Tutto quello che si è letto in questi giorni su Oscar De Montigny come ennesimo candidato sindaco del centrodestra al Comune di Milano sembra sia vero, dal suggerimento iniziale di Silvio Berlusconi all’incontro con Matteo Salvini nel pomeriggio di venerdì 4 giugno. Quello che ancora non era emerso è il nome dello sponsor di riferimento di De Montigny, ossia il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, che evidentemente sta giocando un ruolo di peso anche nella partita delle Amministrative d’autunno, quantomeno nella metà campo ambrosiana.

La candidatura di Oscar De Montigny potrebbe essere un salto nel vuoto
Giochi fatti, dunque? Non è ancora detto. Se è vero che il 51enne genero di Ennio Doris, padre di cinque dei suoi nipoti, rappresenta una figura più fresca e presentabile di altre tirate fuori dal cilindro da Lega e Forza Italia nelle ultime settimane (tra i nomi già appassiti quello di Annarosa Racca, presidente dei farmacisti lombardi, indagata per aver tentato di screditare un suo avversario alle elezioni nazionali di Federfarma nel 2017), pare ci siano ancora diversi nodi da sciogliere. Per prima cosa, una più che comprensibile perplessità del candidato di fronte a un compito che già in partenza si annuncia arduo se non del tutto impossibile, ossia sconfiggere il sempre più lanciato Beppe Sala, forte di una ritrovata popolarità forse anche in virtù della graduale ma evidente ripresa di Milano in queste ultime settimane. A ben guardare, perché De Montigny dovrebbe rinunciare, ancorché temporaneamente, alla carica di presidente di Flowe, la digital bank di casa Doris, nonché di Chief Innovation, Sustainability & Value Strategy Officer di Mediolanum e amministratore delegato di Mediolanum Comunicazione, nonché a una ricca e feconda attività da keynote speaker “esperto di mega trends e grandi scenari” (così Oscar si presenta sul suo sito personale), per tentare di arginare la corsa del candidato uscente che tutti già danno per vincitore? Un conto è operare come valido manager all’interno delle mura confortevoli dell’azienda di famiglia, un conto amministrare una metropoli ancora alle prese con un importante percorso di trasformazione e che ha in calendario, tra gli altri, eventi come le Olimpiadi invernali del 2026. La percezione del rischio di un salto nel vuoto pare insomma si stia facendo sentire, contribuendo così a influenzare la decisione finale del marito di Sara Doris.
I dubbi in Mediolanum circa un’eventuale corsa per palazzo Marino
Ultimo elemento, ma decisamente non meno importante, il timore che Banca Mediolanum si ritrovi sotto i riflettori per questioni legate alla politica e non per meriti acquisiti sul campo. Emancipatasi via via dalla figura nobile ma ingombrante di Ennio Doris, quantomeno negli affari correnti, grazie al figlio Massimo le cui qualità sono oramai riconosciute dal mercato, la banca rischia di tornare all’epoca in cui la si trovava spesso e volentieri associata alle vicende berlusconiane nelle cronache non solo finanziarie. Una prospettiva che, a quanto pare di capire, non entusiasma proprio tutti tra le fila dei manager dell’istituto, che intravedono anche lo spettro dei possibili conflitti d’interesse che la nomina porterebbe con sé e che certamente non gioverebbero all’immagine della banca. Insomma, ricordando il Super Tele Gattone del programma cult Anni 80 Superclassifica Show (sempre per restare nella comfort zone), se a loro piace possono chiamarlo Oscar. Ora resta da capire se sarà De Montigny a chiamarsi fuori o se invece si lascerà sedurre dalla nuova avventura accettando la sfida con Sala.