Dopo un calvario lungo 22 mesi finalmente per Patrick Zaki è arrivata la libertà. Lo studente egiziano dell’università di Bologna è stato infatti scarcerato. Appena uscito da un commissariato di Mansura, vestito con una tuta e scarpe da ginnastica bianche, la divisa degli imputati nei processi egiziani, si è sciolto in un abbraccio con la madre e la sorella. Le sue prime parole sono state: «Tutto bene», pronunciate in una stretta via su cui affaccia il commissariato, fra transenne della polizia del traffico e un camion con rimorchio.
Patrick in buone condizioni di salute
Varcata la porta del commissariato dopo 669 giorni di prigionia, Zaki ha alzato la mano con l’indice ed il dito medio in segno di ‘vittoria’. Lo studente egiziano dell’università di Bologna è apparso in buone condizioni, con la barba leggermente lunga ma curata, occhiali e i capelli raccolti in un codino. Era stato portato questa mattina alla stazione di polizia per completare le procedure di rilascio, come aveva riferito la ong egiziana per la quale Patrick lavorava come ricercatore.
Zaki a casa della famiglia: «Voglio dire grazie all’Italia»
Appena arrivato a casa della famiglia a Mansura, Patrick Zaki ha voluto ringraziare tutti quelli che nel nostro Paese hanno sostenuto la battaglia per la sua scarcerazione. «Voglio dire molte grazie agli italiani, a Bologna, all’Università, ai miei colleghi, a chiunque mi abbia sostenuto», ha detto il ricercatore parlando con i giornalisti. Poi, dopo aver specificato di essere in attesa di capire come si evolverà la sua situazione giudiziaria – «Sto aspettando, vedrò nei prossimi giorni cosa succede» – ha detto di voler tornare «in Italia il prima possibile, appena potrò andrò direttamente a Bologna, la mia città, la mia gente, la mia università». Un pensiero lo ha voluto dedicare anche alla sua squadra del cuore: «Viva il Bologna calcio». A casa Zaki ha indossato una maglietta dell’Università di Bologna che l’ateneo gli aveva fatto recapitare. La rete degli attivisti che per 22 mesi si è battuta per la sua liberazione ha diffuso una foto in cui Patrick la indossa orgoglioso.
Il processo in Egitto prosegue, rischia 5 anni di prigione
Zaki era stato fermato il 7 febbraio 2020 all‘aeroporto del Cairo e, secondo le denunce di attivisti e legali, sottoposto a torture durante un interrogatorio su questioni legate al suo lavoro e al suo attivismo per i diritti Lgbt. Il giorno successivo è stato quello della formalizzazione dell’arresto con un mandato di cattura emesso nel 2019. Tra le accuse formalizzate: istigazione alla violenza, alle proteste, al terrorismo, gestione di un account social che punta a minare la sicurezza pubblica. La sua liberazione è stata disposta sebbene in mancanza dell’assoluzione dalle accuse di “diffusione di notizie false dentro e fuori il Paese” attraverso articoli giornalistici per i quali lo studente rischia fino a cinque anni di carcere. La sentenza non prevede l’appello. La prossima udienza del processo è prevista per l’1 febbraio. Per ora, l’unica cosa certa è che il rilascio senza obbligo di firma decretato dal giudice monocratico non può essere impugnato dalla procura.
Amnesty: «Aspettiamo che questa libertà sia permanente»
Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, non appena appresa la notizia ha commentato: «Aspettavamo di vedere quell’abbraccio da 22 mesi e quell’abbraccio arriva dall’Italia, da tutte le persone, tutti i gruppi e gli enti locali, l’università, i parlamentari che hanno fatto sì che quell’abbraccio arrivasse». Poi ha sottolineato: «Aspettiamo che questa libertà non sia provvisoria ma sia permanente. E con questo auspicio arriveremo al primo febbraio, udienza prossima».
Di Maio: «Bentornato Patrick, abbraccio vale più che parole»
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, postando una foto dell’abbraccio tra Zaki e la sorella all’uscita dal carcere, ha commentato su Facebook: «Un abbraccio che vale più di tante parole. Bentornato Patrick!». Anche il rettore dell’Università di Bologna, Giovanni Molari, ha salutato con gioia la notizia della liberazione: “Oggi è una giornata di festa, anche se non bisogna abbassare la guardia fino al completo proscioglimento dalle accuse. Speriamo che Patrick possa mettersi alle spalle questi due anni dolorosi e possa tornare presto ai suoi studi qui a Bologna, nella sua università. Il suo posto è qui, nella nostra comunità, assieme ai suoi compagni e ai docenti che non vedono l’ora di riabbracciarlo”.