Nell’ottobre del 2016 per la prima volta un team di ricercatori ha potuto effettuare indagini sotto una lastra di marmo racchiusa nell’edicola della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Quella che per la tradizione e la fede cristiana fu la tomba di Gesù Cristo. Gli archeologi, provenienti dall’Università di Atene, hanno potuto constatare che sotto il rivestimento di marmo, posto a protezione del luogo sin dal XVI secolo, esisteva una precedente struttura calcarea la cui datazione è stata fatta risalire al 345 dopo Cristo. È stata così confermata la storia che la tradizione ci ha riportato sull’origine del culto di uno dei posti più sacri per la cristianità. Il luogo di sepoltura di Gesù venne individuato ai tempi dell’imperatore Costantino nel IV secolo laddove era stato eretto duecento anni prima un tempio voluto dall’imperatore Adriano, costruito probabilmente proprio per cancellare le tracce di un precedente luogo di culto ebraico-cristiano. Questa ricerca conferma così l’antica testimonianza del vescovo Eusebio di Cesarea (vissuto nel IV secolo d.c.), non è certo una prova sulla vita di Gesù, ma rappresenta un ulteriore tassello nell’affascinante tentativo di ricostruire la storia del cristianesimo su basi archeologiche e scientifiche.

Senza la resurrezione nessuno avrebbe affermato che Gesù era il figlio di Dio
L’evento che si celebra con la ricorrenza di Pasqua è uno spartiacque della storia, ma, essendo per definizione soprannaturale, è un fatto non comprovabile da nessuna prova storico-archeologica. Sebbene sia un elemento di fede resta comunque interessante approfondire l’origine di questa credenza, perché la credenza stessa è un fatto storico. San Paolo nella prima lettera ai Corinzi scriveva: «Se Cristo non è risuscitato, la nostra predicazione è senza fondamento e la vostra fede è senza valore». Come ha sostenuto il biblista americano, agnostico, Bart Ehrman: «Senza la fede nella sua resurrezione dai morti, Gesù sarebbe rimasto una postilla negli annali della storia ebraica e i suoi seguaci non si sarebbero impegnati a promuoverlo a entità sovrumana. In breve, senza la fede nella resurrezione nessuno avrebbe mai affermato che Gesù era Dio».
Il fatto che Cristo sia ritornato alla vita dalla morte può essere, se non provato, indagato. La testimonianza principale è quella dei vangeli che raccontano l’episodio in maniera molto diversa tra loro. Sono documenti che vengono datati dalla seconda metà del I secolo all’inizio del II secolo e, secondo alcune teorie, basati su fonti più antiche. Sicuramente i primi resoconti della resurrezione vennero diffusi quindi in un’epoca in cui alcuni potenziali testimoni oculari erano ancora in vita. Se i vari racconti divergono, su un particolare c’è assoluta concordanza. Gesù fu crocefisso, morì e fu sepolto e dopo tre giorni la tomba fu trovata vuota. Le critiche rivolte ai vangeli su certe discrepanze così sono state viste come possibili prove a favore. La pluralità di versioni attesterebbe come non ci fu una verità calata dall’alto, ma una serie di memorie personali successivamente ricostruite. Il fatto poi che le prime testimoni del sepolcro vuoto furono delle donne (anche se sui loro nomi i vangeli non sono concordi) appare come assolutamente incongruo se la storia fosse dichiaratamente falsa o inventata. Le donne, infatti, come è stato appurato da più studiosi, non erano ritenute testimoni attendibili in nessuna circostanza; consegnare a esse un annuncio di questa rilevanza sarebbe stato del tutto controproducente. I vangeli stessi riferiscono l’incredulità degli apostoli di fronte al resoconto delle prime testimoni della tomba scoperchiata.

Paolo, testimone più antico della resurrezione che elencò tutti coloro a cui apparve Gesù dopo la morte
Ma il testimone, anche se non diretto, più antico, è proprio Paolo, che non solo fissava nel Cristo risorto il fondamento indispensabile alla fede, ma elencava anche, nella lettera ai Corinzi, tutti coloro che lo avevano visto: «apparve a Cefa e quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto». La lettera ai Corinzi, la cui attribuzione a Paolo non appare dubbia come altre lettere incluse nel canone, è un documento databile circa venti anni dopo la crocifissione. Da notare come Paolo in questa lettera in cui tenta di riferire scrupolosamente tutte le testimonianze della resurrezione, non citi proprio le principali testimoni oculari: le donne. Non era al corrente dei fatti o la sua era un’omissione voluta per non compromettere la credibilità delle sue tesi di fronte ai pregiudizi di un pubblico di quell’epoca? Perché poi, si è chiesto lo scrittore Vittorio Messori, «la morte infamante di Gesù è situata in pubblico, anzi nel luogo più in vista di una Gerusalemme sovraffollata per la Pasqua, mentre il momento della resurrezione gloriosa è celato nel buio e nel segreto di una tomba notturna?». Un racconto inventato avrebbe dovuto eccedere in situazioni eclatanti e spettacolari, così come accade in alcuni vangeli apocrifi, invece, sostiene Messori, i vangeli, riportano versioni che «potevano addirittura metterne a dura prova la credibilità messianica».
Ma non abbiamo molte altre fonti coeve. L’unica attestazione documentale non biblica risalente al I secolo è il discusso Testimonium Flavianum, passo tratto da le Antichità Giudaiche scritte dallo storico ebreo romanizzato Giuseppe Flavio nel 93 d.C. Riferendosi a Gesù, descritto come “uomo saggio”, il testo recita: «Egli infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a lui». Il problema è che l’intero paragrafo fu, come hanno sostenuto numerosi esegeti e storici, manipolato con intenti apologetici da copisti cristiani intenti a trascrivere il testo.

Le altre ipotesi sulla tomba di Gesù e i resti di un uomo crocefisso in Palestina
Gli scavi archeologici hanno offerto nel corso del tempo scenari alternativi e qualche confusione in più. Nel 1867 fu scoperta a Gerusalemme, nei pressi della porta di Damasco una tomba che secondo una tradizione radicatasi soprattutto tra i protestanti sarebbe stato il vero luogo di sepoltura di Gesù. Oggi è nota come la Tomba del giardino” Nel 1980 a Talpiot, cinque chilometri a sud della Città Santa fu rinvenuto, durante dei lavori di restauro di un’abitazione, un altro sito sepolcrale in cui vennero ritrovati diversi ossari che riporterebbero anche i nomi di Yehoshua e Yoseph (Gesù e Giuseppe, nomi assai diffusi all’epoca). Chi ha avanzato l’idea che si trattasse della tomba di famiglia di Gesù è stato però smentito da quasi tutta la comunità degli archeologi. Assai più interessante la scoperta di un ossario nel 1968 che conteneva dei resti di un uomo crocefisso in Palestina nel I secolo d.C. La presenza di un osso del piede trafitto da un chiodo è la prima prova archeologica della modalità del supplizio così come viene descritta nei vangeli.
Qualche anno fa Scientific American si chiese se fosse mai eventualmente possibile provare la resurrezione. La risposta era prevedibilmente negativa. Le prove necessarie per giustificare scientificamente un evento straordinario, sosteneva la rivista, dovrebbero essere di gran lunga superiori a quelle con cui si documentano eventi ordinari, anche se clamorosi e di vaste dimensioni, come l’eruzione di Pompei. Per Bart Ehrman Gesù fu uno dei tanti profeti apocalittici che, all’epoca, andava annunciando l’imminente intervento di Dio per sconfiggere le forze del male e istituire un regno del bene sulla terra. Fu appunto la credenza nella sua presunta resurrezione che fece della sua storia l’inizio della religione che ha profondamente segnato tutta l’umanità. Ma anche per il credente Vittorio Messori alla fine qualsiasi tentativo di offrire prove scientifiche, in un senso o nell’altro, sarà sempre vano: «L’esperienza concreta mostra come dal mondo della natura non si risalga necessariamente a Dio. Così come, ad onta della passata baldanza di certo vecchio materialismo, le scienze della natura non escludono Dio dal mondo. La storia del pensiero umano ha sinora mostrato come la scienza della natura sia spesso impotente per risolvere l’eterno dilemma tra fede e miscredenza».