Appena finiti i fuochi d’artificio per la vittoria, con il corollario di elogi da ogni angolo, Elly Schlein si ritrova a gestire i primi malumori da segretaria del Partito democratico. Suddivisa tra uno Stefano Bonaccini in rampa di lancio, paradossalmente più mediatico ora che nei giorni del congresso, e i riformisti, l’area degli ex renziani, pronti a fare incetta di incarichi. E i suoi sostenitori scettici. La questione delle nomine scotta tra le mani della leader e «rappresenta un primo banco di prova sulla gestione del potere», dicono dal Pd. L’afflato unitario ha portato alla concessione della presidenza dell’assemblea allo sfidante sconfitto, Bonaccini appunto: una mossa che non ha trovato proprio tutti d’accordo tra i fedelissimi di Schlein, ma che «era digeribile» per usare l’espressione di chi ha sostenuto la deputata al congresso. Insomma, era comprensibile dargli un riconoscimento per non favorire le tentazioni scissioniste. Solo che il presidente della Regione Emilia-Romagna ha colto l’occasione per riprendersi una sorta di centralità nel centrosinistra: partecipa a incontri televisivi, suggerisce la linea. E non è passato inosservato che domenica, nel discorso di accettazione della presidenza alla Nuvola di Fuksas, «ha parlato da co-leader», annota soddisfatto un parlamentare riconducibile alla corrente bonacciniana. La famosa «diarchia», temuta da alcuni consiglieri della segretaria, si starebbe già palesando.

Gribaudo ridimensionata a numero 2 di Bonaccini con Capone
Ma alla fine Bonaccini è il problema minore per la leader. Gli scricchiolii sulla promessa di cambiamento si avvertono anche in altre direzioni, che vanno da Largo del Nazareno – sede del partito – al parlamento. Innanzitutto ha sorpreso la nomina a vicepresidente della deputata Chiara Gribaudo. Un ruolo sostanzialmente secondario. La parlamentare piemontese si è spesa tanto durante il congresso, rompendo il consolidato patto con Matteo Orfini. Si ipotizzava potesse essere una vicesegretaria o addirittura capogruppo a Montecitorio: si è ritrovata a fare la numero due sì, ma di Bonaccini, in coabitazione con Loredana Capone, salentina, poco nota al pubblico nazionale, essendo la presidente del Consiglio regionale in Puglia. «Credo abbia pagato la visibilità delle ultime settimane», sostiene un esponente dem, che ben conosce le dinamiche del Pd. Gribaudo ha comunque incassato la nomina, mostrandosi anzi soddisfatta.

Premiata Picierno, uno dei volti rampanti del primo renzismo
E mentre i fedelissimi non vengono ripagati degli sforzi, al contrario gli sconfitti sono pronti a passare all’incasso. Esempi? Come possibile vicesegretaria circola, con insistenza, il nome dell’eurodeputata Pina Picierno, che passa dall’essere potenziale numero due di Bonaccini a quasi certa vice di Schlein. Un’operazione win-win per la dirigente casertana. Ma la cosa non convince parte dei sostenitori della segretaria. «Abbiamo vinto noi o Bonaccini?», è la domanda, sconsolata, che è stata posta in un confronto interno. L’impronta del cambiamento stenta a vedersi. Picierno non è stata infatti solo grande sponsor del governatore emiliano alle Primarie: rappresenta uno dei volti rampanti del primo renzismo. Resta memorabile il momento in cui srotolò, ospite in uno studio televisivo, lo scontrino per dimostrare quante cose avesse comprato con gli 80 euro del bonus Renzi. Successivamente è diventata franceschiniana, ma ha lasciato la corrente dell’ex ministro della Cultura proprio per appoggiare Bonaccini.
Uno tra gli sconfitti Bonafè e Alfieri potrebbe diventare capogruppo
Il pieno di poltrone per i riformisti dem potrebbe non finire: sempre in segreteria pure un esponente della corrente di Orfini, sostenitore del presidente dell’Emilia-Romagna, potrebbe ottenere un posto nel segno dell’unità. La partita, però, si gioca su un livello istituzionale più prestigioso: la spartizione dei due capigruppo. Al team di Bonaccini potrebbe finire la guida del gruppo alla Camera con Simona Bonafè come ipotesi molto quotata nelle ultime ore. In alternativa, se Montecitorio dovesse finire a qualcuno della cerchia di Schlein (Peppe Provenzano o Chiara Braga), non si esclude la promozione a capogruppo al Senato di Alessandro Alfieri, già portavoce della corrente Base riformista, zoccolo duro degli ex renziani. Ma c’è chi, tra i pretoriani della segretaria, fa professione di ottimismo: «Vedrete che Elly non deluderà». Perché la vicenda non è chiusa: l’accordo tra le parti è plausibile, ma tutt’altro che certo. «Altrimenti», avverte chi segue il dossier, «sarebbe già tutto definito».
