Dov’ero? Ero in una città nordica dove vado spesso e che amo. Il bar era quello dove vado sempre e che amo. Una bella serata, tutti e tre seduti a bere vino molto buono, due miei amici di quella città che amo e io. Ho capito che stava arrivando e ho detto seria ai miei amici che andavo via e son fuggita. L’ho fatto per la vergogna. Il senso di vergogna poteva più di quel malore che mi ghiacciava la nuca. Sulla porta son caduta, ma piano piano piano. I miei amici sono accorsi, un terzo sconosciuto mi accarezzava la pancia e diceva respira respira respira. Son stata improvvisamente meglio ma piangevo. Non piangevo per il panico. Piangevo per la vergogna. Mi vergognavo di me che piangevo. Mi vergognavo dei miei sandali rossi vintage col tacco altissimo e i calzini blu e tutti i maschi odiano le femmine con scarpe eleganti e calzini. Poi ho smesso di piangere e ho chiesto scusa a tutti gli avventori. Se fossi uscita, invece di cascare dentro al bar, sarei potuta finire sotto a un’auto, o sbattere la testa sull’asfalto. Sarei morta di vergogna.
Crisi di panico e vergogna
LA POSTA AL CUORE. Ho capito che stava arrivando e ho detto seria ai miei amici che andavo via e son fuggita. Il senso di vergogna poteva più di quel malore che mi ghiacciava la nuca. Se fossi uscita, invece di cascare dentro al bar, sarei potuta finire sotto a un’auto, o sbattere la testa sull’asfalto. Sarei morta di vergogna.
