Tintarella all’aeroporto

Redazione
04/05/2021

Impianti solari di grandi dimensioni potrebbero presto trovare posto negli scali australiani. Costi e benefici di una svolta sostenibile

Tintarella all’aeroporto

Nel progettare un aeroporto, resta fondamentale l’accurata analisi degli spazi. Gli aerei si muovono su ampie aree, lontane da edifici e alberi, per evitare incidenti. Da ciò deriva l’insolito accostamento ai pannelli solari, allergici per natura a ciò che fa ombra e occupa spazio vitale.

Aeroporti sostenibili: i numeri dello studio di Melbourne

Una simile affinità è diventata oggetto di studio al Royal Melbourne Institute of Technology, dove nasce l’idea di dotare di pannelli fotovoltaici 21 degli aeroporti del Paese, per incrementare di dieci volte la produzione di energia. Per dare la misura, si supererebbero le quantità incamerate dai 17mila collettori privati installati nella città di Bendigo, a nord di Melbourne. Secondo la ricerca si produrrebbe energia in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 136 mila case. Ma non finisce qui. Il loro posizionamento negli aeroporti ridurrebbe anche le emissioni di gas serra di 152 chilotonnellate all’anno, risultato raggiungibile soltanto vietando il traffico su strada a 70mila veicoli.

Sul piatto della bilancia benefici ed “effetti collaterali”

Detto dei benefici (possibilità di ricorrere a pannelli più ampi ed efficienti rispetto a quelli domestici, eccesso di energia utilizzabile anche per le aree confinanti) restano una serie di “effetti collaterali” da analizzare. In Stati come gli Usa, ad esempio, la Federal Aviation Administration richiede che le nuove strutture non generino riflessi fastidiosi per i piloti e per chi si occupa di coordinare il traffico su pista. Interferenze che andrebbero a impedire le comunicazioni via radar. Il problema più grosso, inoltre, sta nella necessità di intervenire pesantemente su edifici e tetti preesistenti, innalzando notevolmente i costi dell’operazione.

“Progettare ed espandere un terminal per integrarvi una nuova struttura verrebbe a costare molto più che provare a riadattare il nucleo già esistente senza rivoluzionarlo”, ha spiegato Scott Morissey, vicepresidente dell’aeroporto di Denver, in un’intervista a Wired Magazine. Morissey ha sottolineato che non ci si possa affidare totalmente alla natura intermittente della luce solare. In un giorno di pioggia o neve, puntando esclusivamente sui pannelli, l’aeroporto finirebbe senza luce. Ecco perché bisogna integrare questa fonte labile, con un serbatoio più sicuro. Se in India e in Sudafrica, comunque, l’esperimento ha già dato ottimi frutti, nel resto del mondo si è ancora impegnati a prendere le misure. Ci vorranno diversi anni, perciò, per vedere Milano Malpensa o Roma Ciampino trasformate in moderne solar farm.