Mahjubin Hakimi era una pallavolista della nazionale afghana e, a 18 anni, è stata decapitata dai talebani. La giovane giocava per la squadra comunale di pallavolo di Kabul, il Kabul Municipality Volleyball Club, prima del crollo del precedente governo afghano e, come riportano diversi media locali, è stata uccisa all’inizio di ottobre. Hakimi è stata uccisa perché di etnia Hazara e perché giocava a volley senza hijab.
La storia della giovane pallavolista
La storia, però, è stata raccontata solamente nelle ultime ore perché i suoi genitori avevano paura di ritorsioni. Con il suo team composto da 14 ragazze aveva partecipato a una serie di competizioni internazionali e aveva vinto anche diversi premi.
Da quanto s’apprende dopo il ritorno al potere dei talebani solo due delle giocatrici della nazionale giovanile sono riuscite a scappare all’estero, mentre tutte le altre «sono state costrette a fuggire e nascondersi», e i tentativi di trovare «aiuto da organizzazioni e Paesi internazionali non hanno avuto successo». A parlare sotto pseudonimo per motivi di sicurezza è l’allenatrice della ragazza che ha raccontato delle difficoltà che le atlete donne stanno vivendo in Afghanistan e del pericolo che corrono ogni giorno di essere prese e uccise. Alcune delle atlete che erano invece riuscite a fuggire, avevano denunciato già ad agosto l’uccisione di un’altra giocatrice della squadra freddata a colpi di pistola.
La fuga delle atlete dall’Afghanistan
L’allenatrice del Kabul Municipality Volleyball Club ha spiegato che dal colpo di Stato dello scorso agosto i talebani «hanno cercato di identificare le atlete; in particolare quelle della nazionale di pallavolo, che in passato ha gareggiato in competizioni internazionali ed è apparsa in tv». Hakimi era tra le molte atlete lasciate indietro. Qualche giorno fa sono comparse sui social media alcune foto che ritrarrebbero la testa mozzata della giocatrice.
Nonostante gli iniziali proclami, quindi, il nuovo regime ha ripreso a perseguitare, come nel passato, donne, minoranze, oppositori politici e tutte quelle persone che svolgono attività considerate «immorali» secondo i dettami dei talebani.
A farne le spese anche il mondo dello sport, tra i settori più presi di mira dal regime. Decine di atlete e atleti sono riusciti a scappare dal paese raggiungendo l’Europa attraverso corridoi umanitari. Ma i tanti e le tante rimasti nel paese ora vivono nel terrore.
La scorsa settimana, la Fifa e il governo del Qatar hanno evacuato invece con successo dall’Afghanistan 100 calciatrici, comprese alcune nel giro della nazionale, e i loro familiari.