Caso assurdo a Palermo, un uomo da assolto è rimasto ai domiciliari per due anni, tutto questo perché l’avvocato era morto. L’uomo, un 49enne accusato di stalking nel lontano settembre 2020, era stato dichiarato incapace di intendere e volere e abbandonato dallo stato. Ora farà causa allo Stato con i nuovi rappresentanti.

La vicenda giudiziaria assurda a Palermo
Lo strano caso è accaduto a Giardinello, nella provincia di Palermo, il 25 settembre 2020. Un uomo, quando fu accusato era 47enne, venne fermato con l’accusa di stalking. L’arrestato, una persona che manifesta disturbi mentali, venne messo sotto misura cautelare, ma il processo si concluse con l’assoluzione in primo grado il 19 maggio 2021, sentenza che venne confermata a ottobre dello stesso anno. Per l’uomo, dichiarato incapace di intendere e volere, venne emanato il ricovero in una struttura assistita, ma l’uomo non venne mai accompagnato in clinica. Nel frattempo, l’uomo ha continuato a rimanere agli arresti domiciliari. Il suo avvocato difensore era deceduto e nessuno aveva preso il posto di quest’ultimo. L’uomo vive in campagna in condizioni critiche e ad aiutarlo sono stati i carabinieri che hanno richiesto la nomina di un nuovo avvocato. I nuovi rappresentati sono gli avvocati Rocco Chinnici, Luigi Varotta e Francesco Foraci, che hanno ottenuto la revoca dei domiciliari e hanno annunciato di fare causa al ministero della Giustizia per l’ingiusta detenzione subita dall’ex imputato, dimenticato dallo Stato.

Le parole degli avvocati
«Ci siamo attivati per aiutare questa persona, dopo aver cercato di comprendere per quale titolo si trovasse sottoposto ancora sottoposto alla misura dei domiciliari», spiegano i nuovi rappresentanti del 49enne di Palermo. Inoltre hanno aggiunto: «Si tratta di una vicenda umana che evidenzia quanto sia importante il ruolo del difensore nel processo. Abbiamo ricostruito l’iter della posizione giuridica del soggetto con la collaborazione delle cancellerie e il pm ha immediatamente disposto la scarcerazione perché non vi era più alcun titolo che potesse giustificare il regime coercitivo al quale era sottoposto».