Chi pensava che alla fine Andrea Orlando, dopo gli attacchi furibondi di cui è stato fatto oggetto da Carlo Bonomi, avrebbe disertato il Forum Ambrosetti o al massimo avrebbe fatto una toccata e fuga a Cernobbio, magari camminando rasente i muri, si è sbagliato di grosso. Il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del governo Draghi non solo si è tranquillamente presentato al cospetto della blasonata platea di imprenditori e manager, ma ne ha anche approfittato per far sapere a tutti che la sua popolarità non è mai stata così alta da quando il presidente della Confindustria lo ha messo nel mirino.
Orlando grato per la popolarità che gli sta dando Bonomi
«Ditegli che lo ringrazio e che continui pure così», ha detto a chi incontrava a margine della kermesse, chiacchierando sul lungolago. Ma la cosa più sorprendente è che il ministro del Pd ha raccolto un sacco di consensi. Non tanto sul merito del contendere con Bonomi, ma sul fatto in sé. Molti esponenti della business community presenti a Cernobbio, partecipi o meno della vita di Confindustria, hanno infatti convenuto che non era interesse delle imprese aprire uno scontro frontale con il ministro del Lavoro. Tanto più su temi considerati più ideologici che pratici, come le questioni relative al Green Pass e il decreto contro le delocalizzazioni delle grandi aziende (peraltro ancora lontano dal vedere la luce). Certo, a molti il ministro piddino è parso sopra le righe quando ha detto che «non si può consentire alle aziende di licenziare con un messaggio su WhatsApp», anche perché generalizza quello che invece è stato un singolo e ben specifico caso. Ma a tutti non è piaciuto che il presidente di Confindustria si mettesse sullo stesso piano delle polemiche politiche quotidiane.

Lo scontento degli associati di Confindustria
È anche per questo che a Cernobbio si è tornati a parlare di come Bonomi stia guidando la confederazione. Lo si era già fatto pochi mesi dopo la sua nomina (maggio 2020), tanto che a fine dell’anno scorso e all’inizio di quest’anno erano circolate voci circa un suo possibile disimpegno anticipato, condito anche da voci relative a suoi problemi personali. Ma tutto si era fermato lì. Ora però il tormentone è ripreso. E il partito degli scontenti, sempre più grande, ha scelto una nuova tattica: capito che ottenere le dimissioni di Bonomi è troppo complicato, si punta a imporgli di cambiare la squadra nel secondo biennio, quello che inizierà a maggio del prossimo anno. Nuovo direttore generale, nuovi vicepresidenti. La partita è riaperta. Anche perché l’attuale presidente non ha alcuna intenzione di farsi dettare l’agenda. Anzi, chi lo conosce bene giura che non gli dispiacerebbe affatto restare alla guida di viale dell’Astronomia anche dopo la fine del suo mandato nel 2024. Ipotesi contemplabile solo in presenza di un cambio dello statuto. Quello attuale infatti non lo consente.