Agnelli fa le pentole, Mieli i coperchi
Il cognome ricorre nei destini dell'ex direttore del Corriere della sera. Stavolta è Paolo, il re dell'alluminio bergamasco di cui il giornalista ha presentato il libro-biografia appena uscito.
«Avere come amico un Agnelli deve essere scritto nel destino di Paolo Mieli», ha detto sorridendo uno dei partecipanti alla presentazione del libro Oro Grigio di Paolo Agnelli, l’industriale dell’alluminio noto come il “re delle pentole”. Una serata organizzata a Roma prima della fine dello scorso anno nelle sale di Palazzo Ferrajoli, proprio di fronte alla sede della Presidenza del Consiglio, quel Palazzo Chigi dove c’è Mario Draghi, ha svelato la passione dell’ex direttore del Corriere della Sera per la famiglia bergamasca, omonima di quella torinese, ben conosciuta da Mieli. «Una saga familiare, quella raccontata in questo libro ha tutte le carte per diventare una fiction Rai», ha vaticinato Mieli, che è esperto del settore anche grazie al figlio Lorenzo, produttore televisivo e cinematografico, presidente della Fremantle Italia.

Agnelli, una dinastia industriale alla quarta generazione
È la storia di quattro generazioni di industriali: per l’occasione Mieli ha svolto il ruolo di “sparring partner” di Paolo Agnelli, insieme ad Alessandra Gallone, bergamasca, senatrice di Forza Italia. Per scrivere il libro pubblicato da Solferino, Agnelli è stato affiancato da uno storico e archivista industriale, Davide Franco Jabes. Mieli si dimostra curioso degli aspetti intimi, tanto da chiedere: «Agnelli, ma lo sa che, e le assicuro è un pregio, in questa saga familiare c’è poco sesso?», scatenando la platea. Paolo Agnelli ha raccontato del padre, Angelo, che «salì sulla nave che lo avrebbe portato in Colombia con le lacrime agli occhi. Quella nuova opportunità industriale, attentamente studiata, cercata e fortemente voluta, significava al tempo stesso rinunciare alla sua Maria, la donna amata che corteggiava in segreto. Fu lo scoppio di una guerra a impedirgli all’ultimo di salpare e coronare il suo sogno d’amore». Tanta nostalgia, nelle parole dell’imprenditore: «Oggi l’Italia avrebbe bisogno delle stesse forti motivazioni che si avevano all’epoca. Purtroppo, non vedo la stessa determinazione e passione per poter crescere. E non vedo la stessa unità di intenti che legava datore di lavoro e collaboratori. Certamente i bisogni del secolo scorso erano necessariamente più motivanti. C’era una vera e propria ‘fame’. Oggi i bisogni vengono considerati un problema di altri, che si deve risolvere tramite il diritto». E, da produttore di pentole, non ha mancato di scrivere la sua ricetta da dedicare all’Italia: «Prima era tutto da inventare. Oggi, al tempo stesso, è tutto da cambiare. L’impegno necessario è simile. E penso alla quarta generazione della mia famiglia e alle sfide che sta e dovrà affrontare».

Una tecnica sconosciuta per la saldatura dell’alluminio
Si tratta di una moderna ‘guerra economica’ fatta di politiche protezionistiche e dazi, economia circolare e transizione ecologica, il risiko delle materie prime e i prezzi delle stesse e quelli dell’energia. E il libro «prende vita parlando di un ragazzo, mio nonno, Baldassare Agnelli, che nella Milano del 1894 perde tutto, all’improvviso», ha ricordato Agnelli: «I genitori, l’osteria che gestivano a porta Ticinese, la possibilità di mantenere se stesso e i suoi cari. A soli 12 anni si adatta a fare i mestieri più disparati. Diplomatosi orafo cesellatore, si rivolge a uno dei più prestigiosi orafi della città che non solo lo prende a bottega ma lo manda in viaggio di lavoro nei Balcani. Il viaggio che mio nonno ha fatto in Montenegro altro non era che uno stage internazionale per perfezionarsi. Un’avventura durante la quale Baldassare avrà occasione di fare un favore al capo di una famiglia Rom. Verrà ricompensato con il dono del loro segreto: una tecnica ancora sconosciuta in Italia per la saldatura dell’alluminio su cui costruirà l’impresa di famiglia. E tornare in Italia con un nuovo metallo e un know how acquisito è di certo stato un vantaggio». Tanti gli aneddoti: «Mio padre, e si trovano nel libro alcuni estratti, era solito scrivere lettere commerciali ai propri clienti e hanno tutte un tratto iniziale personale e umano. Poi, in seconda battuta, si entrava nel dettaglio degli ordini e delle commesse. Oggi cerchiamo di mantenere questo rapporto ma al posto delle lettere usiamo messaggi da 160 caratteri». Si finisce con gli applausi di Mieli, tutti rivolti all’industriale.