La denuncia dei ricercatori: «La paleontologia è una sorta di colonialismo scientifico»

Camilla Curcio
02/03/2022

Un team di ricercatori ha delineato un ritratto controverso dell'universo intorno all'analisi dei fossili. Dai reperti sottratti ai Paesi di provenienza all'assenza di esperti degli Stati in via di sviluppo nelle squadre di studio è una sorta di «colonialismo scientifico».

La denuncia dei ricercatori: «La paleontologia è una sorta di colonialismo scientifico»

«La paleontologia è un coacervo di pratiche poco etiche e radicate nel colonialismo, che trafuga il patrimonio dei paesi più poveri e svaluta il contributo dei ricercatori locali». È quanto affermato da un team internazionale di esperti ha dato della scienza che studia i fossili e la preistoria.

Perché gli scienziati hanno accostato paleontologia e colonialismo

Nella ricerca pubblicata di recente sulla rivista Royal Society Open Science, gli scienziati hanno sottolineato come ci sia stato, negli anni, un trasferimento indiscriminato di plesiosauri, pterosauri, ragni preistorici e molti altri fossili che, partiti dai luoghi d’origine, sono stati spostati all’estero, nei magazzini o nelle collezioni private. Un’operazione tecnicamente vietata da norme e leggi che puntano a tutelare il patrimonio delle aree dove i resti vengono rinvenuti. È il caso, ad esempio, del bacino di Araripe, a nord est del Brasile, una regione nota per l’alta concentrazione di fossili ben conservati. L’88 per cento dei quali, oggi, è esposta nelle sale di musei internazionali. 

Perché la paleontologia è considerata una forma di colonialismo scientifico
Un’esposizione di fossili di stegosauro in un museo (Getty Images)

In cosa consiste lo studio del team di ricerca internazionale

Partendo dall’analisi delle pubblicazioni relative alle campagne di scavo svolte in Brasile e Messico negli ultimi trent’anni, il dottor Juan Carlos Cisneros, coadiuvato da una squadra di colleghi, ha scoperto che nonostante il divieto di esportare i reperti recuperati nei bacini sedimentari delle zone considerate, nella documentazione mancavano spesso gli esemplari oggetto di esame e molti studi rimandavano a fossili illegalmente trattenuti in campionari localizzati soprattutto in Germania e Giappone. Ma non finisce qui. Questo modus operandi, infatti, ha causato l’insorgere di un altro grosso problema: l’esclusione dai progetti degli studiosi del luogo. Ritornando al caso di Araripe, ad esempio, il 59 per cento delle pubblicazioni sull’argomento sono state firmate da ricercatori stranieri e più della metà non riportano neppure una minima traccia di collaborazione con i colleghi brasiliani, altra condizione obbligatoria contemplata nei regolamenti accademici.

Perché la paleontologia è considerata una forma di colonialismo scientifico
Paleontologi a lavoro (Getty Images)

Uno sfruttamento che mette in ginocchio i paesi meno ricchi

Pratiche del genere rimandano a una sorta di «colonialismo scientifico», che percepisce i paesi economicamente meno forti come sorgenti di dati e materiale da destinare ai più ricchi, bypassando qualsiasi tipo di legislazione ed escludendo o deprezzando le competenze autoctone. «Non si parla ovviamente di colonialismo in senso lato ma di una forma moderna in cui gli sfruttatori siamo noi, che agiamo guardando solo alla nostra convenienza e a spese degli stati a reddito basso», ha spiegato al Guardian la paleobiologa Emma Dunne, co-autrice dello studio, «Il danno che arrechiamo non è affatto irrisorio perché, con questo comportamento, attentiamo allo sviluppo della ricerca scientifica locale e priviamo le aree interessate di risorse che, a loro volta, alimenterebbero settori proficui per l’economia, come il turismo». 

Perché la paleontologia è considerata una forma di colonialismo scientifico
Uno studioso impegnato in uno scavo nel sito di Agudo, in Brasile (Getty Images)

I luoghi comuni errati su scienziati e ricercatori

Quel che si ricava dal lavoro dei ricercatori è, dunque, una realtà che non collima con l’identikit del paleontologo proposta da libri e film. «Veniamo spesso visti come personaggi curiosi, vestiti come Indiana Jones e totalmente innocui», ha aggiunto Dunne, «In realtà, l’archeologo reso celebre dal fantasy è un esempio perfetto dell’errore che va condannato: uno dei suoi motti è ‘questo appartiene a un museo’, riferendosi più che a un museo vero e proprio, alla collezione di cui è proprietario». Cosa fare, dunque, per cambiare quest’andazzo? «Prima di tutto, ci piacerebbe convincere i colleghi a cambiare metodo, spingendoli a creare delle partnership con le comunità locali nel totale rispetto dei loro interessi», ha concluso. «Poi, assolutamente necessario, un intervento sulla normativa. Stabilire linee guida più rigorose, punire chi viola le leggi con sanzioni rigide e potenziare l’educazione all’etica del lavoro. In ultimo, rimpatriare tutti quei fossili che sono stati ingiustamente sparsi per il mondo, restituendoli ai legittimi proprietari».