I mostri di Orford Ness

Fabrizio Grasso
03/08/2021

Dall'ipotesi di un'invasione delle truppe naziste durante la seconda guerra mondiale agli avvistamenti alieni. Passando per i test bellici e il crollo dei fari installati sulla costa per evitare i naufragi. Tutti i misteri del luogo più inquietante del Regno Unito.

I mostri di Orford Ness

Invasa dalla spazzatura, custode di rovine, a testimonianza di un passato sinistro e a tratti misterioso. Orford Ness è una lingua di terra al largo della costa del Suffolk, in Gran Bretagna e la sua storia da sempre ha appassionato artisti, registi e scrittori di tutto il mondo. Ora ospita una delle mostre di arte contemporanea più interessanti della Gran Bretagna. Fino al 30 ottobre sarà aperta al pubblico Afterness, esposizione realizzata da Artangel e dal National Trust, che raccoglie i lavori di tre artisti molto diversi tra loro. La britannica Alice Channer ha realizzato un’installazione tripartita che riproduce dei tentacoli che invadono un rifugio abbandonato. La francese Tatiana Trouvé, invece, ha immaginato ciò che resterebbe di una comunità sopravvissuta a un disastro apocalittico. Tappeti, borse e giubbotti marciscono nelle pozzanghere di un vecchio laboratorio. La londinese Emma McNally, infine, ha realizzato un mare argentato di carta, che si incunea nei resti di un’armeria fatiscente e distrutta. Opere che, precisa il Guardian, «non riflettono a pieno la decadenza e la desolazione disorientante» di quei luoghi.

Orford Ness, da zona militare a riserva naturale 

Da quando il National Trust ha acquistato il sito dal ministero della Difesa, nel 1993, la zona è passata dall’essere area interdetta al pubblico per scopi militari all’ospitare artisti di tutto il mondo che, tramite la fotografia o la musica, hanno immortalato uno scenario a tratti apocalittico. Orford Ness, infatti, oggi è una riserva naturale protetta, ma la sua storia è fatta di sfruttamento, test bellici e persino avvistamenti alieni.

Come ricorda lo scrittore tedesco Sebald nel suo diario di viaggio Gli anelli di Saturno, nel 1942 il vicino villaggio di Shingle Street si sarebbe ritrovato coinvolto in un «incidente orribile». Per alcuni sarebbe stata un’invasione nazista non segnalata, per molti, invece, si sarebbe trattato di un’esercitazione militare andata male. L’evento, avvolto nel mistero poiché privo di testimoni oculari, è rimasto celato fino al 1992, raccontato in un dossier top secret dal titolo Evacuazione della popolazione di Shingle Street. I fascicoli, una volta aperti, non hanno però rivelato nulla di concreto, non smentendo le voci sui test con gas nervino e inferni di petrolio.

Orford Ness, un cimitero di relitti

Non solo guerra però. Il tratto di costa antistante è una sorta di cimitero dei relitti. Se ne contano addirittura 32 e non sono bastati undici fari, costruiti a partire dal 1600 – e sistematicamente crollati – per evitare i numerosi naufragi. Il più recente, nonché l’unico in grado di resistere alla furia della natura, risale al 1792 ed è stato dismesso e abbattuto nel 2013. La mostra Afterness raccoglie anche le registrazioni audio fatte sul faro nel corso degli anni, con i versi gabbiani che si uniscono ai venti di tempesta, ampliando il senso di angoscia.

Thomas Dolby e l’avvistamento alieno 

La storia del faro è stata inserita all’interno di un documentario, curato dal cantautore Thomas Dolby. In The Invisible Lighthouse (Il faro invisibile) l’artista rivela: «Ho un ricordo d’infanzia legato al faro di Orford Ness. Sul muro della mia camera da letto, mentre mi stavo per addormentare, vidi un raggio luminoso. Credevo fosse del faro, ma negli anni successivi ho iniziato a pensare che la luce fosse troppo fioca per provenire da lì». Per questo ha pensato che potesse trattarsi di un avvistamento alieno, lo stesso poi raccontato da alcuni militari americani.

È proprio il grande quantitativo di storie suggestive e a tratti misteriose ad aver attirato nel tempo l’attenzione di scrittori e poeti come Robert McFarlane, autore di Ness, e di Ilya Kaminsky. In 42 componimenti, riuniti nel libro I see a Silence, il poeta ucraino-statunitense accompagna virtualmente il lettore lungo la desolata Orford Ness, fra i versi degli uccelli e il ronzio delle api che si uniscono al «silenzio imbarazzato» delle opere umane.