Perché Papa Francesco ha fatto sapere nell’intervista concessa al quotidiano spagnolo Abc di aver scritto una lettera di dimissioni nel caso di una malattia che ne paralizzi in modo permanente le capacità decisionali e di governo? Nelle stanze vaticane sono in molti a domandarselo. E non solo in quegli ambienti. Il Pontefice l’ha scritta nei primi mesi del suo pontificato, quando era ancora segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone. «Io ho già firmato la mia rinuncia. Quando Bertone era segretario di Stato. Ho firmato la rinuncia e gli ho detto: “In caso di impedimento medico ecco la mia rinuncia. Ce l’hai”. Non so a chi l’abbia data Bertone, ma io l’ho data a lui». Non è nota la data di questo documento ma il riferimento a Bertone colloca la lettera di rinuncia di Papa Francesco nei primi mesi del pontificato, dato che già nell’ottobre 2013 nel ruolo di principale collaboratore del Vescovo di Roma era subentrato il cardinale Pietro Parolin. È evidente che il Papa voleva che la cosa si sapesse. Perché? Difficile saperlo. «È la prima volta che lo dico», ha proseguito Papa Francesco nella sua intervista. Il fatto strano è che le sue attuali condizioni di salute, con le difficoltà di deambulazione per la persistente gonalgia, non giustificano una possibile rinuncia. Lo stesso Pontefice l’ha fatto capire quando ha detto che «si governa con la testa, non con il ginocchio». A quasi 10 anni dalla rinuncia di Benedetto XVI, inoltre, Francesco ha detto del predecessore: «Lo visito spesso. Vive in contemplazione… Ha un buon senso dell’umorismo, è lucido, molto vivo, parla piano ma segue la conversazione. Ammiro la sua lucidità. È un grande uomo». In ogni caso, il gesuita Francesco non ha alcuna intenzione di definire lo status giuridico di Papa emerito. «Non mi è venuta l’idea di farlo. Ho la sensazione che lo Spirito Santo non ha interesse a che mi occupi di queste cose», ha concluso.

Parolin chiamato a testimoniare al Processo sul palazzo di Londra
Ma torniamo alla lettera e al preciso riferimento al salesiano Bertone, uomo forte (anche ex Camerlengo) da sempre vicino a Benedetto XVI e custode di molti segreti. L’ex segretario di Stato ha preferito tenersi il documento, l’ha consegnato a Parolin o l’ha affidato a un altro cardinale? Misteri vaticani. Certo è che il clima presso la Santa Sede è sempre più caldo. Lo stesso Parolin è finito ultimamente sotto i riflettori. Sarà infatti alla sbarra come testimone di accusa nel processo in Vaticano per la compravendita di un palazzo a Londra, chiamato dal promotore di giustizia Alessandro Diddi, che finora non ha raggiunto il suo scopo di confermare con fatti inconfutabili che vi furono comportamenti dolosi nella gestione dell’affaire e del cardinale Giovanni Angelo Becciu. Come è noto la Segreteria di Stato si è costituita parte civile ma ciò è avvenuto prima che il processo si indebolisse per mancanza di specifici reati e di prove. Parolin sarà, comunque, sentito nell’ultima decade di gennaio, prima del viaggio apostolico di Papa Francesco in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, ha annunciato il presidente del tribunale Giuseppe Pignatone.
Chi è il Camerlengo Kevin Joseph Farrell
Sempre tra le Mura leonine c’è chi sostiene che Bertone potrebbe aver consegnato la lettera al cardinale Camerlengo. Una figura poco conosciuta ma molto importante nella vita del Vaticano. Il Camerlengo Jean Villot, per esempio, impedì l’autopsia sulla salma di Papa Luciani che avrebbe dissipato tanti dubbi sulla sua morte. Sostanzialmente svolge due compiti. In primo luogo, quando il pontefice è in viaggio o assente, amministra i beni temporali. Alla morte (o in caso di rinuncia) presiede il periodo della cosiddetta Sede vacante. È coadiuvato da un vice Camerlengo, generalmente non cardinale, ma di rango arcivescovile. In caso di morte del pontefice, il suo primo compito consiste nel verificare che il Papa sia realmente deceduto, chiamandolo tre volte con il nome di battesimo. Il termine deriva dal latino medievale camarlingus, a sua volta derivato dal germanico kamerling, che significa “addetto alla camera del sovrano”. Attualmente il Camerlengo è Kevin Joseph Farrell, un cardinale e vescovo cattolico irlandese, naturalizzato statunitense. Dall’agosto 2016 è stato prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita. Nel febbraio 2019 è stato nominato Camerlengo. Dal settembre 2020 è anche presidente della Commissione di materie riservate e dallo scorso giugno numero uno del Comitato per gli investimenti.

La rivoluzione di Francesco, il peso degli Ordini e le nomine maldigerite
L’affermazione del Papa che torna a parlare di Bertone va letta nel clima sempre più rovente che si vive in Vaticano. In questi anni il Pontefice ha rivoluzionato gli equilibri interni del Santa sede, sottoposta a continui scandali, il primis la questione della pedofilia. È entrato in tutte le questioni interne più complesse, cercando di innovare sia sul fronte teologico che banalmente temporale. È ovvio che questo atteggiamento ha creato più di un dissapore, instabilità e anche una crisi di risorse finanziarie. Non è un mistero che la Chiesa cattolica statunitense e alcuni settori di quella tedesca siano molto critici e siano meno generosi che in passato. Anche le ultime nomine hanno sollevato molto rumore. Basti soltanto pensare che personalità del livello di Mario Enrico Delpini, arcivescovo metropolita di Milano, o Francesco Moraglia, patriarca di Venezia dal 2012, non sono stati nominati cardinali. Solitamente mite e prudente, Mario Delpini ha commentato così la sua mancata nomina. «Io senza porpora? Il Pontefice riterrà che io sia occupato oppure che quei bauscia di Milano non sappiano dov’è Roma. Neanche il Padreterno sa che cosa pensino i gesuiti». Soltanto i francescani, i gesuiti e la comunità di Sant’Egidio sono stati risparmiati. Più complicata la questione dei salesiani. Lo scorso agosto Papa Francesco ha creato 21 nuovi cardinali. Due sono salesiani: Virgilio Do Carmo Da Silva, arcivescovo di Dili (Timor Est) e Lucas Van Looy, arcivescovo emerito di Gent (Belgio). Una mossa che fa comprendere come il peso dei sacerdoti di don Bosco sia ancora molto forte a Roma. La stessa Opus Dei è stata alla fine ridimensionata. Il Prelato dell’ordine non potrà più essere insignito dell’ordine episcopale. Un’altra decisione che ha fatto molto discutere sapendo come proprio l’Opus Dei abbia risolto tante spinose questioni finanziarie vaticane. Come non deve stupire che Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e membro importante della comunità di Sant’Egidio, sia stato nominato Presidente della Conferenza Episcopale Italiana e molti lo vedano come il futuro Pontefice.