Pier Paolo Pasolini nasceva 100 anni fa, il 5 marzo 1922. Impossibile riassumere in poche righe la sua vicenda artistica, intellettuale e umana. Si può però tentare di scegliere alcune delle opere più significative di un autore cimentatosi con la letteratura, la pittura, il giornalismo, il teatro e il cinema. È proprio di quest’ultimo che ci vogliamo occupare, segnalando i film che hanno segnato il suo percorso di regista. Un percorso, ha ricordato di recente Francesco Piccolo su Repubblica, che iniziò «contro la volontà e i consigli degli altri». «Vittoria è una delle tue poesie più belle», gli scrisse Italo Calvino, «quando smetti di fare cinema?». Pasolini rispose girando più di 20 film.

Accattone, l’opera prima di Pasolini che non piacque a Fellini
Anche Federico Fellini, ricorda ancora Piccolo, dopo aver visionato i giornalieri di Accattone (1961), gli sconsigliò di proseguire nella carriera di regista. Eppure si tratta di un’opera prima di grande intensità, ambientata laddove Pasolini aveva già ambientato romanzi come Ragazzi di vita e Una vita violenta: nel mondo delle borgate romane. Storia di un piccolo delinquente mantenuto da una prostituta (l’Accattone del titolo, interpretato da Franco Citti) il film è girato in un suggestivo ed efficacissimo bianco e nero (la fotografia è di Tonino Delli Colli) e venne presentato a Venezia per poi incorrere in diversi problemi di censura che ne ritardarono l’uscita nelle sale.
Analoga l’ambientazione di Mamma Roma (1962) uscito l’anno successivo e interpretato da una splendida Anna Magnani nel ruolo di una prostituta che vive un tormentato rapporto con il protettore (Citti) e la cui vita è funestata dalla preoccupazione per la sorte del figlio Ettore (l’esordiente Ettore Garofalo), finito in galera.
Il Vangelo secondo Matteo, Matera diventa la Palestina
Decisamente diverso il contesto del Vangelo secondo Matteo girato nel 1964 a Matera, i cui Sassi sostituiscono efficacemente il paesaggio della Palestina. Pasolini si attiene in maniera molto fedele al contenuto del Vangelo, la devozione del regista è anche nella dedica alla memoria di papa Giovanni XXIII, scomparso l’anno precedente, e il risultato artistico è notevole, tanto che il film viene premiato a Venezia con il Gran premio della giuria.
Passano due soli anni e arriva un altro capolavoro: si tratta di Uccellacci e uccellini (1966), che sdogana Totò come interprete del cinema d’autore e frutta un premio a Cannes al grande attore napoletano. Il film è una fiaba per riflettere sul ruolo della politica (e degli intellettuali) nel mondo reale, uno dei temi più ricorrenti nell’intero corpus pasoliniano. L’omonima tragedia di Euripide è invece la fonte di Medea (1969) con una Maria Callas più diva che mai nel ruolo della protagonista, affiancata da un Giasone affidato all’esordiente Giuseppe Gentile, che l’anno precedente aveva vinto la medaglia di bronzo nel salto triplo alle olimpiadi di Città del Messico.
Il tema del sesso, dal Decameron a Salò o le 120 giornate di Sodoma
Il Decameron (1971), tratto da Boccaccio, apre una trilogia il cui tema centrale è quello del sesso e delle sue gioie. Gli altri due episodi saranno I racconti di Canterbury e Il fiore delle mille e una notte. Interpretato tra gli altri dallo stesso Pasolini, con Franco Citti, Ninetto Davoli e Silvana Mangano, trasferisce l’ambientazione dalla Toscana a Napoli, in una delle tante riletture del regista.

L’ultimo film girato prima della tragica morte, avvenuta a Ostia il 2 novembre del 1975, è il disturbante Salò o le 120 giornate di Sodoma, ambientato nel periodo della Repubblica Sociale e ispirato all’opera del Marchese De Sade. Laddove i tre film che lo avevano preceduto celebravano la carnalità come inno alla vita, in questo film il sesso è presagio di morte, quasi un’oscura premonizione di quanto accadrà di lì a poco.