Sono ormai più di 20 anni che il protagonista della politica ungherese è Victor Orban. Per la prima volta a capo del governo tra il 1998 e il 2002, è al potere ininterrottamente dal 2010. In vista delle elezioni del 2022 sta giocando forse la sua partita politica più importante. Sia in casa, dove è amato da metà degli ungheresi e odiato dall’altra, sia in Europa dove si è imposto come faro del sovranismo tanto da essere conteso tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Con Bruxelles i rapporti non sono mai stati idilliaci, ora però sono ridotti ai minimi termini. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, è stata la legge che vieta in Ungheria contenuti omosessuali in libri, pubblicità o materiale video che possano esser visti da minorenni. E condannata dalla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen che l’ha definita senza mezzi termini «una vergogna», avviando una procedura per infrazione dello Stato di Diritto. Orban non pare aver accusato troppo il colpo, anzi ha fatto pubblicare a pagamento sul quotidiano francese Le Figaro le sue ragioni e la sua visione d’Europa.
Et pour ne rien arranger ce matin, la Hongrie de Viktor Orbán se paie une pleine page de pub nauséabonde dans une certaine presse française (ici @Le_Figaro)… pic.twitter.com/oI7dDNJmZY
— Yann Bertrand (@YannBertrand) June 29, 2021
La sfida a Orban parte dal sindaco di Budapest Gergely Karacsony
Eppure secondo gli ottimisti, l’involuzione orbaniana potrebbe avere presto una fine con le elezioni del prossimo anno. Operazione non semplice, però, visto che i sondaggi continuano a dare Fidesz, il partito di Orban, intorno al 50 per cento. Non solo. L’opposizione è, come sempre, disomogenea. Una speranza però c’è: è quella che una nuova coalizione anti-Orban, al momento non ancora strutturata e senza nome, formata da sei partiti, possa riuscire ad avere la maggioranza. A guidarla potrebbe essere l’attuale sindaco di Budapest, Gergely Karacsony, eletto due anni fa nella capitale, ma già proiettato nell’arena nazionale con lo scopo di detronizzare una volta per tutte Victor Orban. Karácsony, 46 anni, è entrato in politica nel 2010 con i Verdi ungheresi (Lmp). Partito dal quale uscì a causa di dissidi interni nel 2014. A quel punto fondò con due colleghi un’altra formazione, Dialogo per l’Ungheria (Pm), che nella coalizione di centrosinistra tentò di scalzare Orban già nel 2014. Karcsony, dopo essere finito a fare il sindaco nella cittadina di Zugló, ha ritentato l’avventura alle parlamentari come candidato di punta dell’alleanza di Pm con i socialisti di Mszp, raccogliendo poco più dell’11 per cento e rinunciando infine al mandato parlamentare. L’elezione a borgomastro di Budapest con oltre il 50 per cento dei consensi contro il sindaco uscente di Fidesz Istvan Tarlos gli ha infine aperto la candidatura come anti-Orban.

Anti-Russia, anti-Cina e pro Europa: l’identikit dell’anti-Orban
Verde, di sinistra, pro Lgbt, europeista, anti-cinese e anti-russo, Karacsony è l’opposto perfetto dell’attuale primo ministro. Nonostante i toni moderati, è stato costretto a indossare l’armatura aprendosi al confronto diretto e senza esclusione di colpi. Solo così potrà avere qualche chance nella battaglia, lunga e difficile, verso l’appuntamento elettorale. Il campo principale è quello dei diritti soffocati progressivamente dai governi Orban: dalla libertà di stampa (il 90 per cento dei media ungheresi è controllato dal governo) alle questioni di genere. In politica estera, poi, a tenere banco è ovviamente il rapporto con l’Europa. Orban è infatti entrato da tempo in rotta di collisione con Bruxelles e con la sua linea euroscettica ha continuato a capitalizzare consenso in patria. È qui che Karacsony deve trovare la quadratura del cerchio. Mettendo in piedi una coalizione di vari colori – da sinistra a destra – con un unico collante: l’antiorbanismo. Da una parte Orban ha potuto e può spingere sul confronto e sulla polarizzazione perché ha alle spalle un partito strutturalmente forte e un elettorato compatto. Difficile che possa aumentare il proprio bacino, improbabile però che possa crollare verticalmente. Dall’altra Karacsony deve fare i conti con la destra radicale di Jobbik, la Coalizione democratica (Dk) dell’ex premier Ferenc Gyurcsany, i verdi, i socialisti e i liberali di Momentum. Sei partiti che paiono più un’armata Brancaleone che una piattaforma unitaria adatta a governare l’Ungheria post Orban. L’obiettivo primario è comunque quello di cambiare radicalmente rotta, poi si vedrà.

La sfida tra bandiere arcobaleno e strade dedicate ai martiri uiguri e al Dalai Lama
E Karacsony cerca alleati anche in Europa per aumentare la pressione su Orban, anche se resta da vedere se il gioco varrà la candela. Il sindaco di Budapest flirta con Bruxelles, con quella parte di Europa, e dei media occidentali, che spingono per una posizione dura contro Russia e Cina sullo sfondo del conflitto geopolitico tra vaccini e Via della Seta. Se il governo Orban ha dato il via libera alla prima università cinese in Europa, la cui sede sarà a Budapest, il sindaco della capitale ha fatto cambiare in nome a un paio di strade nell’area in cui sorgerà la sede, ora chiamate Via dei martiri Uiguri e via Dalai Lama. E il 26 giugno, giornata mondiale del Pride, ha issato una grande bandiera arcobaleno sulla facciata del Municipio. Le elezioni sono ancora lontane e la campagna elettorale non è nemmeno iniziata.