Il ruolo dell’Assemblea generale dell’Onu e il rischio frammentazione

Redazione
20/09/2022

A New York si apre la 77esima Assemblea generale delle Nazioni Unite. Ma tra conflitto in Ucraina e crisi globali, non c'era uno stravolgimento degli equilibri globali così netto dai tempi della Guerra Fredda. Assenti Putin e Xi. E qualcuno si chiede: quanto conta davvero ancora un evento del genere?

Il ruolo dell’Assemblea generale dell’Onu e il rischio frammentazione

Non sarà una piacevole rimpatriata per vedersi finalmente di persona. Dopo due edizioni segnate dalla pandemia e dagli appuntamenti da remoto, si è aperta a New York la 77esima Assemblea generale dell’Onu. Ma il clima si preannuncia pesante, e come potrebbe essere altrimenti: la guerra in Ucraina e le crescenti crisi economiche e ambientali stanno angosciando i leader della Terra, che devono affrontare sfide epocali, tipo una polarizzazione dell’ordine mondiale che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda, come ha ricordato il New York Times. In agenda c’è anche il devastante impatto dell’aumento dei prezzi alimentari sulla vita delle persone in tutto il mondo; oltre alla crisi energetica che sconvolge l’economia mondiale e le preoccupazioni per il cambiamento climatico che sta producendo effetti catastrofici come per esempio le inondazioni in Pakistan. António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, ha detto che «l’Assemblea si riunisce in un momento di grande pericolo. Il nostro mondo è segnato dalla guerra, martoriato dal caos climatico, segnato dall’odio e svergognato dalla povertà, dalla fame e dalla disuguaglianza». Fino a domenica si alterneranno sul podio i rappresentanti di 157 Paesi, uno solo dei quali, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, sarà collegato a distanza per ovvi motivi. Assenti, manco a dirlo, il presidente russo Vladimir Putin e l’omologo cinese Xi Jinping, che si sono appena incontrati in Uzbekistan alla Shanghai Cooperation Organisation, in cui lo zar ha chiesto un sostegno concreto a Pechino.

Il ruolo dell'Assemblea generale dell’Onu e il rischio frammentazione
La bandiera delle Nazioni Unite. (Getty)

Il blocco occidentale, la Russia con la Cina, il gruppo che non si schiera

Il rischio di frammentazione degli equilibri internazionali è alto come non mai, ha sottolineato Le Monde. Del resto l’ombra dello zar dovrebbe aleggiare su quasi tutti i dibattiti, visto che il conflitto ha disegnato una nuova mappa delle relazioni politiche globali. Da una parte infatti c’è l’Occidente e i suoi alleati, guidati dagli Stati Uniti, che sono stanchi di fare il “poliziotto” mondiale, ma devono comunque cercare di guidare il sostegno all’Ucraina invasa, di fronte a un’Europa traumatizzata dal ritorno della guerra. Dall’altra parte c’è la Russia, membro del Consiglio di Sicurezza e accusata di aver violato la Carta delle Nazioni Unite aggredendo in modo così brutale il suo vicino di casa. Mosca è sostenuta con cautela e non senza secondi fini dalla Cina. C’è però anche un gruppo eterogeneo, rappresentato da India, Paesi asiatici, Paesi africani (come il Sud Africa), Medio Oriente e Sud America, che non vogliono schierarsi ma sono preoccupati per le ricadute diplomatiche, alimentari ed energetiche di questo conflitto. Secondo l’ex diplomatico francese Gerard Araud, «la guerra segna una rottura, il declino dell’influenza dell’Occidente, nonostante la sua mobilitazione dalla parte dell’Ucraina, e il grande ritorno degli Stati Uniti in Europa».

Il ruolo dell'Assemblea generale dell’Onu e il rischio frammentazione
Le bandiere fuori dal Palazzo di Vetro. (Getty)

La corsa agli obiettivi del 2015 ha rallentato: quanto conta ancora questo evento?

Ma al di là del contesto burrascoso, quanto conta davvero ancora questo tipo di appuntamento? Se l’è chiesto Politico, facendo intendere nella domanda retorica già un pezzo di risposta: poco o nulla. Anche perché se davvero tutti quelli che si presentano all’Assemblea generale si preoccupassero davvero delle cose a cui dicono di preoccuparsi, il mondo sarebbe un posto migliore di come lo conosciamo. E invece molti degli obiettivi di sviluppo sostenibile che i governi nel 2015 si erano promessi di raggiungere sono ancora in alto mare, a cominciare da alcune questioni di diritti e uguaglianze di genere. Quella che una volta era un’opportunità per i leader nazionali di tenere discorsi su un palcoscenico globale o incrociare il presidente degli Stati Uniti in un corridoio è ora diventata una versione di Davos di fine estate, ma più grande. Con la differenza che l’accesso non costa quasi 70 mila euro a persona come per il World Economic Forum (circa 20 mila per il biglietto e 50 mila per l’iscrizione annuale all’Organizzazione), e lo shopping newyorkese affascina di più le mogli dei dittatori rispetto al paesaggio – suggestivo, per carità – del Comune delle Alpi svizzere. Un ruolo da protagonisti ce l’avranno come sempre le organizzazioni no-profit globali come la fondazione di Bill Gates e GAVI, la Vaccine Alliance. Su il sipario, dunque. Basta solo non fingere di poter fornire soluzioni in una settimana a sfide globali così complesse come quelle che stiamo vivendo.