La sfida è rendere la Pa davvero attrattiva per le giovani eccellenze. La macchina pubblica non va solo anagraficamente svecchiata, ma soprattutto arricchita di competenze e professionalità al passo con i tempi che cambiano. Il Pnrr, naturalmente, drammatizza quest’esigenza e il tramestio normativo degli ultimi giorni attorno al reclutamento tradisce il senso di una sorta di prova senz’appello. L’articolo prima inserito e poi espunto dal decreto governance-semplificazioni ha dato il segno delle baruffe per i posti da distribuire interne alla compagine di governo. Liti che, per una volta, hanno visto più attivi alcuni ministri e le loro strutture che non i partiti di riferimento. Si è deciso allora di prendere altro tempo e di mettere tutto in un provvedimento ad hoc che dovrebbe arrivare entro questa settimana, anche se il ministro per la Pa, Renato Brunetta, ci tiene a far passare il messaggio che le norme del reclutamento viaggiano in una logica di pacchetto con governance e snellimenti burocratici.
Personale da inserire per fare funzionare il Pnrr
Ma quanto personale servirà alle amministrazioni centrali e periferiche, a prescindere dal reclutamento ordinario, per far funzionare il Piano di ripresa e resilienza e sperare di mettere a terra in tempo utile i progetti? I numeri ancora ballano, in attesa dei calcoli della Ragioneria dello Stato. La norma inserita nelle bozze e poi saltata via dal decreto approvato venerdì scorso dava due riferimenti. Il primo a un “contingente complessivo di 350 unità di personale non dirigenziale” da ripartire tra le amministrazioni centrali. Il secondo a un non meglio quantificato “contingente di esperti di comprovata qualificazione professionale”. In realtà, 350 persone dovrebbero fare capo al solo Mef, numeri simili dovrebbero poi riguardare i ministeri di maggior peso per il Recovery plan, dalla Transizione ecologica a quella digitale, qualcosa meno andrebbe al Mims, al ministero della Cultura e al ministero della Salute, se dobbiamo far riferimento agli obiettivi fondamentali del Pnrr. Ma anche tutti gli altri dicasteri coinvolti nella realizzazione delle sei missioni, c’è da scommetterci, chiederanno la loro parte. Fonti sindacali consultate da Tag43 calcolano almeno 1.200-1.500 persone solamente per gli enti centrali, cui si aggiungono non meno di 8-10 mila unità per Regioni ed enti locali, da aggiungere ai 2.800 già in via di reclutamento con il “concorso Sud”. Poi c’è il settore giustizia con i 16.100 laureati in legge, economia e scienze politiche che aiuteranno a smaltire l’arretrato e andranno ad animare il cosiddetto “Ufficio per il processo”. Lì dovranno studiare le controversie e la giurisprudenza per scrivere le bozze dei provvedimenti o supportare nella raccolta della prova dichiarativa in ambito di processo civile.

Una prima stima per difetto è di 25 mila figure da assumere a termine
In tutto, dunque, parliamo già di almeno 25 mila figure da assumere con contratti a termine (3+2), ma la stima è certamente calcolata per difetto e non conosceremo numeri chiari finché le amministrazioni non avranno enucleato i fabbisogni in relazione ai progetti del Pnrr. A parte i 16 mila del settore giustizia, che parteciperanno a un simil-concorso per soli titoli e certamente non andranno nella dirigenza, quanti di questi saranno reclutati a chiamata diretta come dirigenti e quanti affronteranno invece un bando per essere inseriti nel funzionariato (come accadrà a i 2.800 del “concorso Sud”)? Parlando del nuovo portale del reclutamento in stile LinkedIn, Brunetta ha fatto più volte riferimento al “cherry picking” di eccellenze e competenze da parte degli enti, una modalità che tuttavia mal si concilia con procedure aperte e competitive su grandi numeri. Non a caso, è certo l’allargamento delle maglie della chiamata diretta e totalmente discrezionale in seno alla dirigenza di esperti esterni alla Pa, con incarico triennale, attraverso il ricorso all’articolo 19 comma 6 del Testo unico del pubblico impiego. In pratica, il testo sul reclutamento conterrà il raddoppio delle soglie percentuali attuali (10% per i dirigenti di prima fascia e 8% in seconda) rispetto alla dotazione organica complessiva su cui già può contare l’amministrazione, seppur temporaneo e limitato al personale impiegato sui progetti del Pnrr. Una procedura che ovviamente valorizza il prescelto e di norma è molto gradita dall’autorità politica che governa un’amministrazione. I “19 comma 6”, del resto, sono un’autentica passione per alcuni dei ministri attualmente in carica. Fonti di Palazzo Vidoni tuttavia precisano a Tag43: «Il cherry picking non esclude affatto che ci sarà una procedura comparativa tra più candidati» che ovviamente potranno essere due, cinque o dieci, difficilmente saranno 50 o più. Le urgenze e i ritmi serrati del Pnrr richiedono regole speciali, ma sempre dalla Funzione pubblica spiegano che «il ricorso ai nuovi bandi rapidi e snelli sarà ampio e differenziato, con modalità simili al ‘concorso Sud’. Inoltre diverranno più rigorose le procedure per gli incarichi di consulenza». In effetti la norma sul reclutamento dei 350, apparsa e poi scomparsa, prevedeva una procedura pubblica per titoli ed esame orale, dunque staremo a vedere.
Per i neo-funzionari uno stipendio da 24 mila euro lordi l’anno
Tuttavia, in ottica di attrattività della Pa, la coperta sembra sempre corta e ciò che si guadagna in trasparenza e accessibilità con il concorso pubblico, rispetto alla chiamata diretta, lo si perde in termini di posizione, stipendio e prospettive di carriera. Il neo-funzionario della Presidenza del consiglio con inquadramento A-F1 o quello di un ministero in Area III – F1 guadagnano 24 mila euro lordi l’anno, compresa la tredicesima. In pratica una cifra intorno ai 1.300 euro netti al mese (la stessa cui sono destinate le giovani eccellenze del “concorso Sud”). E per di più il Pnrr impone assunzioni precarie, benché con possibilità di futura stabilizzazione. Ingegneri progettisti, architetti, project manager, informatici e sistemisti web, matematici e statistici, data analyst e data manager, esperti in gestione di fondi e rendicontazione: figure del genere preferiranno davvero un lavoro nella Pa rispetto al settore privato? «Ecco perché è improrogabile la riforma dell’ordinamento professionale. Senza, non si possono fare nemmeno i contratti ordinari», dice a Tag43 Marco Carlomagno, segretario generale della Federazione lavoratori pubblici. «Bisogna istituire un’area quadri o professionisti, simile a quella del para-Stato, in cui assumi ad almeno 1.700 o 1.800 euro al mese, dando poi prospettive di ascesa verso la dirigenza». Ma prima ancora di reclutare, ogni amministrazione «dovrebbe verificare le professionalità che ha internamente. Serve una banca dati ad hoc, perché oggi il direttore del personale spesso non sa nemmeno di quali competenze effettivamente dispone», conclude il sindacalista. Insomma, vizi antichi di una Pa che di fronte al Recovery plan non può più permettersi le inerzie di un tempo.