L’emorragia nel M5s rischia di continuare: non si tratta dei 10 o 15 peones che starebbero per seguire Luigi Di Maio e di cui si vocifera da giorni. Ad abbandonare, stavolta, potrebbero essere insospettabili pezzi da novanta. E non in direzione Insieme per il futuro. Con l’addio del ministro degli Esteri e di una folta truppa di eletti, il partito di Giuseppe Conte sperava di poter serrare i ranghi e ripartire con più compattezza su temi e battaglie che lo stanno divaricando (malgrado Beppe Grillo) dalla linea del governo Draghi.
L’insofferenza di alcuni pentastellati per i vice di Conte
Eppure in molti continuano a mordere il freno e non gradiscono la piega presa dall’attuale leadership stellata, persino tra gli esponenti di spicco considerati vicini all’avvocato del popolo. Spesso, tuttavia, il problema non è Giuseppe Conte in sé, ma il suo stato maggiore: in particolare la squadra dei vice. Non sono un mistero, ad esempio, i recentissimi scontri sulla gestione dei territori tra l’ex Guardasigilli Alfonso Bonafede e la viceministra dello Sviluppo economico, Alessandra Todde. Anche Lucia Azzolina, in sede di rottura per seguire Di Maio, ha spiegato: «Stimo Conte, ma è ostaggio dei suoi cinque vicepresidenti».

Patuanelli allettato dalle sirene dem
Ebbene, un’uscita clamorosa di cui si sussurra nei palazzi potrebbe vedere protagonista addirittura Stefano Patuanelli, il ministro per le Politiche agricole che in questi anni si è fatto apprezzare trasversalmente per competenza e stile di governo “ragionevole” e “moderato”. L’interessato non potrebbe mai confermarlo adesso, ma pare che Patuanelli si stia facendo ingolosire, in prospettiva 2023, da un salto della quaglia per approdare nel Partito democratico con la garanzia della candidatura per il centrosinistra alle Regionali del Friuli Venezia Giulia, la sua regione, che va al voto nello stesso anno delle Politiche. Il ministro non ha mai nascosto la vicinanza politica ai Dem e soprattutto il favore per lo schema del governo giallorosso e per una radicata collocazione del M5s nel centrosinistra, accanto al Nazareno. In realtà, però, secondo quanto risulta a Tag43, il dialogo con gli uomini di Enrico Letta sarebbe più serrato e concreto di quanto si possa ritenere, grazie soprattutto a un ufficiale di collegamento: Andrea Battiston, il suo capo della segreteria tecnica al ministero, una carriera da consulente legislativo nelle fila parlamentari del Pd, con predilezione per i temi legati all’occupazione e al welfare. Non a caso Battiston ha lavorato pure con Teresa Bellanova al ministero del Lavoro durante il governo Renzi e poi l’ha seguita sull’altro marciapiede di Via Veneto, allo Sviluppo economico, fino alla fine della scorsa legislatura, prima di tornare all’ufficio legislativo del Pd Camera durante l’epoca dell’esecutivo gialloverde. Insomma, una lunga consuetudine con i dem che sta contribuendo a rafforzare il dialogo tra Patuanelli e il Nazareno.

Gli ostacoli alla candidatura M5s di Patuanelli contro Fedriga
Certo, la partita per le Regionali in Friuli Venezia Giulia non sarebbe comunque facile, visto il nome quasi certo dell’avversario di centrodestra, il forte governatore leghista uscente Massimiliano Fedriga. Peraltro, Patuanelli potrebbe tornare in Parlamento con il M5s, essendo alla fine del primo mandato dopo un cosiddetto “mandato zero” da consigliere comunale a Trieste. Il problema, tuttavia, è che il Cinquestelle versa in stato comatoso in Friuli Venezia Giulia e viaggia su percentuali minime pure nella città di San Giusto (3,62 per cento alle ultime Comunali). Servirebbe allora un collegio proporzionale blindato fuori regione o un uninominale sicuro concordato con il Pd; il guaio è che in teoria le regole del M5s vincolano alla candidatura nel proprio territorio di residenza. In più, i trascorsi burrascosi tra il ministro e gli attivisti pentastellati locali hanno lasciato strascichi pesanti e le prospettive del partito per le Politiche sono in generale tutt’altro che buone.
Rapporti tesi con la squadra di Conte e con Alessandra Todde
L’ipotesi di Patuanelli contro Fedriga era già stata ventilata a livello regionale, ma certamente non attraverso un suo contestuale passaggio al Partito democratico. Tuttavia, è il caso di dirlo, sta pesando la siccità nei rapporti tra l’inquilino dell’Agricoltura e la squadra di Conte: in particolare la relazione con la stessa Alessandra Todde, “sua” sottosegretaria al Mise nell’esecutivo giallorosso, è ormai deteriorata. Senza dimenticare che in linea di principio il ministro, pur criticando pesantemente Di Maio, evidentemente non condivide la radicalizzazione delle posizioni del Cinquestelle e vedrebbe come fumo negli occhi pure un riavvicinamento di Alessandro Di Battista. Così finiscono per indispettirlo le indiscrezioni che riguardano un possibile appoggio esterno al governo, con una dinamica che sta via via allontanando il partito contiano dai democrat di Letta.
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