiare il clima intorno al Pd, nelle piazze e nell’opinione generale. Viviamo una fase positiva, testimoniata dalle 16 mila tessere arrivate in pochissimo tempo», ha rivendicato Schlein, parlando alla platea dei gruppi riuniti nella sala Berlinguer a Montecitorio. Così un’eventuale bocciatura dei prescelti farebbe sprofondare il partito nel caos, rappresentando una sorta di “sfiducia” da parte dei gruppi verso la segretaria, fresca di incoronazione popolare. Una mossa troppo ardita, che affonderebbe l’intero Pd, proprio mentre i sondaggi indicano una risalita e il tesseramento è ripreso a ritmi sconosciuti negli ultimi anni. Uccidere l’entusiasmo sarebbe un suicidio, insomma. Al massimo i più oltranzisti lasceranno la scheda bianca per dare un segnale e dare un numero al malumore tra Montecitorio e Palazzo Madama.

Pd, perché Schlein tira dritto su capigruppo e segreteria
Elly Schlein con Chiara Braga.

Scouting tra le minoranze: Marco Meloni e Marianna Madia

Ma Schlein ha capito l’antifona, sul tentativo di essere condizionata: per questo ha deciso di non arretrare sui capigruppo, ascoltando qualche mugugno che già iniziava a provenire dai suoi sostenitori, quelli che propugnano un cambiamento radicale. Con una richiesta: «Deve andare dritto e seguire la propria linea», sottolinea un deputato a lei vicina. «Siamo compattissimi intorno a Elly», garantiscono comunque varie fonti vicine alla deputata, allontanando lo spettro di prime smagliature che era circolato. Infatti i fedelissimi hanno avviato un’azione di scouting tra le minoranze per capire chi possa essere meno ostile al nuovo corso. In effetti hanno subito a casa un risultato: garantirsi il sostegno di un’ampia fetta di parlamentari che al congresso ha dato supporto alla corsa di Stefano Bonaccini, a cominciare da nomi di un certo peso, come il braccio destro di Enrico Letta, Marco Meloni, e l’ex ministra Marianna Madia.

Pd, niente guerriglia interna di Bonaccini contro Schlein
Stefano Bonaccini con Elly Schlein.

Tensioni dentro Base riformista, la corrente di Guerini

A essere spaccata, paradossalmente, è la minoranza, che andrebbe ormai declinata al plurale. Base riformista, la corrente guidata dal presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, non è più convinta che il presidente della Regione Emilia-Romagna possa rappresentare le sue istanze. È certo, tuttavia, che lo sconfitto delle primarie attende una maggiore apertura sulla composizione della segreteria. «Hanno provato a misurare la tenuta di Schlein, alzando il tiro delle richieste con un capogruppo e un vicesegretario», ragiona un dirigente dem. «Ma hanno capito che lei non è proprio una sprovveduta alle prime armi». D’altra parte la minoranza spacchettata non è un affare per la leader, che comunque ha avviato un dialogo sereno pure con Matteo Orfini, altro capo corrente a cui dare ascolto.

Il campo largo di Letta divide il Pd: una mappa
Matteo Orfini (Getty Images).

Resiste Picierno, rispunta la non ricandidata Pini

La partita della segreteria è comunque aperta: Bonaccini deve portare qualcosa a casa, altrimenti rischia davvero di perdere la presa su molti dei suoi sostenitori. Di sicuro punta a garantire una collocazione a Pina Picierno, a lungo indicata come possibile numero due del partito. Le resistenze permangono sul suo nome, ma a quel punto sarebbe affiancata da qualche pedina di Schlein: per questo va verso la riconferma Giuseppe Provenzano, che fino a qualche giorno fa ha accarezzato il sogno di fare il capigruppo. Marco Furfaro e Marco Sarracino, i due pretoriano di Schlein a Montecitorio, saranno in prima linea con ruoli da definire. Ma di fatto sono già consiglieri molto ascoltati, indipendentemente dall’etichetta. In quota Orfini circola l’ipotesi di Giuditta Pini, ex deputata non ricandidata che sul tema dell’immigrazione ha posizioni uguali a Schlein. Il messaggio più importante che vuole far passare la segretaria è un altro: non è tanto l’incarico assegnato, ma la volontà di rivalutare gli organismi interni per garantire un progetto davvero collegiale. Un tentativo di cambiare una tradizione ormai consolidata del più gattopardesco dei partiti.

Pd, cosa c'è dietro l'esclusione dei nomi illustri dalle liste
Giuditta Pini.

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